Il Messaggero, 6 maggio 2021
Vasco Brondi s’è indebitato per fare il nuovo disco
Un pandino traballante che sbuca dal niente, come da un’apocalisse. La foto, inedita, è del maestro Luigi Ghirri. Vasco Brondi l’ha scelta come copertina del suo nuovo album, Paesaggio dopo la battaglia, il primo inciso e pubblicato a proprio nome dopo la fine del progetto Le Luci della Centrale Elettrica: «È la metafora dell’Italia, che sa uscire da situazioni disastrose scrollandosi la giacca e tirando dritto», dice il cantautore ferrarese. Il riferimento è anche e soprattutto alla pandemia: e d’altronde il disco, nei negozi da domani, è in parte figlio di questi difficili mesi. A partire dal brano da cui prende il titolo.
Italia in fila indiana a fare la spesa / scende dalla montagna senza divisa / corre tra gli spari o in bicicletta tra le macchine in missione per una multinazionale: come si canta della pandemia senza scadere nella retorica?
«Ho fatto in modo che in quella canzone, scritta nei mesi del lockdown duro, non entrasse solo quell’attualità, ma che ci fosse dentro anche dell’eternità. Parlo dei rider, ma omaggio anche Fenoglio. Guardo a Viva l’Italia di De Gregori, cerco quel tipo di universalità: questa è la canzone d’amore che non avrei mai pensato di riuscire a scrivere».
Il compito degli artisti ora è divertire e intrattenere oppure raccontare il presente, come fa lei?
«Non parlo per gli altri. Se penso al ruolo degli artisti in una società mi viene sempre la metafora del canarino che i minatori erano soliti mettere in una gabbia e portare negli antri: se ci fosse stata un’esalazione di gas, il canarino sarebbe morto e loro si sarebbero salvati. Per me l’artista ha un po’ quel compito».
Anche questa piccola città è diventata fascista / ma passerà, questa ondata di merda passerà, canta nel singolo Chitarra nera (nel video c’è Elio Germano, ndr). In passato si lamentò del disimpegno dei colleghi: è cambiato qualcosa?
«No. C’è ancora la tendenza ad essere disimpegnati, perché così si evitano un sacco di problemi».
E Fedez?
«È un’anomalia, un cortocircuito all’interno del sistema. Ha dimostrato che la tv generalista ha un potere molto inferiore al suo, che viene dalla rete. E ha riempito un totale vuoto di dibattito politico: quello lasciato dalla sinistra. Il suo messaggio mi è apparso convincente».
Anche Elodie e Emma si sono esposte, negli ultimi mesi: il pop si è risvegliato?
«Non conosco bene la scena, ma mi pare che lo stia facendo. Fino a qualche anno fa il cantante pop impegnato era una rarità: non mi pare che Eros Ramazzotti abbia mai preso posizioni politiche. Ora invece c’è questa generazione che si espone. E fa paura ai potenti».
Nel disco suonano oltre trenta musicisti tra cui Mauro Refosco (in passato con Red Hot Chili Peppers e David Byrne), Extraliscio (in Adriatico, omaggio alla riviera romagnola), Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours, Federico Dragogna dei Ministri. Lo ha inciso a sue spese: quanto le è costato?
«Tantissimo, infatti l’ho ribattezzato il disco dei debiti. Non rientrerò neppure delle spese, perché quest’estate farò appena 10 concerti da 500 spettatori l’uno. Ma pazienza, è il disco che volevo fare in questo momento della mia vita e della mia carriera».