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 2021  maggio 05 Mercoledì calendario

Biografia di Claudio Durigon

Chissà se Claudio Durigon è davvero solo un po’ “sborone”, come l’ha definito il collega Gianmarco Centinaio. Arrivato dal nulla nelle liste della Lega “nazionalizzata” di Matteo Salvini, l’ascesa del sindacalista pontino è stata notevole: subito sottosegretario al Lavoro nel Conte I, poi di nuovo – all’Economia – nel “governo dei migliori”. Tutto liscio fino all’inchiesta di Fanpage e alla confessione rubata da una telecamera nascosta: “Quello che indaga (sui soldi della Lega) lo abbiamo messo noi”.
Una millanteria, fino a prova contraria. Ciò che imbarazza davvero Durigon è rimasto fuori dall’inquadratura. Sono i suoi rapporti a Latina e dintorni, il sistema di potere con cui la Lega ha iniziato a volare in un territorio in cui era quasi inesistente. Lo hanno scritto Il Fatto e Fq Millennium lo scorso anno. Oggi lo racconta bene anche Fanpage. C’è Andrea Fanti, responsabile della campagna per l’elezione di “Claudione”: il suo nome è citato in circostanze spiacevoli dal pentito Agostino Riccardo, che lo accusa di aver pagato una mazzetta da cinquemila euro per vecchi favori elettorali. Durigon è però totalmente estraneo a tutte le inchieste. Fanti è legato a Simone di Marcantonio, giovane imprenditore di Latina che compare in più inchieste sulle infiltrazioni mafiose nel basso Lazio. Come “Alba Pontina” sulle amministrative del 2016: secondo un testimone, Di Marcantonio avrebbe provato a comprare il suo voto offrendogli 50 euro all’ingresso del seggio. L’imprenditore è stato protagonista di diverse iniziative elettorali della Lega a Latina. Ma non solo: secondo la Dda di Roma, Di Marcantonio è a sua volta un prestanome di Sergio Gangemi, condannato a 9 anni in primo grado per estorsione con metodo mafioso. E ancora: nella rete di Durigon c’è pure Luciano Iannotta, ex presidente di Confartigianato Latina, arrestato nel settembre 2020 con l’accusa di avere rapporti con i clan locali. Iannotta avrebbe messo a disposizione un suo appartamento a Latina come base elettorale della campagna dell’amico Claudio; di sicuro era presente ai suoi comizi. L’interesse delle cosche locali nell’ascesa della Lega pontina è ben documentato: ci sono anche le feste per la campagna elettorale di Durigon (del tutto estraneo anche a questa inchiesta) pagate da Natan Altomare, ai domiciliari per sequestro di persona e accusato pure lui di rapporti con i clan, e i manifesti leghisti attaccati dal clan Di Silvio, una delle famiglie criminali più feroci del Lazio.
Un bel quadretto di amicizie e rapporti. Durigon, personalmente, non è accusato di nulla. Nemmeno delle pratiche non proprio trasparenti del suo sindacato, l’Ugl. “Claudione” ne è stato vicesegretario dal 2014 fino all’elezione in Parlamento. Insieme a Francesco Paolo Capone ha messo la faccia e la firma su una stagione di numeri mirabolanti: l’ex Cisnal (storico sindacato della destra fascista) ha dichiarato 1,8 milioni di iscritti. Ma secondo un gruppo di aderenti che hanno denunciato l’Ugl per truffa allo Stato, le tessere vere sono meno di un ventesimo di quelle dichiarate, tra le 65 e le 70mila. Anche in questo caso la Procura indaga. Poco male: nel frattempo l’Ugl si è messa a tavola. Nel mondo del lavoro è marginale, ma nel mondo della politica pesa parecchio di più. Nel 2017 Durigon ha preso il sindacato e l’ha consegnato chiavi in mano a Salvini. Ha messo a disposizione sua struttura e uomini, in una regione in cui la Lega non esisteva. Alla fine ha affittato alla Lega anche i suoi uffici, proprio di fronte al Bottegone che fu del Pci: prima si è trasferita la “Bestia”, la struttura social di Luca Morisi, poi è arrivata la Lega tutta, che si è presa un piano intero. 500 mq a un prezzo di saldo, secondo quanto sostiene lo stesso Durigon: “5.500 euro al mese, un grande affare post Covid”. Il suo profilo è sempre un passo dietro a Salvini, che l’ha difeso dalle polemiche e dalle richieste di dimissioni. La Lega nel Lazio è lui (e infatti si fa il suo nome per la Regione). Così ha chiuso ilcerchio: i Durigon sono una famiglia da “Canale Mussolini”, trapiantati dal Veneto per le bonifiche dell’Agro Pontino. Ma ora il basso Lazio chi lo bonifica?