La Stampa, 5 maggio 2021
Intervista a Francesco Profumo
«Le città come le conosciamo oggi non torneranno, la pandemia ha messo in crisi i modelli urbani e dato nuova centralità alle periferie». Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo e della Task Force del T20 sulle infrastrutture coordinata dallo IAI, è lapidario. Spiega che la «nuova normalità non sarà quella di prima, pre-pandemia». A livello sociale, urbanistico e culturale.Da dove ripartire quindi?«Anzitutto dalle città, che saranno ridisegnate in termini di infrastrutture e di servizi».Quelle attuali sono superate?«Le città, a causa della maggior densità abitativa, hanno sofferto la pandemia più delle zone rurali. E questo mette in crisi i modelli su cui si reggono alcuni Paesi».E l’Italia degli 8mila comuni e delle città di provincia?«Anche da noi negli ultimi anni è cresciuto il modello monocentrico, attorno al ruolo catalizzatore di Milano».Lei parla spesso di città resilienti. Cosa intende?«Le città devono essere riprogrammate su linee che vadano ben oltre i vecchi piani regolatori: quelli erano pensati in base al costruito, ora il cuore del progetto sono i dati, la qualità della vita e dell’aria e il consumo del suolo».Città più tecnologiche?«Sì, gli spazi sono ripensati in termini di sostenibilità, ma anche di socialità: trasporto pubblico più efficiente, mobilità condivisa, parchi pubblici, piste ciclabili, housing sociale, residenze per anziani. Favorito da modelli di lavoro nuovi».Smart working come veicolo per entrare nel futuro?«Parlerei di attività di lavoro ibride, che mescolano presenza fisica e remoto. Un modo più equilibrato di vivere, ci si sposta se è necessario, meno traffico, inquinamento e stress».E qui interviene quella nuova centralità della periferia che ha citato all’inizio...«I cittadini guardano a soluzioni abitative più ampie e confortevoli, ma anche con costi di acquisto e di gestione ridotti. La centralità delle infrastrutture riguarda non solo le autostrade digitali per i dati, ma anche quelle per la mobilità sostenibile e quelle sociali delle nostre città. Chi vive fuori dai grandi centri urbani dovrà muoversi con modalità multimodale, rapidamente e senza inquinare. Sono già allo studio le cosiddette città policentriche dei “15 minuti”.Cosa sono?«Città in cui i principali servizi sono accessibili a piedi, all’interno del quartiere e con l’e-commerce di prossimità, con negozi e botteghe che valorizzano i prodotti locali e gli artigiani del territorio. Una nuova economia che si era persa negli ultimi decenni».Sta prospettando una rivoluzione urbanistica in un Paese dove migliaia di borghi hanno radici antiche. Fattibile con il Recovery Facility?«Il Recovery è un’occasione irripetibile. Serve un accompagnamento intelligente per l’utilizzo delle risorse, ogni euro investito deve creare crescita e migliorare la competitività del nostro Paese. Sono necessarie nuove competenze ed esempi comunicabili in modo chiaro, che possano essere replicati».Servirà un sistema educativo all’altezza. Siamo attrezzati?«Draghi ha ragione quando dice che la scuola è la priorità numero 1. Una volta la scuola forniva conoscenze spendibili per l’intera vita lavorativa. È stato un paradigma valido in tutte le rivoluzioni industriali che si sono succedute e che duravano oltre 50 anni. Ma ora siamo in una nuova fase, caratterizzata dalla velocità. Le competenze acquisite sui banchi di scuola invecchiano velocemente e non saranno adeguate per i nuovi lavori che emergeranno. Serve una scuola che prepari per la vita, bisogna «imparare a imparare».Cosa significa?«Significa apprendere cose che possano essere poi utilizzate per imparare competenze nuove, che dovranno essere aggiornate più volte nella vita, tornando a scuola 6 -7 volte».Faccia un esempio.«Pensiero critico, creatività, capacità di lavorare insieme. Sono competenze socio-emozionali da inserire nello zaino della vita, a cui potremo attingere, di volta in volta, tornando a scuola. Conoscenze che non scadono mai e che consentono, nelle varie fasi della vita, di apprendere le competenze specifiche richieste dai nuovi lavori». —