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 2021  maggio 05 Mercoledì calendario

Fedez, il politico che piace alla gente del “mi piace”

Negli anni Novanta il partito-azienda era Forza Italia. Negli anni Venti sono i Ferragnez. Per i pochi che non lo sapessero, Ferragnez è la crasi dei coniugi Ferragni e Fedez, lei Chiara regina delle influencer con i suoi 23 milioni di follower, cioè più degli elettori dell’arco costituzionale, lui Federico cantante ma nemmeno troppo, presentatore tv, imprenditore e molte altre cose, paladino del ddl Zan sul palco del concertone e fustigatore della censura Rai nel dopo palco. Nella dinamica del partito-azienda – un flusso quotidiano di post, tweet, foto, streaming, un reality h24 che produce egemonia come gli intellettuali organici negli anni Cinquanta, lo strutturalismo nei Settanta e Maria De Filippi negli anni Zero – Ferragni fa la politica, Fedez fa il politico. Lei ci mette la visione, lui le ansie militanti.
Dopo il Concertone è tutto un chiedersi: farà politica? È il nuovo «fortissimo» punto di riferimento della sinistra? Il nuovo papa straniero? Di certo nessuno, a sinistra, si azzarda a dargli torto. Del resto, se Fedez attacca i beceri leghisti anti- gay, che fai, non gli dici bravo? Glielo dici. E intanto è già scattata la legge del beduino, o con lui o contro di lui, e se ne contesti i metodi sei amico dei censori, e se vedi l’ombra del grillismo più vieto sei colluso con Pillon, perché la filosofia di genere, su cui si scannano da anni anche le femministe, è non binaria ma il dibattito nell’era dei social è super binario: o di qua o di là. E Fedez sa far scattare l’interruttore del circuito come pochi altri.
La centralità di Fedez si basa sulla nuova catena del valore: visibilità, consenso, royalties. È insomma già tutto molto politico senza bisogno di scese in campo e nuovi partiti. Perché la politica questo è oggi, mica i programmi elettorali e le mozioni in Parlamento. Infatti Matteo Salvini, uno che si sente in concorrenza diretta con Fedez e viceversa, se criticato da Letta lo spernacchia, se criticato da Fedez lo invita con deferenza a discuterne «davanti a un caffè». La politica-spettacolo era il cielo azzurro di sfondo alle note di “meno male che Silvio c’è”, oggi è il video in cui Fedez inchioda i funzionari Rai ai loro imbarazzi mentre in primo piano c’è l’unghia smaltata del cantante che ha appena messo in vendita la sua collezione di smalti, e il video ha tante visualizzazioni quasi quanto i follower di Ferragni. Gioco, partita, incontro.
Fedez vende, intraprende, sponsorizza, conduce ma ha ancora la saltuaria ambizione di rimarcare il suo spirito anti-sistema. Quale sistema? Come quale sistema? Il Sistema, maiuscolo. Come tutti i sedicenti scomodi ha la tendenza a seguire il flusso ma con la posa del contestatore, condivide con buona parte della sua generazione la presunzione di essere controculturale anche quando fa il bagno nel conformismo, «sono fuori dal coro» dicono oggi tutti i migliori coristi e i tempi sono questi, in un bar del 2021 sarebbe l’avventore qualunquista a scagliarsi infuriato contro il Nanni Moretti di Ecce bombo rivendicando il coraggio e la scomodità dei suoi strali contro il magna magna (“E che siamo, in un giornalone? Ve li meritate i giornaloni!”).
Mentre tira il rap con la retorica di periferia e il machismo, Fedez è un rapper di periferia e macho, mentre avanzano i 5S anti-casta è l’autore impegnato dell’inno ufficiale del Movimento (“Caro Napolitano/ te lo dico con il cuore/o vai a testimoniare/ oppure passa il testimone”), mentre fa un figlio scrive tenere ballad, ideali per accompagnare la insta-diretta delle ecografie, e mentre i grillini declinano lui è già sui diritti civili perché «con la politica di palazzo non ho grandi relazioni, credo che quando la politica diventa di palazzo viene corrotta nel suo animo» e Alessandro Di Battista non avrebbe saputo dirlo meglio.
I detrattori lo accusano di non contestare lo sponsor Amazon e le sue condotte anti-sindacali, e non hanno tutti i torti, lo accusano anche di girare in Lamborghini, e qui hanno torto marcio, dato che se l’è comprata con i guadagni del suo lavoro e non con l’assegno di papà o mamma, e se cresci a Rozzano, Milano sud, giustamente non hai ansie pauperiste, ti prendi la macchina dei sogni anche se non hai fatto il Settantasette, perché conosci il diritto al lusso senza aver letto Deleuze- Guattari o aver far fatto una diretta su Radio Alice con Bifo Berardi, che peraltro a suo modo era un social ante litteram.
Poco tempo fa Fedez è andato in giro in Lamborghini per Milano a distribuire buste con 5 mila euro a passanti fortunati. Riprendendo tutto, naturalmente, per diffonderlo nel suo bosco di Sherwood, Instagram. Alle polemiche ha risposto piccato e il senso era “sganciate la grana pure voi e poi criticate”. Ma a chi gli ha ricordato i versi omofobi delle sue canzoni d’esordio ha risposto più mansueto che se ne pente, «ero un po’ ignorante». Quando faceva il giudice a X Factor, dove si vantava spesso di aver esordito nei centri sociali, gli capitò davanti un duo che si rifiutava di cantare «tra spot e sponsor di patatine» dato che il giorno prima era morto un giovanissimo collega già passato per lo show. Imbarazzo in studio. Prese la parola Fedez e disse in sostanza: se non vi sta bene il sistema, quella è la porta. La presero. Il sistema, stavolta, era quello giusto, minuscolo.
Fedez sta con il San Raffaele e con la sanità pubblica, con l’acqua bene comune e con l’acqua in bottiglietta a 8 euro griffata dalla brillante consorte, è mainstream ma anche contro, se si nota di più e meglio, perché in fondo mainstream per Fedez è come il capotavola per D’Alema, è dove si siede lui.
Fedez ha vinto la battaglia con la coscienza ideologica e quindi la battaglia dell’esistenza. Ora le ha cantate a Salvini, e domani le canterà alla sinistra che lo applaude e al centro che non si schiera, e ci sono buone probabilità che lo farà citando gli indifferenti di Gramsci, il bacio Perugina dell’impegno prêt-à-porter. Ma, nel caso, non si illudano i “compagni” già sedotti sul ddl Zan. A loro aveva già dedicato in coppia con J-Ax un pensiero con il titolo dell’album Comunisti col Rolex, perché a Fedez la sinistra ufficiale sta un po’ sul gozzo e la Lamborghini se l’è comprata facendo il giudice in tv, mica prendendo la tessera alla sezione di Rozzano, ammesso che ancora ci sia. Vagli a dare torto.