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 2021  maggio 05 Mercoledì calendario

Il ritorno dei giallorossi Uniti sulla legge Zan per superare lo stallo


ROMA – Matteo Salvini e la Lega sono passati dal «non sono queste le priorità» al «proponiamo noi una legge contro l’omofobia». Dal dire: «Draghi ha detto che non è il momento di leggi divisive» – lo ha fatto il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo – al sostenere che va bene aumentare le pene per i reati d’odio contro gli omosessuali, ma con un testo diverso da quello approvato alla Camera. E insomma, sarà pure una tattica dilatoria, quella del centrodestra. Ma parte da un presupposto: il Paese si è fatto sentire. Si sono fatti sentire attori, cantanti, attivisti, associazioni, e perfino lì dove le resistenze sono maggiori hanno portato i parlamentari ad ammettere che una legge contro l’omotransfobia serve. È necessaria. Rappresenta un avanzamento di diritti di cui il Paese ha bisogno.
Al di là delle dichiarazioni ufficiali, però, ci sono le intenzioni. E quelle della Lega e di Fratelli d’Italia, con l’appoggio di parte di Forza Italia, sono chiaramente quelle di far fallire la legge fingendo di volerne una diversa, o migliore. «Non dev’esserci il gender nelle scuole – dicono non dev’esserci la possibilità di propagandare la gestazione per altri». Tutti argomenti che con il disegno di legge Zan non c’entrano. Quel che c’è, è il reato di istigazione all’odio in base al genere, all’identità di genere, all’orientamento sessuale o alla disabilità. E ci sono le aggravanti per chi commette reati contro le persone in base alla loro omosessualità o transessualità. C’è anche, certo, l’istituzione del 17 maggio come giornata contro l’omofobia e la transfobia, e la possibilità di parlare di questi problemi nelle scuole, ma in nessun punto della legge si fa riferimento alla gestazione per altri, illegale in Italia. Né c’entra il libero pensiero, tanto più che all’articolo 4 è stata aggiunta una sorta di clausola: «Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti o opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».
Domani, l’ordine del giorno in commissione Giustizia al Senato vede il disegno di legge all’ultimo punto (quello di cui mai si arriva a parlare). Il presidente Andrea Ostellari, Lega, ha annunciato che presenterà un suo testo, dando luogo a un inedito: che la discussione non parta da una legge già approvata nell’altro ramo del Parlamento (il ddl Zan è già passato alla Camera). Ieri il Movimento 5 stelle ha annunciato di aver raccolto abbastanza firme per far sì che la legge vada subito in aula, senza relatore. Ma è una scorciatoia che non può funzionare, perché – spiega la senatrice dem Monica Cirinnà – «prima bisogna far sì che la Zan sia votata dalla commissione Giustizia come testo base. Solo allora, si può provare ad accelerare. Perché arrivare in aula con 5 leggi diverse farebbe comunque saltare tutto». E quindi, bisognerà contare su quei 13 voti contro 11 che sono già riusciti a far calendarizzare la discussione in commissione. La maggioranza giallorossa del Conte due, quella che anche in aula potrebbe avere la meglio. Non sarà semplice e non bisogna avere fretta, secondo chi tiene al risultato. La strada da percorrere è la stessa che ha portato all’approvazione delle Unioni civili. Anche allora, la commissione approvò il testo base, ma poi il centrodestra rallentava. A quel punto la capigruppo impose l’arrivo in aula senza relatore e la legge passò, anche se monca: lasciando per strada la stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio del partner nelle coppie omosessuali. Allora ci fu una saldatura tra un pezzo di centrosinistra e il centrodestra in Parlamento. Adesso, però, i distinguo preoccupati di alcune femministe e di un pezzo del mondo gay (tra cui Se non ora quando libere, Arcilesbica, Equality Italia di Aurelio Mancuso), non hanno fatto presa sui gruppi parlamentari. La questione riguarda soprattutto la dicitura “identità di genere” e il varco che – secondo i detrattori – apre alla possibilità di scegliere liberamente a che genere appartenere. Arrivando a una sorta di cancellazione del femminile, nel momento in cui donne ci si può autoproclamare. Sono questioni molto dibattute all’estero. si discute delle carceri in cui devono essere rinchiuse le trans, dei bagni che possono frequentare, delle squadre – maschili o femminili – in cui hanno diritto di gareggiare. Ma non sono, secondo il centrosinistra in Parlamento, una ragione sufficiente per fermare una legge che, se non passa ora, rischia la condanna all’oblio. La scorsa settimana il capogruppo di Italia Viva Davide Faraone aveva aperto alle modifiche, ma dal suo stesso partito alla Camera è arrivato lo stop: il ddl va bene così com’è. Almeno fino a prova contraria.