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 2021  maggio 04 Martedì calendario

Intervista a Pablo Iglesias

Pablo Iglesias, lei ha fondato Podemos per contestare il pensiero unico che imponeva l’austerità a tutti i costi. Ma oggi? In tempi di «helicopter money», tempi in cui la Banca centrale europea stampa moneta e il massimo impegno dei governi non è limitare il debito, ma spendere i miliardi messi a disposizione dell’Ue, a che cosa serve un antisistema come lei?
«In effetti, il coronavirus ha cambiato l’intero quadro politico del continente. Vedere oggi una Merkel o un Macron sostenere che il settore pubblico è indispensabile ad affrontare una crisi o un Biden dire che i ricchi devono pagare più imposte, è impressionante. Un completo ribaltamento. Noi eravamo accusati d’essere d’estrema sinistra, d’essere populisti perché dicevamo che il neoliberalismo è deleterio, che ci vogliono stimoli keynesiani, che l’austerità non funziona. E invece poche settimane fa, partecipando ai consigli dei ministri o agli incontri a Bruxelles come vicepremier del governo di Spagna sentivo solo ripetere Keynes, Keynes, Keynes».
Sente che siamo a una svolta storica?
«Certo. E non è neppure paragonabile al Piano Marshall perché quelli erano soldi americani, qui invece dovremo pagarli noi europei nel tempo. Per trovare un clima effervescente simile all’attuale bisogna risalire al New Deal di Roosevelt dopo il crack di Wall Street del ’29. Quello che prima era tabù in Europa, con il Covid è diventato accettabile: mutualizzazione del debito, spesa pubblica, Stato imprenditore».
Si sente un vincitore morale, ma alle urne il suo partito, Unidas Podemos, è in calo.
«Sì: perché stiamo cambiando. Non siamo più solo una voce critica, ma anche una forza di gestione e governo. Pensiamo a un’alternativa economica per il futuro. Già oggi, noi “rossi” dentro la stanza dei bottoni, abbiamo evitato che mezzo milione di imprese spagnole affogassero durante la pandemia e che 3,5 milioni di lavoratori perdessero il lavoro. Abbiamo costruito uno scudo contro gli sfratti ed evitato il taglio di luce e gas ai morosi. Abbiamo regolamentato lo smart working garantendo orari e la disconnessione digitale. Stiamo ricucendo le tensioni territoriali (l’indipendentismo di Barcellona, ndr) dando voce a settori imprenditoriali periferici, tradizionalmente esclusi dal palco del Real Madrid allo stadio Bernabeu dove si incontravano politica ed economia nazionale. Progettiamo una Spagna che non sia solo mattone e spiaggia, ma anche innovazione. Noi siamo questo e lo saremo per i prossimi 20, 25 anni».
Quello
che prima era tabù
in Europa,
con il Covid è diventato accettabile: mutualiz-zazione
del debito, spesa pubblica...
Com’è passare dalla piazza al governo?
«Se avessi provato i regali, le cene, il lusso, magari avrei detto che meraviglia, ma io mangio panini per correre a casa a cambiare i pannolini ai figli. Tutte le sere ho gente sotto casa che urla, viene identificata e multata, ma è sempre lì e io non posso neanche uscire senza guardie del corpo. E poi, stare al governo non significa avere potere. L’esecutivo è sotto enormi pressioni. Da parte dei movimenti sociali, per fortuna, ma anche dei poteri economici e dei media. Come professore di scienze politiche lo sapevo, ma quando lo vivi da dentro è un’altra cosa. Se sentirò un premier dire che non riceve pressioni, saprò che sta mentendo».
Da un leader nazionale c’era d’aspettarsi una campagna elettorale alta. Invece per questo voto alla Comunidad di Madrid i suoi temi sono stati il pericolo fascista di Vox e la proposta di occhiali e cure dei denti gratis per tutti. Un po’ poco, non trova?
«Accetto la critica, sarebbe piaciuto anche a me dibattere su come spendere i fondi europei per il Piano di ripresa, sul nuovo modello urbanistico post pandemia, ma il livello è questo. Le destre hanno impostato la campagna sulla scelta tra libertà e comunismo, come faceva Berlusconi. Ricordo Nanni Moretti chiedere a D’Alema di dire qualcosa di sinistra. La mia cosa di sinistra è ancora la sanità pubblica. E purtroppo, nel XXI secolo, c’è ancora gente senza otturazione ai denti od occhiali».
In democrazia ha ragione chi ottiene più voti e Unidas Podemos è sotto nei sondaggi. Che cosa state sbagliando?
Le destre hanno impostato tutta la campagna sulla scelta tra libertà
e comunismo come faceva Berlusconi
«In politica vince chi ha potere, non chi ha ragione. Non siamo riusciti a cambiare la struttura che decide chi parla e chi pensa, ma siamo arrivati più in là di chiunque. È dalla guerra civile spagnola che una forza con le nostre idee non era al governo. La mia presenza a Madrid migliorerà il nostro piazzamento. E già questo è importante. Dopo la pandemia inizierà un nuovo ciclo politico. Noi avremo molto da dire».
(Ha collaborato Belén Campos Sánchez)