ItaliaOggi, 4 maggio 2021
Italiani e tedeschi, estranei
Anni fa intervistai Joachim Fest, uno dei direttori della Frankfurter Allgemeine Zeitung, autore di una biografia di Hitler, un bestseller anche in Italia. All’inizio della conversazione, mi chiese quanti corrispondenti avesse il mio giornale in Germania (non era ItaliaOggi). Solo me, ammisi, come già sapeva. E lui commentò: il mio ne ha tre. Uno per la politica, il secondo per l’economia, il terzo per la cultura. Il commento sottointeso era: eppure la Germania dovrebbe contare di più, e meriterebbe maggior attenzione. Fest non era un arrogante prussiano, questo sarebbe già un pregiudizio.
Non parlammo di Hitler ma del suo libro appena uscito, Im Gegenlicht, in controluce, un viaggio in Italia alla rovescia, partiva dalla mia Palermo, dal mercato della Vucciria, quello del quadro di Guttuso, per risalire verso Nord. Secondo me, molto interessante, eppure Fest non riuscì a farlo tradurre in italiano. Nel mio piccolo cercai di convincere il mio editore e non ci riuscii. Il motivo, mi spiegò il responsabile della saggistica, era che Fest parlava bene dell’Italia, e ai lettori piacciono i libri critici. E’questo uno dei pochi punti in cui si trovano d’accordo italiani e tedeschi, secondo il recente sondaggio condotto su richiesta della sede romana della Friedrich Ebert Stiftung, la fondazione del partito socialdemocratico. Gli italiani hanno una pessima opinione di se stessi, ancora più negativa di quella dei crucchi, come ancora qualcuno definisce i compatrioti di Frau Angela.
I rapporti tra noi e loro non sono cambiati, si legge nel commento di Andreas Rossmann sulla Faz, un collega che conosce l’Italia e a cui il giornale concede ampio spazio per i suoi articoli culturali. La Frankfurter ha iniziato una serie di articoli su Dante Alighieri, fino al 14 settembre, anniversario della morte (1321). In Italia nessuno se ne è stupito, ma si è dato molto risalto all’articolo negativo (e anche mal tradotto) sul poeta uscito settimane fa, di un critico poco qualificato.
Secondo il sondaggio, una buona metà degli italiani non ricorda un personaggio tedesco nell’arte e nella cultura. Per lo sport, il 20% cita Michael Schumacher, un altro 10% Sebastian Vettel. Due campioni che hanno guidato la Ferrari, il primo con successo, il secondo molto meno. Appena l’8% cita il filosofo Jürgen Habermas. Sull’altro fronte, al primo posto troviamo Gianna Nannini, con il 72%, ma al secondo con il 59% si piazza Umberto Eco, il 27% cita la serie tv Gomorrha, il 25% Roberto Benigni.
I pregiudizi sono per sempre, positivi e negativi, anche se non bisogna rassegnarsi. Il 71% dei tedeschi è convinto di pagare per i nostri debiti, mentre noi siamo tra i paesi che finanziano la Ue, e non il contrario. Gli italiani accusano Frau Angela di essere responsabile dei nostri problemi. Sarebbe bello, fosse vero. La Germania è il primo posto per gli scambi commerciali italiani, per la Germania l’Italia è al quarto posto. Ma la Lombardia per l’import-export tra i due paesi supera il Giappone.
Nel 2009, l’Institut für Zeigeschichte, l’Istituto per la storia contemporanea, denunciò la «schleichende Entfremdung» lo strisciante straniamento, tra Italia e Germania, a partire dalla caduta del Muro di Berlino, ma riguardava soprattutto i politici. In realtà, gli italiani guardano sempre ai francesi, i cugini al di lá delle Alpi, ma i rapporti con i tedeschi sono più stretti. Almeno per la cultura, i tedeschi ci rispettano, mentre i francesi sciovinisti si credono superiori. I tedeschi ci conoscono meglio di quanto gli italiani conoscano loro. Come definire il nostro rapporto? si chiede Rossmann. Un suo analogo articolo di quattro anni fa venne intitolato Fremde Freunde, amici estranei. Oggi il titolo è «Fragile Freundschaft», una fragile amicizia.