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 2021  maggio 04 Martedì calendario

Un secolo di Chanel n.5

Era stato uno dei suoi amanti, il granduca Dimitrij Pavlovic, cugino dello zar, a sussurarle l’idea: «L’alta moda è costosa e porta pochi soldi, perché non creare un profumo?». Tornata dalla vacanza al mare di Deauville, Gabrielle Chanel si mise al lavoro con l’amico Ernest Beaux, il profumiere dei Romanov stabilito a Grasse, la capitale delle essenze sulle alture sopra a Cannes. «Un profumo da donna che profuma di donna», era il desiderio espresso della stilista. Ma anche qualcosa di rivoluzionario, nello slancio dell’avanguardia cubista dell’epoca, e non una mono-fragranza, come si usava allora, bensì un effluvio sconosciuto in natura. «Fabbricato, dico fabbricato come un vestito», aveva insistito la stilista.Cent’anni e ottanta milioni di flaconi dopo, Chanel Nº5 è diventato leggenda. Quando nel 1921 Coco Chanel scelse la quinta boccetta, tra le tante che “l’alchimista” Beaux le aveva proposto, fu conquistata da quell’aroma originale, nel quale si ritrovavano essenze di rosa, gelsomino, neroli, arancia ma anche molecole sintetiche tra cui le aldeidi, che sprigionano un odore vicino al sapone. Presentato il 5 maggio 1921 (5.5.21, una cabala che doveva portare fortuna), era minimalista nel nome e nel contenitore esposto come un’opera al Moma e forse ispirato a una fiaschetta di whisky che un altro amante della stilista, il britannico Boy Capel, portava sempre con sé.Nella boutique di rue Cambon, Chanel consiglia alle sue clienti di spruzzarlo «su tutti i posti in cui si rischia di essere baciate». Il successo fu tale che, per stare al passo della produzione, decise di associarsi ai fratelli Pierre e Paul Wertheimer. I proprietari del popolare marchio di cosmesi Bourjois, fondato mezzo secolo prima, avevano fabbriche e reti di distribuzione in tutto il mondo. Nel 1924 la stilista firmava con i Wertheimer il contratto per la Société des parfums Chanel di cui deteneva solo il dieci per cento. Anche se le vendite del profumo avevano finalmente reso l’ex bambina dell’ospizio dei poveri in una donna molto ricca, tanto da togliersi lo sfizio di andare a vivere all’hotel Ritz, Chanel iniziò a pensare che il patto con i soci non le conveniva più e iniziò manovre per tentare di riprenderne la proprietà.La contesa intorno a Chanel Nº5 ha finito per svelare la parte più inquietante della celebre stilista che voleva spodestare i fratelli Wertheimer, ebrei costretti a fuggire negli Stati Uniti durante l’Occupazione. Mademoiselle Coco, che ebbe una relazione con il barone Gunther Von Dincklage, alto ufficiale dei servizi segreti tedeschi, cercò di approfittare senza scrupoli delle leggi antiebraiche del governo di Vichy per riprendere il controllo della Société des parfums Chanel. I soci in esilio avevano però avuto la prontezza di mettere un uomo di fiducia a capo della società: il costruttore di aerei Félix Amiot, incaricato di fornire aerei alla Luftwaffe.Qualche tempo dopo, i marines facevano la coda davanti a rue Cambon per riportare i flaconcini alle loro fidanzate, Mademoiselle Coco aveva perso la battaglia per il controllo della società ma non l’ispirazione che le ha permesso di continuare a dominare la moda fino alla sua morte nel 1971. E ancora oggi la famiglia Wertheimer è proprietaria del profumo e della maison.Senza fare torto a tutta la francesità del profumo che Marilyn Monroe indossava come un vestito prima di andare a dormire nuda nel letto, si può dire che l’Italia non è lontana nella preziosa fragranza. Ancora oggi le essenze di rose e gelsomini provengono da serre nella valle di Siagne, a poche decine di chilometri dalla riviera ligure. Un’oasi protetta su cui vigila con ossessivo controllo la casa di moda che qualche anno fa aveva protestato per l’ipotesi di un cantiere ferroviario che doveva passare da lì. Guai a deturpare ciò che profuma di mito.