la Repubblica, 3 maggio 2021
Intervista a Fabio Luisi, nuovo direttore emerito dell’Orchestra Sinfonica Rai
«È una grande soddisfazione essere chiamato da un’orchestra di grande esperienza, e con la quale si lavora bene e che mi offre l’opportunità di fare musica con continuità e con un legame artistico importante con l’Italia». Fabio Luisi, direttore d’orchestra, genovese, 62 anni, di orchestre ne dirige già più d’una. È direttore principale della NHK Symphony Orchestra di Tokyo, dell’Orchestra della Radio Danese e della Dallas Symphony. Dal 2015 è direttore musicale del Festival della Valle d’Itria e ha concluso l’incarico all’Opera di Zurigo dopo aver diretto il Metropolitan di New York, solo per rimanere al millennio in corso. Ma la carica di direttore emerito dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai lo inorgoglisce particolarmente. E lo onorerà giovedì 6 prossimo, all’Auditorium di Torino, nel primo concerto col pubblico della stagione sinfonica, comunque in live streaming sul portale di Rai Cultura e su Radio 3. Ne parla con entusiasmo di ritorno da Dallas dove ha appena diretto la Sinfonia n.1 di Mahler unendo strumentisti di Dallas e del Metropolitan, teatro chiuso da mesi: «Era un modo per esprimere solidarietà con i colleghi newyorkesi».
Cinque mesi fa, maestro Luisi, lei ha avuto il Covid…
«Sì, mi sono ammalato lo scorso dicembre ma per fortuna era una forma molto lieve, senza strascichi.
Sono stato fortunato, e rispetto a altri colleghi in seguito ho ripreso a lavorare con regolarità».
Con quali difficoltà?
«Spostamenti difficili, pochi voli, continui test sanitari. Come oggi; nonostante sia stato malato e vaccinato».
“Non ho l’età per ritirarmi dalla musica”, ha detto Zubin Mehta qualche giorno fa.
«Dirigere richiede più testa che forza. Ciò che il corpo cede con l’età viene compensato da esperienza, carisma, maturità nel modo di lavorare con le orchestre. Ho una grande ammirazione per lui e altri coetanei.
Ma il mio campione è il 93enne Herbert Blomstedt, al quale dobbiamo la frase “dirigere concerti non è un lavoro”: la più bella immagine del nostro mestiere».
25 anni fa ha diretto per la prima volta l’Orchestra Sinfonica Rai.
«Ci siamo ritrovati tre anni fa: è stato subito un rapporto musicalmente facile e reciproco».
Perché direttore emerito e non stabile?
«È un titolo è un po’ platonico, certo, ma è leale. Tiene conto degli impegni con le altre orchestre. Non avrei avuto tempo per operare come un vero direttore stabile».
Cosa significa esserlo, più o meno, di più orchestre insieme?
«Avere quattro rapporti di fiducia, quattro modi di lavorare bene ma diversamente; affrontando e scegliendo repertori consoni al suono e al carattere delle orchestre».
Il suo primo programma con l’OSN Rai sembra muoversi in un ambito tedesco, in senso lato: “Concerto n. 1” di Liszt e “Patetica” di Ciaikovskij.
«In realtà era prevista la Sinfonia n.4 di Bruckner: l’abbiamo dovuto sostituire per garantire il rientro serale del pubblico ma la dirigerò nel concerto inaugurale di ottobre. A quel repertorio dedicheremo molta attenzione. Tra i progetti futuri ci sono anche i Gurre-lieder di Schönberg».
Il suono è la voce autentica delle orchestre…
«Ho lavorato con tanti complessi radiofonici europei, un po’ si somigliano. Ma l’orchestra di Torino è dotata di una sonorità propria. Una bellissima caratteristica».
La sua seconda passione-quasi professione è quella di mastro profumiere. Quale fragranza abbinerebbe all’OSN Rai?
«Sicuramente un profumo molto aromatico, speziato con sottofondo di legno, e di colore brunito»