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 2021  maggio 03 Lunedì calendario

Il rapper Holden si racconta

Si fa chiamare Holden, ma il suo vero nome è Joseph. Il cognome, Carta, è forse un po’ ingombrante: suo papà è infatti il chitarrista e produttore Paolo, noto ai più per essere da ormai più di quindici anni il compagno di Laura Pausini e suo fidato braccio destro (ma nel corso della sua carriera ha suonato anche con Adriano Celentano, Eros Ramazzotti e Max Pezzali). Classe 2000, nato da una precedente relazione di Carta, il ragazzo ha scelto di inseguire le orme del padre. Senza però limitarsi solamente a suonare. Dalle serate come dj nei club romani alle rime dei pezzi che compongono i pezzi del suo album d’esordio: Prologo, appena uscito su tutte le piattaforme di streaming, è stato anticipato dai singoli Se un senso c’è e Flute (con Gemello). In Cliché ci sono Coez e Quentin40. 
Il riferimento a Salinger nel nome d’arte è voluto o casuale?
«Voluto. Quando ho iniziato a pensare di scrivere testi i miei fratelli maggiori (Jader e Jacopo, 26 e 24 anni, ndr) mi hanno suggerito di leggere qualche classico, partendo proprio da Il giovane Holden. Inizialmente non mi appassionava. Poi mi sono ritrovato nella storia, che racconta il difficile passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Mi sento un po’ Holden anch’io». 
Il protagonista del romanzo di Salinger è un sedicenne proveniente da una famiglia benestante ma che a causa dello scarso rendimento scolastico viene espulso dall’istituto che frequenta e si ritrova a vagabondare per le strade di New York: e lei?
«Non mi è mai mancato nulla, anche se non sono cresciuto in pieno centro. La mia infanzia l’ho vissuta tra l’Eur e la Montagnola. Anche il liceo l’ho fatto lì. Dopo il diploma linguistico, però, non mi sono iscritto all’università: ho preferito dedicarmi totalmente alla musica». 
Quando ha iniziato a suonare? 
«Da piccolissimo. In casa avevamo un pianoforte a coda: sono partito da quello. Poi ho imparato a suonare la chitarra e la batteria, fino alla produzione. In quinta elementare già mi esibivo come dj, ispirato da personaggi come Skrillex, Calvin Harris e Avicii».
Un bimbo prodigio...
«Mi cercò una società che organizzava eventi per i locali dell’Eur: cominciai a fare una serata dietro l’altra. A 14 anni salii pure sul palco dell’Atlantico».
E a 15 suonò nel disco Simili di Laura Pausini. Com’è stata vissuta in casa Carta-Pausini l’attesa per l’Oscar per la migliore canzone originale con Io sì (Seen) e poi la mancata vittoria?
«Vivo con mia madre, quindi non saprei. Posso però dire che al di là di tutto già il solo fatto di aver ricevuto una nomination per un Oscar è un traguardo ambitissimo, per una popstar. A Laura auguro ogni bene».
Cosa racconta nelle sue canzoni? 
«Do sfogo ai miei pensieri e ai miei sentimenti: raccontando le mie esperienze, provo a renderle universali. Le produzioni non mi bastavano più: le rime mi hanno aiutato ad esprimermi meglio. Spero che questo sia davvero solo il Prologo della mia storia».