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 2021  maggio 01 Sabato calendario

Sempre meno i figli del lockdown

Il dottor Pasquale Bilotta gestisce un centro di fecondazione assistita di Roma, Alma Res, che assiste quattrocento coppie all’anno. Durante la prima fase della pandemia lo ha chiuso per lunghi periodi o ha lavorato a ritmi dimezzati. Hanno interrotto il trattamento anche aspiranti madri che lo avevano iniziato. «Mi dicevano: come si fa a mettere al mondo dei figli in questa situazione?». Così Covid-19 ha colpito l’Italia dove è più debole. Non solo ha provocato tante morti premature, ha anche scoraggiato decine di migliaia di nascite. Ieri sono arrivati nuovi dati dell’Istat a mostrare come il progredire della pandemia sia coinciso con un choc riproduttivo con pochi precedenti nella storia italiana. In gennaio scorso sono nati in Italia 30.767 bambini, registra l’istituto statistico. È un crollo di oltre il 14% rispetto al gennaio di un anno fa. Questi trentamila sono i figli del secondo mese del lockdown, concepiti nell’aprile scorso. I figli del primo mese del lockdown, concepiti in marzo di un anno fa quando cantavamo l’inno di Mameli dai balconi, sono oltre il 10% in meno rispetto a dodici mesi prima. In sostanza nella seconda parte della grande chiusura per Covid gli italiani hanno osato anche solo provare a mettere al mondo dei figli ancora meno che durante la prima parte, quando lo choc era ancora nuovo e da rielaborare. Bisogna risalire alle nascite di nove mesi dopo la catastrofe nucleare di Chernobyl, al febbraio del 1987, per ritrovare un crollo delle nascite del 14%. Allora fu dovuto al timore delle coppie, non irrazionale, di concepire figli malformati. Ora si spiega con la paura diffusa in uno stato di incertezza radicale, che potrebbe essere costata forse trentamila nascite in meno. Non riuscire a vedere il futuro paralizza.
Ma se questo era il problema, forse si sta attenuando. A Roma il dottor Bilotta ha ripreso a lavorare nella sua clinica di fertilità. «Le coppie tornano a cercarci quasi come prima – dice —. Si sono abituate a convivere con il virus».