Corriere della Sera, 1 maggio 2021
La disfida dei pasticcieri
«Dietro questa storia c’è solo tanta invidia. Ma meglio che essere compatito». Iginio Massari, il Maestro dei Maestri pasticcieri italiani, all’ora di cena sta per mettersi a tavola. La moglie, Maria, ha preparato ravioli in brodo. E, come dolce, una mela. «Bella dolce», assicura lui. Dello tsunami che ha colpito in queste ore l’Ampi, l’associazione nata da una sua idea nel 1993, vorrebbe quasi non parlare. «Purtroppo 100 asini sono più numerosi di 50 ingegneri», prova a sintetizzare con una delle sue (oramai famose) metafore surreali. Ma poi confessa: «Dopo due giorni di delusione, adesso non sono arrabbiato. La prendo con ironia. Ho assistito a una serie di giochi non puliti. C’è gente che non vuole fare questo lavoro seguendo le nostre regole deontologiche. Contestazioni assurde, politiche e non professionali, da parte di chi era sempre assente. Gente che consideravo amica e che invece forse avrei dovuto allontanare prima...».
È tutto in queste parole, forse, il veleno che accompagna lo scisma della pasticceria italiana che si è compiuto nell’ultima assemblea Ampi il 15 aprile scorso. È al termine di quell’incontro che le tensioni interne, che covavano da mesi, sono diventate una scissione. Generando due fronti (almeno) in cui si dividerà da oggi in poi la pasticceria italiana. Ma cosa è successo? Gino Fabbri (presidente dell’Ampi) e Iginio Massari (presidente onorario), si sono dimessi insieme ad altri 6 membri del Consiglio direttivo (la notizia è stata data da Reporter Gourmet). Con loro hanno lasciato Davide Comaschi, Debora Massari (figlia di Iginio) e altri grandi come Fabrizio Galla, Alessandro Servida, Maurizio Vittorio Colenghi e Giovanni Tullio Cavalleri. Ma sarebbero almeno una trentina i pasticceri che in queste ore si stanno preparando all’esodo. Diversità di vedute radicali tra le correnti sulla gestione dell’Accademia, oltre che sul suo futuro.
Al di là dei retroscena, la resa dei conti c’è stata eccome. E lo si evince dai verbali (pubblicati dal sito Dissapore) che vedono Santi Palazzolo, portavoce di 35 membri, attaccare il presidente Fabbri per una frase che avrebbe pronunciato: riferendosi a un gruppo di 45 membri assenti al simposio dell’ottobre scorso avrebbe detto che avevano «atteggiamenti mafiosi». E così Palazzolo attacca: «Il presidente ha un ruolo importantissimo, deve mediare, saper tenere unita una squadra che ha tante anime all’interno e far sì che queste anime non si disperdano. Non può lanciare accuse generiche e infamanti. Caro Gino, avevi il dovere oltre che il diritto di buttare fuori dall’Ampi questi mafiosi se eri certo delle tue accuse». Poi il voto, per la prima volta segreto, disegna una nuova maggioranza. Fabbri ne prende atto e si dimette con Massari.
L’Accademia era nata nel 1993 proprio grazie a Iginio Massari che aveva riunito alcuni dei migliori pasticcieri italiani per tutelare l’alta pasticceria di qualità. Un po’ quello che faceva già da tempo in ambito internazionale «Relais Dessert», la prestigiosa associazione che riunisce i migliori pasticcieri del mondo, di cui Massari fa parte sin dal 1985, e di cui per lungo tempo è stato unico membro italiano. L’Ampi ha raccolto spesso malumori, e pure piccole «scissioni» (l’ultima è la creazione dell’Accademia Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano. Presieduta da Claudio Gatti, e nata a settembre 2020 per difendere e valorizzare la produzione artigianale dei lievitati con lievito madre, piace molto ai giovani). E forse, complice anche un anno di pandemia, tutti i rancori sono diventati una guerra. Già in queste ore si sta scegliendo il nuovo presidente. L’ipotesi più forte è quella di Salvatore (Sal) De Riso, che a «Cook» ieri ha detto: «Sarei fiero di poter traghettare l’Ampi fuori da questo periodo di difficoltà». E Iginio Massari? Rilancia: «A gennaio fondo una nuova associazione con 30 amici, ma anche altri ne verranno. La farò più severa: chi vuole entrare avrà diritto davvero di chiamarsi accademico. Senza trucchi».
(Ha collaborato Lydia Capasso)