la Repubblica, 1 maggio 2021
Murray Abraham e i videogame
Murray Abraham si affaccia alla finestra virtuale dalla sua casa di Los Angeles e appena sente che sta parlando con Roma si mette a ridere, una risata piena e contagiosa: «Non ci posso credere, – dice in italiano con forte accento americano – mia mamma è della Calabria». Ottantuno anni compiuti a ottobre, non smette di stupire: un Oscar per il ruolo di Salieri nell’indimenticabile Amadeus di Milos Forman, una filmografia di centoventi titoli, da Scarface con Al Pacino a Wes Anderson – era l’anziano proprietario del Grand Budapest Hotel. Ora, una serie tv ambientata nel mondo dei videogiochi.
Mythic Quest, la stagione 2 dal 7 maggio su AppleTv+, è una full immersion nelle dinamiche di uno studio in cui si producono videogiochi, un po’ sitcom un po’ satira di un mondo in cui il destino di centinaia di lavoratori è nelle mani di un dodicenne influencer che può decretarne il successo o l’insuccesso con la sua recensione. Abraham interpreta lo sceneggiatore C.W. Longbottom, un passato da scrittore fantasy. «C.W. ama creare, è incapace di fermarsi, mai appagato, vorrebbe fare tutto e l’età non lo frena. Entrando nel mondo dei videogame sperimenta una vita che non sapeva neppure esistesse, sta scoprendo un altro mondo, immenso, nel quale è ben accolto». Un po’ la stessa scoperta che ha fatto l’interprete: «Non sapevo niente di videogiochi, ora non sono molto bravo ma qualcosa ho imparato. Una delle cose migliori di questa serie è che invita persone che non hanno mai giocato in vita a loro a vedere quanta passione e quanto impegno ci sia. E lo fa in modo divertente raccontando le relazioni umane».
Proprio le relazioni umane sono molto importanti per l’attore americano, sposato con la stessa donna da quasi sessant’anni, due figli, una nipotina: «Quarant’anni fa in famiglia si viveva tutti insieme, diverse generazioni sotto lo stesso tetto, grandi case in dui “nonno e nonna” (in italiano, ndr) si occupavano di tutti. I bambini imparavano dagli anziani, c’era uno scambio di informazioni e di conoscenza, tutti crescevano assieme, questo permetteva agli anziani di sentirsi vivi». Proprio come successo sul set, la cui età media era decisamente inferiore a quella di Abraham. Tanto che della seconda stagione qualche episodio è stato girato in remoto. Rob McElhenney (creatore della serie e protagonista nel ruolo del direttore creativo) ha detto: «Non volevamo certo passare per quelli che avevano fatto ammalare gravemente Murray Abraham». Quindi per le prime puntate della nuova stagione C.W. è apparso sullo schermo di un tablet montato su un manichino. «Non è stato facile: a me piace stare con le persone, vengo dal teatro, ho bisogno di sentire i colleghi attorno a me».
Non si pensa a lui per la commedia: «Per quindici anni all’inizio della mia carriera ho fatto solo quel genere di film, poi dopo l’Oscar per Amadeus hanno cominciato a propormi solo tragedie». Negli ultimi anni ha fatto parecchia tv, era anche in Homeland. Il prossimo progetto però è di nuovo per il cinema. « Il flauto magico è un fantasy, ma c’è della commedia ed è anche un film serio. E poi c’è la bellissima musica di Mozart… alla fine torno da lui». E scoppia a ridere.