la Repubblica, 1 maggio 2021
Rousseau, l’opposizione a Conte è questione di soldi
Il Movimento nato nel giorno di San Francesco per dimostrare che la politica si può fare a costo zero si è incartato, ormai da mesi, su una questione di soldi. Riepilogando, ma c’è il pericolo di perdersi, Davide Casaleggio chiede ai 5 stelle almeno 450mila euro per ripianare i debiti fatti dall’associazione Rousseau per garantirne il funzionamento. Gli attuali vertici M5S – non riconosciuti da molti, nonché da un tribunale – chiedono agli eletti, d’ora in poi, 2500 euro al mese di cui 1000 dovranno andare al partito. Giuseppe Conte non esclude di accedere ai fondi del 2 per mille e – ultimo, ma non meno importante – almeno 30 deputati minacciano di andar via, tenendosi chiaramente tutti i soldi dei loro stipendi, per non permettere all’ex premier di creare una sua forza politica usando solo il simbolo dei 5 stelle e lasciando a casa tutti loro.In caso non bastasse, ci sono quelli che sono già stati espulsi, come i senatori Nicola Morra e Barbara Lezzi, a dire «il vero Movimento siamo noi e ve lo dimostreremo». E c’è Alessandro Di Battista, disiscritto ma chissà, che ancora ieri postava un video su Youtube in cui ricordava il suo primo incontro con Gianroberto Casaleggio piangendo. E che negli ultimi giorni ha invitato tutti i parlamentari a rinunciare al tfr a fine mandato, devolvendolo a iniziativa benefiche (come ha fatto lui). Che avverte: prenderà decisioni definitive su un eventuale ritorno in politica a settembre.
Gira tutto intorno al denaro, si diceva. Perché solo con un accordo economico – quello che con un eufemismo da avvocato esperto Giuseppe Conte ha definito «divorzio consensuale» – Davide Casaleggio acconsentirà a un ultimo voto su Rousseau, quello che dovrebbe permettere di cambiare lo statuto o di nominare una squadra con l’ex premier alla guida, se il tribunale di Cagliari lo imporrà per adempiere all’ultima decisione assembleare. Il voto su un’altra piattaforma, per quanto ventilato, è per ora vietato dall’attuale statuto. Non è facile insomma. Ed è per certi versi surreale, che il manager milanese abbia deciso di tenere per sé tutti i dati degli iscritti finché non ci sarà una guida che lui riconosce come tale. Agli occhi di molti parlamentari, quello di Rousseau è un ricatto. Per legge i nominativi degli iscritti a una forza politica appartengono ai suoi organi. L’anomalia del Movimento ha fatto sì che però – i vertici politici – non ne siano in possesso. E che per averli debbano prepararsi a pagare. Il tribunale di Cagliari ieri ha preso alcuni giorni per decidere se accogliere il ricorso del Movimento contro la nomina di un curatore speciale, che certifica l’illegittimità della reggenza di Vito Crimi. Tutto a questo punto è appeso a quella decisione perché, in caso fosse a favore dei 5 stelle, Conte la userebbe per avere più peso contrattuale nella trattativa con Casaleggio. Di fatto, per avere uno sconto. «Devono muoversi – dice il deputato Francesco Silvestri – perché io che sono responsabile del Lazio ho due elezioni da organizzare, a Roma e a Marino. Su zoom, per alzata di mano, di piede, ma ho bisogno che si voti per scegliere i candidati e fare le liste». Di tempo ce n’è poco. Di soldi, a Casaleggio i 5 stelle vogliono darne molti meno di quanti ne chieda. Con un ragionamento: «Rousseau non è un vero prestatore di servizi, ma un ente no profit. Che regime fiscale ha avuto?».
Poi ci sono i veleni, che scorrono a fiumi. Gli ultimi vedono decine di deputati – che inseguono per avere consigli l’ex ministro Vincenzo Spadafora – pronti a lasciare. Tutti convinti che Conte non intenda affatto diventare leader di questo Movimento, ma appropriarsi del simbolo per fare una cosa tutta sua, con persone sue e nuove, senza che ci sia posto per nessuno degli attuali eletti (che col taglio voluto da loro stessi probabilmente non torneranno in Parlamento). Non solo chi è al secondo mandato, quindi. Sarebbero molti di più a rischiare. Per questo, l’idea è di passare al misto, prima, per poi fare un gruppo autonomo che ha l’ambizione di essere più ampio di quello M5S. Per depotenziare l’ex premier, lasciarlo senza soldi. In due parole: farlo fallire.