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 2021  aprile 30 Venerdì calendario

Daniela Poggi ha scritto un libro sull’Alzheimer della mamma

La conosciamo come attrice e conduttrice. Come «personaggio», insomma. Come «persona» si presenta lei stessa. Ed è soprattutto una figlia. Cinzia mancata, al secolo Daniela Calliope Maria Poggi, nata da Angelo Franco, scomparso il 19 maggio 1991 per un cancro all’esofago, e da Lydia, consumata da dieci anni di Alzheimer il 28 ottobre 2010, dopo una notte di abbracci e di ricordi sussurrati all’orecchio, nella speranza di accendere un’ultima scintilla prima dell’addio. 
Daniela Poggi ora scrive. Il suo racconto Il mondo di Rosa è appena stato premiato al concorso letterario «La nonna sul pianeta blu» dell’associazione de Banfield, che si occupa di persone anziane fragili. Ma è di questi giorni anche l’uscita del suo memoir Ricordami!, per l’editore «La Vita Felice», un dialogo tenero e spiazzante con cui l’autrice saluta la madre per sempre, raccontandosi (a lei e a noi che la leggiamo) in una versione inedita, intima e familiare. 
«L’Alzheimer è il filo rosso che unisce il racconto e il libro – spiega per telefono —. Ma se nel racconto sono entrata nel mondo silenzioso che la persona malata vive, a noi totalmente sconosciuto se non attraverso gli sguardi, i gesti, le assenze, con l’io narrante che parla con i fiocchi di neve al di là della finestra, in Ricordami! ho voluto rivivere l’ultima notte trascorsa con mia madre, quando l’ho guidata tenendole la mano nel mio, di mondo, affinché potesse conoscermi e riconoscermi». Non è stato facile. «Ho impiegato 10 anni per mettere ordine nei miei appunti e nelle mie emozioni. La malattia aveva cancellato la mia identità: mia madre non mi riconosceva più, non ero nessuno, restavo un’orfana». 
Il racconto comincia dall’ultimo Capodanno felice, la notte del 31 dicembre 1999. «A Firenze, dietro le quinte del palcoscenico, tu eri ancora tu e io non immaginavo che di lì a poco avrei iniziato a perderti», scrive l’attrice e regista. Che pagina dopo pagina, riavvolgendo il nastro della sua vita, ci fa sprofondare nello sconcerto della malattia sempre più manifesta. «La spesa nascosta sotto il letto o buttata dalla finestra, l’aggressività, le urla, il pudore di doverle fare un clistere. Sono tutte cose che chi ha un malato in casa conosce bene». 
L’esasperazione sfocia in uno schiaffo. «Nel libro le chiedo scusa, è stata l’unica volta in cui ho perso la pazienza. Ero disperata, arrivi a un certo punto che non ce la fai più. In quel momento ho capito che era l’unico modo per fermarla, è stato quasi un gesto inconsulto, ero diventata io la genitrice. Ricordo ancora oggi i suoi occhi, mi ha guardato con una rabbia, un furore dentro che soltanto dopo ho capito: agli occhi suoi non ero nessuno, ero una sconosciuta». 
Nel memoir Daniela Poggi racconta di due gravidanze mancate. Ammette: «Ho imparato ad amare senza l’aggettivo possessivo e anche questo è un compito che mi è stato dato: imparare a dare senza nulla pretendere. Quella maternità cercata, voluta a tutti i costi e poi fallita mi ha lasciato una ferita profonda, ma non l’incapacità di amare. E questa è un po’ la mia forza». 
Suo padre, prima di andarsene, l’ha aspettata. Sua madre, lo stesso. «Sono entrambi mancati tra le mie braccia. È stato un dono preziosissimo».