ItaliaOggi, 29 aprile 2021
Barbara Hans, miglior direttrice dell’anno 2017, licenziata dallo Spiegel
In controtendenza, Der Spiegel licenzia la sua prima e unica direttrice, la brava Barbara Hans, 40 anni. Come si usa in questi casi, secondo il comunicato ufficiale si tratterebbe di una decisione consensuale, in realtà la Chefredakteurin è stata costretta a gettare la spugna. Chefredakteur in tedesco non vuol dire capo redattore ma direttore, e il suffisso «in» è il femminile. Il caporedattore è il vicedirettore.
Sempre in crisi, di copie e pubblicità, il settimanale di Amburgo negli ultimi anni ha cambiato direttori con la velocità di una squadra di calcio che non riesce più a vincere lo scudetto. Infine ha deciso di ricorrere a un triumvirato, due signori e Barbara, ma non ha funzionato. Colpa della collega? Il giornalismo fino all’altro ieri è stato un dominio maschile. Ai miei inizi negli anni Sessanta a Torino, in cronaca lavorava un’unica giornalista, che si occupava delle sedute al municipio e della cosidetta «bianca», i fattacci della «nera» non erano adatti a una donna. Quando passai alla Stampa, in redazione eravamo solo uomini, e tutti uomini erano gli inviati e i corrispondenti dall’estero. Le giornaliste erano un paio in cronaca, e un paio tra i collaboratori, si occupavano di moda e spettacoli.
La situazione era identica in Germania. Lo Spiegel è sempre stato una roccaforte maschilista. Nel 2014, per la Tv hanno girato un film sullo storico affaire della rivista nell’ottobre del 1962: il settimanale contro Franz Josef Strauss, il ministro della Difesa. Der Spiegel, secondo il Leone della Baviera, aveva rivelato vitali segreti militari. Nel film le donne sono solo mogli o amanti, e segretarie quasi sempre anche amanti. Sette anni fa, nessuno protestò in nome del metoo: quella era la realtà nel 1962.
La redazione ad Amburgo fu perquisita e occupata dalla polizia, 62 redattori furono arrestati, il direttore e fondatore Rudolf Augstein, rimase in cella per tre mesi. Der Spiegel divenne un simbolo della libertà di stampa, e alla fine Strauss fu sconfitto. Altri tempi, oggi il settimanale non riesce a trovare una sua linea, dal record di un milione e 100mila copie, spesso scende a 700mila, una quota che è considerata una sorta di linea del Piave.
Barbara Hans cominciò nel 2004 come collaboratrice, poi fu assunta, nel 2016 divenne direttore dell’edizione online, sempre divisa da quella cartacea. I vecchi redattori non volevano confondersi con i giovani. Un problema: Rudolf Augstein lasciò in eredità metà della casa editrice ai redattori, più un’azione. I giornalisti hanno diritto di veto su quasi tutte le decisioni dell’amministrazione, il che ha bloccato la ripresa. Nel 2017, Barbara Hans fu nominata «migliore direttrice dell’anno» da Medium Magazin.
Nel 2018, le due redazioni furono finalmente fuse, e Frau Barbara divenne direttrice insieme con Clemens Höger e Steffen Klusmann. Martedì l’annuncio del divorzio, un comunicato che arriva appena tre giorni prima delle dimissioni, venerdì Barbara se ne andrà. I problemi sono cominciati subito perché la collega entrò in congedo maternità per diversi mesi, e al rientro non fu ben accolta. Naturalmente, secondo i pettegolezzi, sarebbe stata colpa sua. Il motto dello Spiegel è «Sagen, was ist», dire quel che è, la verità, ma sulle faccende interne non vale.
Barbara avrebbe cercato di realizzare la collaborazione tra online e cartaceo, ma si è scontrata con i colleghi direttori. I vecchi godono di privilegi che non vogliono condividere. Il 2 febbraio, 136 redattori, la stragrande maggioranza, hanno inviato una lettera di protesta alla direzione: «siamo colpiti, tristi e arrabbiati» per il modo in cui viene trattata la direttrice. Un messaggio rivolto anche all’amministrazione. Quattro mesi fa, Barbara aveva dichiarato «nella stampa continua la roulette del personale, si crede che la soluzione del problema siano le persone, e il risultato è catastrofico».