La Stampa, 29 aprile 2021
Gli influenze sfidano i generali birmani
Erano impegnati a dare consigli di moda, sfornare ricette, o indossare corone da miss. Ma ora un esercito di influencer, blogger e reginette di bellezza del Sudest asiatico ha deciso di abbandonare la leggerezza dell’essere e diventare attivisti pro-democrazia. E se da noi la ammaliatrice di follower Chiara Ferragni si fa largo nei consigli di amministrazione, in oriente si puntano gli occhi sulla Birmania e la sua democrazia rubata.
MiMi Aye, cresciuta fra il Regno Unito e l’ex colonia inglese, è la più famosa scrittrice di cucina birmana. Ma è anche attivissima sui social: «Da quando c’è stato il colpo di Stato (il primo febbraio, ndr) ho perso il mio interesse per la cucina. Non c’è nulla che riesca a distrarmi». Su Instagram preferisce postare riso bollito plasmato nel saluto a tre dita, divenuto il simbolo pro-democrazia per eccellenza. Ma non basta. MiMi Aye racconta a La Stampa che quando la sua famiglia lasciò la Birmania nel 1979, fu costretta a firmare un documento giurando di non divulgare informazioni sul Paese. Pena, una lista di familiari da arrestare. Alle presentazioni dei suoi libri, recensiti nei maggiori giornali internazionali, la richiesta del suo agente era chiara: niente domande di politica. E così, anche questa volta, per giorni è stata zitta. «Ero molto frustrata. Ma poi, quando ho visto che i miei parenti sono scesi in strada mi sono rilassata: beh, mi sono detta, se tanto correte il rischio voi, allora, se vi arrestano, non è colpa mia», trova il modo di ridere adesso. Al posto delle ricette aiuta a scrivere in inglese i documenti del CPRH - il parlamento eletto e nato, segno dei tempi, su Zoom. «Ho deciso di diventare un’attivista a tempo pieno, e uso il mio background di avvocato per fare ricerca. E dal mio lavoro di scrittrice sfrutto le tecniche di marketing».
Lo stesso ha fatto il vlogger Zeyar, classe 1995. La sua carriera di «postatore» di video – questo è il significato di vlogger - è nata dalla noia. «Ho fatto un video di me che correvo. Ed è diventato virale», ci spiega. Ma da quando la voce di un amico a tarda notte gli ha dato la notizia del colpo di Stato, le cose sono cambiate. Anche lui si trova a Londra, per studiare, ma la sua famiglia e i suoi amici sono in Birmania. Da qui la preoccupazione che le sue parole potessero danneggiare i familiari. Così ha riflettuto sui consigli del nonno, oltre ad organizzare una maratona dal Surrey a Londra, uno sciopero della fame, e nuovi video.
«Lui è un ex militare che fu prepensionato perché c’era tensione con i gruppi etnici e lui era cristiano. Mi ha detto che supporta quello che faccio ma mi ha raccomandato di stare molto attento perché l’esercito è brutale e privo di umanità e sa come punire quelli che si oppongono», spiega Zeyar.
Del resto la giunta birmana ha emanato un mandato d’arresto per la modella May Myat Noe dopo che questa ha espresso esplicitamente il suo dissenso nei confronti dei generali su Twitter e Instagram. Ora il suo account, fra una campagna per brand come Dolce e Gabbana e Patrizia Pepe, è silenzioso. Anche la candidata birmana a Miss Grand Myanmar Han Lay ha usato implorato da Bangkok aiuto contro le atrocità dei militari nel suo Paese. Altre celebrities, come attori, star della tv e influencer rimasti in Myanmar sono invece fra gli oltre 3.300 arresti stimati.
Ma se è chiaro che in Birmania l’opposizione è trasversale, parlare di politica non ha sempre giovato alle star di Internet nella regione. Famoso è il caso di Sean Buranahiran, il golden boy del web thai, come lo ha definito il South China Morning Post, che dopo un esplicito endorsement ai generali thailandesi ha subito un contraccolpo quantificabile nella perdita di centinaia di migliaia di follower.
A poter contare invece su quasi 5 milioni di fedelissimi è il modello filippino Sinon Loresca. Dopo aver dato scalpore per aver camminato sui tacchi a Yangon, ha deciso di dare voce alla Birmania, nonostante non sia il suo Paese. «È molto importante dare supporto. Le persone ci chiedono aiuto e io voglio usare la mia piattaforma per parlare di loro».
Sinon ammette che il suo lavoro è intrattenere, ma le disavventure della sua vita e il rifiuto della sua omosessualità da parte delle persone che amava hanno fatto maturare in lui una particolare empatia per il Paese della leader deposta Aung San Suu Kyi. E sia nelle Filippine che in Myanmar si è dato da fare per aiutare i senzatetto: «Perché anche io lo sono stato e so cosa vuol dire avere fame, perché la mia famiglia non mi accettava per quello che sono».
Per lui, sentire gli amici in pericolo e vedere persone morire, non è più politica: «è nostra responsabilità stare con le persone che soffrono». Ma è difficile far passare il messaggio quando l’intero pianeta è in sofferenza, anche a causa del Covid: «Dobbiamo spiegare che il Myanmar ha questo, più il colpo di Stato», dice MiMi Aye. E, aggiunge Sinon Loresca, «la priorità è per i propri cittadini, ma deve arrivare il momento giusto per aiutare gli altri».