la Repubblica, 29 aprile 2021
Un’altra storia di tombe negate a Roma
Al Verano soffia un vento che pare voglia portar via il dolore. Ma il dolore non scompare, quando perdi qualcuno. E scava ancora più a fondo, se non riesci neanche a dare una tomba al corpo di un figlio, di una madre, di una sorella.
A Roma ci sono duemila bare in attesa di essere cremate o inumate. Duemila famiglie che non sanno ancora quando i corpi dei loro cari avranno casa, e riposo. Così lottano, molti. Intentano cause, sollecitano il comune, ma restano senza risposta. Al Verano c’è una piccola lapide appoggiata su una tomba data in prestito. Tre anni fa Fabrizio Giuliani ha dovuto tumulare lì la figlia, morta a 49 anni, con un figlio ragazzino. Non nella cappella di famiglia, non nel posto che era certo di avere a disposizione, perché Ama ha detto: «Qui non si può. Nel 1921 il concessore aveva fissato i limiti». Quali sono questi limiti, chiede un padre che ha appena perso una figlia. Ama li elenca: «Le norme di concessione prevedono il diritto alla tumulazione oltre che dello stesso concessionario (e di una persona nominata), anche del coniuge, della figlia, dei figli maschi e loro mogli nonché dei figli o delle figlie femmine nubili dei figli maschi dello stesso concessionario e nessun altro». Alessandra Giuliani non era figlia nubile, ai tempi del fascismo usava così, dovendo andare per forza le mogli nelle tombe dei mariti. E soprattutto – spiegano gli avvocati della partecipata – la concessione si ferma al grado di parentela precedente, quindi a suo padre. Ha avuto il torto di morire prima di lui, Alessandra. Così, secondo quella che Ama considera una «volontà sovrana», non ha diritto ad avere quella tomba che gli attuali concessionari volevano darle con parere unanime. Ed è stata accolta, per generosità e in via provvisoria, nella tomba di alcuni cugini che hanno avuto pena per il dolore del padre, della madre, della sorella, del marito, del figlio.
Secondo l’avvocato Arnaldo Morace Pinelli non c’è nulla di automatico in tutto questo. Perché quella concessione è aperta alle successive modifiche di legge. E perché dopo quegli anni, molte leggi – e l’intera revisione del diritto di famiglia – sono intervenute a far sì che la sepoltura sia garantita a dispetto di qualsiasi discriminazione. Ma le memorie dell’avvocato, la causa civile intentata, il pronunciamento unanime della commissione Ambiente del consiglio comunale non sono bastati a smuovere l’amministrazione. Né è bastata l’evidenza: la cappella contiene 24 tombe, ne sono occupate solo 8. Le altre vanno lasciate vuote? Non c’è razionalità, non c’è criterio.
Fabrizia Giuliani, la sorella di Alessandra, è stata deputata pd, insegna alla Sapienza. Non aveva voluto rendere questa storia pubblica, ma aveva, già nel 2019, scritto una lettera a Virginia Raggi. Chiedendole di far sì che Ama risolva, per tutti, queste situazioni. Che risponda alle esigenze di chi chiede solo di seppellire i suoi cari senza tener conto di regole vergate nel 1921. Non ha mai ricevuto risposta. Ad Andrea Romano – deputato pd che ha perso un figlio due mesi fa e che ha gridato a gran voce l’incuria, i ritardi, il menefreghismo – Ama ha risposto che il corpo è stato cremato nei tempi e che la pratica successiva, la tumulazione, «non è urgente». Ai cittadini che hanno portato in procura rinvii inaccettabili, la municipalizzata romana ha detto: «Vi denuncio per procurato allarme». È tutta colpa del Covid, secondo l’azienda di Roma capitale. Di Covid si muore di più e i servizi cimiteriali non ce la fanno. Ma l’emergenza dura da anni e da anni le società di pompe funebri lo denunciano, chiedendo più spazi, più investimenti, più cura, senza che nulla si muova. Non è solo una questione di superlavoro, non lo è mai. È, ancora una volta, un enorme problema di burocrazia non solo difficile da scavalcare, ma sorda a ogni ragione. A quelle dei vivi e a quelle dei morti. Sacre già nell’antica Grecia, ma non nella Roma incattivita degli anni 2000. Dove per ogni cosa – anche un posto al cimitero – devi rassegnarti o lottare. Sulla scorta dei casi denunciati il consiglio comunale è stato convocato il 5 maggio per discutere di tutte le inadempienze di Roma nei confronti dei suoi morti. Chissà se qualcuno, dentro a un gigante burocratico che si attiene a presunte volontà sovrane, deciderà finalmente di dare ad Alessandra la sua tomba. Chissà se ci sarà un funzionario, un avvocato, un dirigente, che vorrà finalmente permettere a un ragazzo di 17 anni di avere un posto, non provvisorio, non prestato, che abbia magari perfino una foto, dove portare dei fiori a sua madre.