Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  aprile 28 Mercoledì calendario

La rivoluzione della moneta

Un passaggio decisivo si è consumato negli ultimi giorni. La quotazione della società Coinbase sull’indice Nasdaq, per circa 70 miliardi di dollari, ha definitivamente portato il mondo delle criptovalute a Wall Street. Un momento di estremo significato simbolico – l’accesso al tempio della grande finanza mainstream. Coinbase è una piattaforma di negoziazione specializzata in valute digitali. Su cui hanno puntato in pochi anni migliaia di investitori.
A operare sulla stessa piattaforma e a popolarla c’è una massa indistinguibile di trader tradizionali e nuovi cripto-trader. Le crypto currencies vengono da lontano e dal basso – dalla sottocultura cyberpunk – ma dalle profondità del dark web hanno preso posto in piena luce. Sono ormai presenti in quasi tutti i grandi portafogli d’investimento. Com’è successo che la valuta alternativa ha guadagnato, oggi, abbastanza affidabilità da diventare un bene rifugio? Certo la difficoltà di minarla ha fatto sì che si trasformasse in qualcosa di prezioso – l’oro digitale. Il suo valore aumenta grazie alla scarsa quantità in circolazione. Esattamente il contrario insomma di quanto sta accadendo alle valute sovrane, che già dobbiamo definire "tradizionali" e che le crisi degli ultimi anni portano a stampare senza sosta come stimolo per economie stagnanti. Ma questo è solo un’angolazione per guardare la vicenda, una prospettiva parziale, legata a determinate contingenze: finanza pubblica sempre più espansiva, quantità di liquidità senza precedenti e disperata ricerca di asset alternativi (per garantire rendimenti e tenuta di valore anche in caso di iperinflazione e svalutazioni monetarie). Diciamo che questa parte della storia è organica all’andamento dei mercati. Uno sguardo più strutturale mostra invece un’autentica rivoluzione copernicana del concetto di moneta: di fatto, questa diventa il linguaggio della merce per la quale si propone come mezzo di scambio. Dalla digitalizzazione dell’economia deve necessariamente conseguire una digitalizzazione della moneta. E da qui può venire una trasformazione radicale dell’architrave finanziario. Per rispondere all’interrogativo: se la crypto diventa bene rifugio, è perché strutturalmente sostituirà la moneta tradizionale. Il discorso vale in particolare per i Paesi dei mercati emergenti, dove potrebbe nascere una concorrenza seria alle valute locali (non a caso in Turchia sulle crypto currencies si sta già puntando forte). In ogni caso, il bitcoin sarà una faccia dei nostri scambi del futuro. Ai quali bisogna prepararsi ad aggiungere le valute digitali sovrane, emesse da una banca centrale algoritmica e ancorate a panieri di valute o di materie prime. Le stablecoin saranno la nuova espressione delle criptovalute – la loro normalizzazione finale.
Continueremo ad avere valute ipervolatili e speculative, ma saranno affiancate da valute appunto stabili e controllate. La quantità di moneta in circolazione verrà determinata da algoritmi, che ridurranno l’offerta in periodi inflattivi di crescita e la espanderanno durante le fasi di recessione. Riguarderà la nuova moneta digitale anche un’inedita battaglia geopolitica: chi la vincerà, avrà il potere di settare gli standard e dettare le regole. La Cina e gli Stati Uniti si scontreranno sulla moneta digitale di riferimento. Ma l’auspicio è che l’Europa abbia un ruolo nella contesa e non resti passiva come negli ultimi vent’anni. Con una digressione, ma restando nell’ambito digitale, possiamo esaminare un’altra soluzione fortemente suggestiva: la moneta a tempo. È una digressione che sembra portarci nel passato e invece ha lo sguardo dritto e aperto nel futuro. Le radici del concetto di moneta a scadenza affondano nelle teorie di Silvio Gesell, che un secolo fa tanto affascinarono John Maynard Keynes: una valuta che non è emessa da Stati e governi, si autoestingue se non viene usata ed è quindi un mezzo di scambio ma non permette di accumulare ricchezza. Caratteristiche modernissime, che accelerano la velocità di circolazione e la propensione al consumo. Tornando al presente più stretto, in pochi giorni abbiamo assistito all’annuncio della nascita di due stablecoin. Una si chiama Diem ed è stata lanciata da Facebook, sulle ceneri del progetto Libra, per essere usata nel perimetro del social network. L’altra, Celo, è la criptovaluta stabile europea, ancorata all’Euro e di matrice tedesca. La strada della digitalizzazione monetaria è strettamente collegata, d’altronde, all’applicazione della blockchain e alla costante crescita del suo utilizzo. Non appena ogni processo burocratico verrà trasformato dalle procedure e dai protocolli digitalizzati, la moneta non potrà fare altro che adeguarsi. Questi primi passi a cui stiamo assistendo, i tentativi che preparano la prima moneta digitale sovrana, sono in cammino verso un futuro che ci riguarda tutti.