Corriere della Sera, 28 aprile 2021
Che aria tira al Senato
Sono le 15.30, bisogna fare il punto con il giornale. Prima di disegnare le pagine, in via Solferino vogliono sapere com’è l’atmosfera, che facce ci sono, che facce hanno i senatori, con quale stato d’animo aspettano il discorso che – tra pochi minuti – Mario Draghi terrà anche qui a Palazzo Madama.
Uscire dalla buvette, mettersi con il naso schiacciato sui finestroni nel corridoio dei Busti, ritrovarsi con un operaio sul ponteggio esterno che chiede: «Dottò: me sa che co’ Draghi je la famo, ve?».
Allora: la sensazione forte è che i senatori se ne stiano tutti buoni e accucciati. Prima eravamo al bancone davanti alla solita ciofeca che i barman si ostinano a chiamare caffè e compare Matteo Renzi, seguito dal fedele Francesco Bonifazi (un elegantone simpatico e appassionato di barboncini bianchi: attualmente tesoriere di fiducia, ma ai bei tempi andati di Firenze noto come «Bonitaxi», perché il suo compito era un altro).
Renzi in completo blu, sbarbato, profumato, con le mani in tasca ma meno allegro, meno spaccone del solito. Un cronista, con perfidia, gli fa i complimenti per l’abbronzatura: lui replica pronto con un sorrisone forzato e spiega che non è merito solo dei viaggi in Arabia, ma anche delle corse dimagranti che va a fare sul Lungotevere, risalendo poi l’impegnativa rampa del Gianicolo (Bonifazi annuisce: il capo corre addirittura in salita). Atmosfera comunque di circostanza, Renzi sa di non potersi esibire nel consueto show, nessuno se l’è sentita di insistere e chiedergli qualcosa di Italia Viva, nei sondaggi precipitata addirittura all’1,9%.
Si rientra nel salone Garibaldi, lo sguardo scorre subito sui senatori che chiacchierano paciosi, certi hanno cominciato ad ascoltare Draghi addirittura dai maxischermi, e annuiscono. Pazzesco: poco più di due mesi fa qui, su questo parquet scricchiolante, pur di tenere in vita il governo guidato da Giuseppe Conte, avevano aperto un mercato osceno.
La tragica caccia a una ventina di «responsabili», i whatsapp pieni di strategie che Goffredo Bettini spediva da casa, Ciampolillo («In cambio del mio voto, Conte m’ha promesso che diventerà vegano») diventato un modo di dire, cercarono di truffare niente di meno che i Mastellas, provarono a far cadere in tentazione persino Paola Binetti, Rocco Casalino – terrorizzato dall’idea di dover abbandonare il suo ufficio grande come un campo da calcetto – si dava coraggio urlando «Li asfaltiamo!», un pomeriggio ricomparvero addirittura Razzi e Scilipoti: non c’entravano niente, ma sapevano di non poter mancare.
Una pena.
La politica umiliata.
Il Paese sull’orlo del burrone.
Adesso, eccoli lì i senatori con gli sguardi bassi, eccoli ascoltare Draghi che spiega un piano gigantesco, digitalizzazione/ innovazione/ competitività, strade e treni veloci anche al Sud, 248 miliardi – trovati mettendoci la faccia e garantendo per tutti noi – che possono portare il Paese dentro un futuro finalmente possibile, e magari, chissà: persino grandioso.
Forse i senatori colgono la solennità del momento, forse è che Draghi è Draghi. Poco fa, cominciando il suo intervento, li ha chiamati «onorevoli deputati»: l’hanno corretto, lui però si è riconfuso e ha ripetuto «onorevoli deputati»; e quando alla fine l’ha azzeccata, definendoli «senatori», è partito l’applauso (più riconoscente, che ironico).
Pure Matteo Salvini: eccitato dall’aver ottenuto che il coprifuoco a maggio verrà rivalutato, ma in altri passaggi addirittura ossequioso. «Grazie, Draghi. Restituisce autorevolezza all’Italia». E al mattino, da Myrta Merlino all’Aria che tira, su La 7: ragionevole, misurato – «Noi, lealmente al governo».
«Però quando ricomincerà a lagnarsi – riflette il senatore Paolo Romani – io penso che Salvini possa comunque essere una risorsa, per il governo». Non la seguo. «Qual è il vero talento di Salvini? Capire la pancia del Paese. Le sue fitte, i crampi. Quindi, va utilizzato così». Un sensore. «Esatto. Chiedersi sempre perché Salvini fa il suo capriccetto».
Passa Maurizio Gasparri, berlusconiano di antico rango: «Suggerisco di augurare a Draghi buon lavoro. Siamo dentro giorni che possono cambiare la storia dell’Italia».
Passano un bel po’ di grillini, ma parlarci è tempo perso: sull’efferato discorso di Grillo in difesa del figlio restano – coraggiosamente – a bocca chiusa; e poi comunque hanno tutti in testa sempre e solo lo stesso stucchevole problema: potrò farmi un terzo giro da senatore o sarò costretto a trovarmi un lavoro?
Arriva il bollettino Covid: 10.404 nuovi casi e 373 morti. Il tasso di positività scende al 3,4%. In calo i ricoveri nelle terapie intensive.
Usciamo dal Senato e si cammina nei vicoli di Roma ragionando su questi dati, sul piano di Draghi, sul destino di questo Paese.
È notte.
Ma forse, laggiù, s’intravede un po’ di luce.