il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2021
Libia, a Bengasi il capo resta Haftar
Definire umiliante lo stop alla visita di Abdul Hamid Dbeibeh, la prima di un premier libico dopo lo scoppio della seconda guerra civile libica del 2014, a Bengasi, è riduttivo. Il neo premier del governo di unità nazionale libico (GNU) basato a Tripoli sarebbe stato bloccato da uomini armati al suo arrivo all’aeroporto di Benina che collega la Cirenaica alla Tripolitania. La milizia armata assieme a civili ostili alla costituzione di una Libia unita, due giorni fa, ha impedito al primo ministro e alla delegazione governativa che lo accompagnava di lasciare lo scalo della Libia orientale per raggiungere la vicina città-roccaforte del generale ribelle Khalifa Haftar. A Bengasi, Dbeibeh avrebbe dovuto tenere una riunione di gabinetto ma questo smacco, per usare un eufemismo, dimostra che l’operazione di transizione promossa a partire dall’autunno scorso dalle Nazioni Unite, per portare la Libia a elezioni generali alla fine dell’anno, potrebbe naufragare.
Un fallimento che riporterebbe il Paese indietro di un anno quando l’esercito dell’allora governo di accordo nazionale libico di Fayez al-Sarraj combatteva contro i mercenari di Haftar, fra cui i russi di Wagner (società di un oligarca vicino al presidente Putin), egiziani, sauditi ed emiratini. Solo l’intervento di altri miliziani, soprattutto siriani, armi e droni armati inviati dalla Turchia ha ribaltato la situazione sul terreno consentendo alle forze di Sarraj di sgominare l’assedio di Tripoli e riguadagnare tutto l’Ovest (la Tripolitania) fino a Sirte. È in questa città che fornisce l’accesso alla zona dei pozzi petroliferi e di gas sulla terraferma e nel mare che passa la linea rossa imposta da Haftar. Ma è Bengasi il luogo simbolo di una possibile riconquista dell’unità nazionale che, a giudicare da quanto è accaduto rimane lontana. Il premier Dbeibeh, grazie al consenso del presidente turco Erdogan che, pur su fronti opposti qui in Libia, è colui che si sta spartendo il Paese con Putin, domenica era volato a Bengasi sicuro che la propria agenda sarebbe stata implementata. Dbeibeh era già stato in Cirenaica nel marzo per prestare giuramento nella città di Tobruk, sede del parlamento anche del proprio governo. Nonostante il Consiglio di Sicurezza dell’Onu abbia approvato l’invio di osservatori per il monitoraggio del cessate il fuoco, il conflitto civile non sembra si concluderà a breve perchè rimangono nel paese migliaia di mercenari. L’Onu ha accusato apertamente i paesi che li hanno mandati a sostenere le diverse fazioni di aver destabilizzato la Libia e di continuare a farlo. Dbeibeh aveva precedentemente annunciato la sua intenzione di tenere riunioni di gabinetto in diverse città del paese, in particolare a Bengasi che è anche la seconda città più grande della Libia oltre che la tana di Haftar. Una fonte che ha chiesto l’anonimato citata dalla tv qatarina Al Jazeera ha spiegato che la delegazione includeva un certo numero di funzionari della sicurezza, le guardie del corpo del primo ministro e altro personale del governo. Mohamed Hamouda, un portavoce del governo ad interim ha scritto che il viaggio sarà riprogrammato.
Le due fazioni hanno fornito le loro versioni. In una si legge che è stato il primo ministro ad interim ad aver annullato la visita dopo che una squadra di sicurezza armata del governo è stata respinta all’aeroporto di Bengasi. Un funzionario delle forze di Haftar invece ha riferito che la squadra di Tripoli aveva chiesto di assumere la sicurezza dell’aeroporto durante la visita del primo ministro, richiesta non concessa dai funzionari dello scalo. Molti funzionari governativi, compreso il capo del consiglio presidenziale, avevano già visitato Bengasi e la sicurezza dei loro viaggi era stata gestita dalle forze presenti in città senza incidenti. Va ricordato che tutto ruota attorno allo sfruttamento delle enormi risorse energetiche della Libia e agli appalti per la ricostruzione che vedono la Turchia in pole position. Ecco perché i gruppi armati locali e stranieri rimangono radicati in tutto il Paese, Inoltre c’è la frattura tra governo e Parlamento. I legislatori si sono opposti ai piani di bilancio di Dbeibeh. La settimana scorsa il premier ha incontrato a Tripoli gli sfollati da Bengasi e i suoi commenti hanno fatto infuriare Haftar e le altre fazioni dell’est. Alcuni manifestanti si sono radunati a Bengasi per protestare contro Dbeibeh proprio domenica scorsa.