ItaliaOggi, 27 aprile 2021
Annalena Baerbock, la donna che guida i Verdi tedeschi
I verdi sembrano già aver vinto, grazie ad Annalena. In base ai sondaggi, sarebbe la probabile Cancelliera, alla fine dell’era Merkel, al voto del 26 settembre. Der Spiegel la mette in copertina, una consacrazione, e scrive che la maggioranza dei tedeschi la preferisce agli avversari, ottiene più preferenze dei rivali messi insieme, il 30,2, contro il 16,1 del socialdemocratico Olaf Scholz, e il 13,6 del cristianodemocratico Armin Laschet.
Di colpo, dopo la nomina di Annalena Baerbock, 40 anni, i verdi superano la Cdu/Csu, il 31 contro il 21. Per un altro sondaggio, più realista, battono di un punto i cristianodemocratici di Frau Merkel, il 28 contro il 27. I socialdemocratici di Scholz arriverebbero appena al 13, un disastro, e la Bundeskanzlerin Annalena avrebbe il privilegio della scelta: allearsi con la Cdu/Csu, come da otto anni nel Baden Württemberg, o formare un governo a tre, una novità assoluta nella storia della Repubblica Federale, con l’Spd e la Linke, la coalizione che governa (male) Berlino. Avrebbero una maggioranza risicata, il 51%, ma in Germania basta. Konrad Adenauer riuscì a governare con un solo deputato in più.
Perfino Madame Christine Lagarde, che ha preso il posto di Draghi alla Bce, confessa di essersi emozionata alla notizia della candidatura di Annalena. L’emozione non dovrebbe far dimenticare un prudente realismo. Quattro anni fa, scelto come sfidante della Merkel, con il 100%, un plebiscito storico per i socialdemocratici sempre divisi e litigiosi, il bravo Martin Schulz superò a gennaio nei sondaggi Angela Merkel, data frettolosamente per spacciata.
Schulz mise la barra tutta a sinistra e a marzo, al primo test regionale nella Saar, andò a schiantarsi contro il «muro» della Linke. Allora cambiò rotta puntando al centro, troppo tardi, e a settembre alle elezioni nazionali ottenne il 20,2%, un disastro, il peggior risultato di tutti i tempi, che sarà battuto probabilmente fra cinque mesi, dal suo quasi omonimo Scholz. Nel 2011, la verde Renate Künast si vide già borgomastra di Berlino, il partito grazie a lei era balzato in testa con il 30%, ma al voto i berlinesi restarono fedeli al sindaco socialdemocratico Klaus Wowereit. «L’entusiasmo è pericoloso», ammonisce la Süddeutsche Zeitung.
Annalena, anche se non ha esperienza, è troppo avveduta per compiere gli errori di Schulz, le basterebbe stare ferma, e non parlare troppo, per non perdere il vantaggio. Ma i suoi verdi, secondo la tradizione, già sono all’opera per un autogol. Nel 2013, persero almeno un milione di voti mettendo in programma un giorno vegano nelle mense in fabbrica e a scuola. Non toccate i würstel ai tedeschi. Domenica nella capitale, insieme con la Linke, hanno organizzato una manifestazione per indire il referendum su Berlin auto free. Se vincono, nel 2027 si andrà a piedi o in bicicletta. Alla manifestazione, sulla Leipzigerstrasse, erano quattro gatti, e la metropoli non è tutta la Germania, ma basta a spaventare gli elettori.
I referendum non sono contemplati dalla Costituzione tedesca, diciamo che sono un consiglio a chi governa. I berlinesi avevano votato contro la chiusura dell’aeroporto di Tegel (anch’io, per quel che conta), ma lo hanno chiuso lo stesso. L’area dello scalo è un boccone troppo ghiotto per la speculazione edilizia. Entro il 2023, dovranno essere raccolte 170 mila firme, e solo dopo 4 anni si potrà votare per il Volksentscheid. Vedremo. Entro il ring, l’autostrada urbana, dovrebbero circolare solo taxi, mezzi pubblici, polizia e ambulanze. Chi vive al centro potrà chiedere al municipio il permesso per 12 giri in auto all’anno.
I verdi hanno molte anime. A Stoccarda gli ecologisti, primo partito da otto anni, vanno pragmaticamente d’accordo con le centrali nucleari e la Daimler. L’auto traina sempre il Made in Germany, in piena pandemia VW, Bmw, Audi, e la Mercedes hanno venduto il 30% in Cina. Che ne pensa la loro leader? Prima o poi, in campagna elettorale, Annalena non potrà rimanere vaga, dovrà dire da che parte pende, tra pragmatici e fondamentalisti. I compagni nelle fabbriche amano la natura, ma si preoccupano per il posto di lavoro.