la Repubblica, 26 aprile 2021
Torna il giallo che è anche colore del sogno
Ventisei aprile: le terrazze e gli affacci, i gradini e i giardini, da oggi finisce la clausura e l’Italia ritorna per strada: «ci si contagia nel chiuso – ha detto il ministro Speranza – e ci si protegge all’aperto». E l’aperto è la forma della vita dell’italiano che cerca l’estate tutto l’anno. Maggio poi è il mese delle guarigioni, il rimedio onnipotente che i medici prescrivevano ai malati ben prima del Covid 19, la dolce aria tiepida come terapia intensiva, il fresco profumato di Positano come ventilatore polmonare. Torna il sogno e il bisogno dell’anticorpo che si respira e non si inietta, non ha gli effetti collaterali di AstraZeneca, e andrebbe già bene se durasse solo quattro mesi, illusione già sperimentata l’anno scorso quando non abbiamo ucciso il virus, ma lo abbiamo stordito di afa e di sudore e l’abbiamo addormentato sino all’autunno. Oggi si ricomincia girando nel giallo, che non è solo il colore del rischio calcolato, ma è anche il colore del sole e perciò della vita fuori di casa che è il diavolo italiano delle pergole e delle verande, le logge e i balconi, le altane e i belvedere, con i tavoli sui marciapiedi e la luce ancora di sera. L’Italia di fuori è «l’Italia dei ninfei e delle prospettive, degli orti e dei cortili, tutti creati per dare agio e scena ad una felice abitazione» diceva Gio Ponti già nel 1928. È vero che oggi comincia anche il tempo del «vediamo come va», i giorni dell’esame, del «fusse che fusse la volta bona», sempre sul chi va là, con le ansie sui numeri dei contagi e dell’indice che forse va su o forse va giù, «le discese ardite / e le risalite», i controlli e gli assembramenti, la paura repressa dei vaccinati di prima fiala: mezzo vaccino e tempo sospeso, tra aperitivi velati dalla malinconia. E sarà la ripartenza, già a maggio appunto, del mare di spiaggia e canzoni, ciascuno con il suo Recovery plan di sabbia e di iodio, sognando il giro d’Italia con il pass vaccinale: il lido di Venezia e l’isola di Capri, la formica di Capraia, l’Elba, Montecristo, e qualcuno che grida «quella è la Sardegna» ma chissà che cosa ha visto, e poi l’Adriatico, la Romagna balneare, chioschi, cabine verniciate a strisce, lettini, ombrelloni, mosconi, risciò, radioline portatili, sandali e giocattoli di plastica, «pinne, fucili ed occhiali», creme solari, “cinzanini” arbasiniani, ghiaccioli e lattine, il panorama di Posillipo e i roof garden affacciati sulla spiaggia di Milano Marittima, i primi tormentoni e le prime canzoni dedicate alle vacanze: «per favore, un tavolo per quattro dove si può abbracciare con lo sguardo tutta la riviera», l’Italia sino alle 22 cena in giallo, mentre il giorno si spegne lento come nei versi di Gozzano, e suona il coprifuoco solo quando «i monti s’abbrunano in coro / il Sole si sveste dell’oro / la Luna si veste d’argento».