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 2021  aprile 25 Domenica calendario

Intervista al conte Giberto Arrivabene

Il conte Giberto Arrivabene Valenti Gonzaga è uno degli ultimi aristocratici di Venezia che vive ancora nella sua città e nel palazzo dove è nato e ha trascorso l’infanzia, per poi tornarci con la moglie Bianca di Savoia Aosta. Hanno cinque figli, quattro femmine e un ragazzo, un cane e alcune barchette, perché a Venezia o prendi il vaporetto o devi avere la tua barca per spostarti. La sua azienda produce bellissimi oggetti in vetro a Murano.
Da 200 anni la sua famiglia è proprietaria del cinquecentesco Palazzo Papadopoli. Qual è la storia?
«È uno degli otto palazzi monumentali di Venezia ed è un grosso problema mantenerlo, sono più di 7000 mq. Mio padre è morto quando avevo 9 anni e ho dovuto fare i conti con la situazione economica della famiglia che non era buona. Avevamo molti debiti e le mie due sorelle volevano vendere. Non vendere è stato un punto d’onore per me, ma trovare una soluzione è stato molto complicato».
Il palazzo è molto famoso per gli affreschi del Tiepolo.
«È monumento nazionale, come tutti i Palazzi sul Canal Grande. Abbiamo Tiepolo e Guaranà ed è l’unico con due grandi giardini. È stato di grande aiuto perché io e mia moglie abbiamo iniziato ad affittarlo per feste e matrimoni, ma abbiamo usato solo una parte della casa. Quindi Adrian Zecha, il fondatore di Aman Resorts, si è messo in contatto con me e mi ha detto: "Sono 15 anni che cerco di realizzare a Venezia un Aman Resort e voglio questa casa". Ci siamo messi d’accordo per realizzare 40 appartamenti e io mi sono tenuto una parte per viverci».
Adesso vive negli ultimi due piani del palazzo, ed è come se gli ospiti dell’Aman fossero suoi ospiti. Si ritiene una risorsa per l’hotel?
«Gli ospiti vengono accolti da un filmato di 20 minuti sul restauro del palazzo e la sua storia. Quindi devono incontrarmi e vedermi. Mi chiedono com’è vivere in cima a un Aman e devo dire che è un vero sogno. Sono davvero molto fortunato».
La sua vetreria GIBERTO è il suo hobby, la sua passione e il suo lavoro. Fa anche pezzi unici come i busti di vetro ispirati a sculture romane.
«Il mio orgoglio è la Paolina Borghese di Canova. 77 chili di vetro. Siamo andati alla galleria Borghese, abbiamo scansionato la statua e poi abbiamo seguito un lungo procedimento insieme al mio amico Adam Lowe, il proprietario di Factum Arte, una delle più importanti aziende che fanno e copiano arte nel mondo. La Paolina in vetro è stata acquistata dal Victoria and Albert Museum dove fa parte di una mostra permanente».
Com’è la sua vita a Venezia?
«Sono consulente di AON, il più grande broker assicurativo del mondo e prima della pandemia un giorno alla settimana andavo in sede, a Milano. A Murano non vado tutti i giorni, forse due volte alla settimana».
Purtroppo la città è vuota adesso e i ristoranti e i bar sono tutti chiusi. Anche se vive qui dall’infanzia, probabilmente non l’ha mai vista così
«Adesso, in questo momento, incontri solo veneziani, che normalmente non vedi mai, perché la città è piena di turisti quindi si mescolano e non li riconosci. Ma ora è divertente, perché cammini per la città e senti tutti dire "Ciao! Come stai? Come sta tuo padre? Come va?". La città è estremamente vivibile, ma ovviamente non possiamo sopravvivere così. Dobbiamo fare qualcosa molto, molto rapidamente».
Pensa che l’Aman Hotel sarà di nuovo pieno in estate?
«Sono sicuro che avremo un boom turistico a Venezia il prima possibile. Il problema è che la maggiore parte dei turisti arriva dall’estero. Non appena lasceranno volare gli americani in Italia, andrà di nuovo bene».
Venezia sta diventando la capitale italiana dell’Arte?
«Lo è da tempo: ha la grande Biennale. La Biennale delle Arti. La Biennale di Architettura che inizia adesso. Venezia è un museo, ma va vissuta. Siamo un piccolo villaggio internazionale. Ci sono molte comunità: inglese, francese, americana».
Perché i veneziani sono così aperti con gli stranieri?
«Prima di tutto ci sono abituati, secondo, sono mercanti. Quando le persone arrivano con soldi, prendono casa e pagano, sono le benvenute».
Sua moglie Bianca è una Principessa Savoia e anche la nipote del Conte di Parigi, pretendente al trono di Francia. Siete anche ambasciatori della Città di Venezia. Le piace far conoscere la sua città?
«Assolutamente. Siamo molto orgogliosi della nostra città. E Bianca, ancora più di me».
Se avesse un amico che non ha mai visto Venezia, cosa gli consiglierebbe di fare?
«Dipende dal periodo dell’anno. In estate escluderei agosto, che è caldissimo. Giugno è bellissimo, o adesso. C’è così tanto da vedere. Ci sono duecentosettanta chiese e tutte hanno dentro un paio di Tiepolo o di Veronese. Bisogna avere una buona guida, perché se rimani due, tre giorni, non puoi vedere tutto. Dovresti restarci un anno. Quando vado in giro mi capita - ma sempre - di vedere qualcosa che non avevo mai notato prima, una porta, una chiesa, un quadro, una scultura in marmo in cima a una finestra. Ovviamente devi vedere la Basilica di San Marco, ma anche le isole, Murano o Torcello, dove la chiesa ha quasi 2000 anni».
È stato facile crescere cinque bambini a Venezia?
«Sì fantastico. Non hai rischi, non ci sono le auto! Adesso le mie ragazze sono tutte cresciute e vivono in giro per il mondo, ma tornano spesso a casa e adorano stare a Venezia».
Vive in un edificio che ha un hotel, avrà incontrato molte persone interessanti?
«Ricordo di aver incontrato la nipote di Matisse, davvero affascinante e una volta mi chiamano: "Scendi? C’è un signore che vuole incontrarti". Così arrivo giù e c’è questo signore che avrà forse 80, 85 anni, molto elegante, con una signora di 70 al fianco. Grandi sorrisi. Mi stringe la mano e dice: Albert Speer. E io: "Cosa intende con Albert Speer? È morto". E la moglie mi spiega: "È il figlio di Albert Speer che, tra l’altro, è anche lui un architetto"».