Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  aprile 25 Domenica calendario

In Montenegro, strangolato dai debiti con la Cina

MATESEVO (MONTENEGRO) — Le pietre del Montenegro sono dure come l’acciaio, taglienti come il vetro. Risalire la montagna su questo canalone che accoglie l’autostrada cinese infligge mille tagli alle suole degli scarponcini. È proprio qui, nel cuore di roccia dei Balcani, che i cinesi sono venuti a costruire quella che in Europa tanti già chiamano l’autostrada nel nulla. Un’opera di ingegneria e di ingegno superbo. Che però è soprattutto una superlativa mossa di geopolitica, un bastone fra le ruote della Ue. Una zeppa che potrebbe mandare in tilt Bruxelles e anche Paesi importanti come Francia e Germania.
Visti dalle rive del Moraca, il fiume che scende verso la capitale Podgorica, questi piloni del viadotto spuntano dalla vallata di roccia come missili pronti a decollare verso lo spazio. Altissimi, sproporzionati per un’autostrada europea, ma soprattutto per uno Stato piccolo come il Montenegro. Dovrebbe collegare il porto montenegrino di Bar al confine con la Serbia e poi a Belgrado, ma per molti questa strada è già un’incompiuta. Il Montenegro dal 1° luglio deve iniziare a ripagare un debito di quasi 1 miliardo di dollari con la Cina. Sarà una prima rata di 61 milioni. Non ha i soldi. E non li avrà per costruire gli altri 80 chilometri.
La “China Road and Bridges Corporation” cinese deve ancora terminare i primi 41 chilometri di strada; mancano altri due tratti per unire Bar al confine serbo, non finanziati. E poi servirà il tratto che dal confine serbo porterà fino a Belgrado. Ma soprattutto non ci saranno le automobili e i camion che dovrebbero pagare i pedaggi: ci vorrebbero 12 milioni di auto all’anno, 32.800 al giorno. Ce ne saranno al massimo 3 o 4 mila.
Il Montenegro è un Paese di 620 mila abitanti, che vive solo di turismo (in questi mesi paralizzato dal Covid), di servizi vari e di aiuti internazionali. Un debito di quasi 1 miliardi di dollari, per solo un terzo di un’autostrada, è un quarto del debito di tutto il Paese. Per cui la Cina di fatto si è “comprata” il Montenegro: ci sono clausole segrete nel contratto, se il Paese non paga sarà costretto a cedere qualcosa a Pechino. Quando lo Sri Lanka non ha pagato il debito per costruire un mega-porto, Pechino se l’è preso per 99 anni. Piccolo particolare: il Montenegro è il primo candidato a entrare nell’Unione europea, un candidato che (formalmente) avrebbe tutte le carte in regola.
Chi ha provocato questa improvvisa attenzione per l’autostrada è il giovane Dritan Abazovic, vicepremier nel governo sostenuto da un’alleanza di tre coalizioni di piccoli partiti. Abazovic è un personaggio nuovo nel panorama montenegrino: 35 anni, leader di un partitino riformista multietnico, Ura, che in Europa è affiliato ai Verdi. Lui è albanese, ma dice «siamo un partito montenegrino, siamo cittadini di tutte le etnie». Due settimane fa è andato a Bruxelles a dire che «la Ue ci deve aiutare a pagare, il Montenegro non riuscirà a ripagare quel debito». La richiesta ha provocato reazioni, i portavoce della Ue hanno risposto che «l’Europa non può pagare i debiti che un Paese ha contratto con un Paese terzo». Ovvero, la Ue non può pagare con i soldi dei suoi cittadini i debiti di Podgorica con la Cina. Nel suo ufficio nella sede del governo Abazovic cambia formula: «Non pagate voi, ma dobbiamo trovare una modalità. Non abbiamo nulla contro i cinesi, abbiamo tutto contro il governo precedente: eravamo all’opposizione, abbiamo votato contro una legge che ha permesso questo contratto segreto».
«Per molti questa non è un’autostrada, è un cavallo di Troia». Miodrag Lekic era il bravissimo ambasciatore jugoslavo in Italia negli anni di Milosevic e della guerra del Kosovo. Diplomatico e accademico raffinato, è montenegrino di nascita: adesso è presidente della commissione esteri dell’Assemblea nazionale di 81 deputati. «I cinesi non sono ingenui, sapevano perfettamente che la nostra economia è debolissima, che avremmo avuto difficoltà a ripagarli: si sono tutelati. Nel contratto segreto col governo del partito di Milo Djukanovic hanno preteso che ogni contestazione legale verrà decisa dal tribunale di Pechino. Se ci sarà una causa, una lite, comunque la deciderà Pechino. La Cina gioca la sua partita anche così, anche attraverso il Montenegro, nei Balcani e per tutta l’Europa».
Ma chi ha voluto quel contratto? È Djukanovic: oggi è ancora presidente della Repubblica, col suo partito ha governato per 30 anni ma nell’agosto 2020 per la prima volta ha perso le elezioni. Lui e il suo partito sono ancora potenti. Dragan Krapovic, ex sindaco di Budva, la “Rimini” del Montenegro, vicepresidente del Fronte democratico (maggioranza) indica nei traffici degli uomini di Djukanovic il motivo di quel contratto. Lui non lo dice, lo diciamo noi: il più grande sub-appaltatore dei cinesi nell’autostrada è la “Bemax” montenegrina. Fa riferimento a un ex ministro di Djukanovic, ma il suo volto pubblico è Veselin Kovacevic. Un ex proprietario di bar: solo che era il bar dove si riunivano gli uomini di Djukanovic. La Bemax ha già avuto sub-appalti dalla Crbc cinese per 240 milioni di dollari. Pochi mesi prima che venisse firmato il contratto segreto con i cinesi, la Bemax ha iniziato a comprare tutte le macchine per il movimento terra in Montenegro. In sintesi: oggi la Bemax è straricca, il Montenegro è strapovero e la Cina ha messo in scacco l’Europa. Se la Ue non aiuterà a trovare i soldi per pagare quel debito, la Cina diventerà “proprietaria” di uno Stato candidato a entrare nell’Unione. Trappola cinese nei Balcani europei.