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 2021  aprile 24 Sabato calendario

Chi legge Fusco non se ne pente


Per molti Gian Carlo Fusco è diventato una leggenda. Nato a La Spezia nel 1915 e morto a Roma nel 1984 ha sognato una vita avventurosa che lo vede di volta in volta pugile, avventuriero, soldato (anche la Legione Straniera), attore. Nel sogno qualcosa di vero c’era, come ha dimostrato il suo biografo Dario Biagi, che di recente ha anche pubblicato un suo inedito carteggio amoroso, ma molto era ben inventato, come si conviene ad un giornalista e scrittore di notevole livello, pronto a misurarsi con la letteratura di genere. Come nel noir Duri a Marsiglia (ristampato nel 2006 da Einaudi) dove Charles Fiori, alias Fusco, entra nel giro della mala grazie ad alcuni siciliani. La prosa, ha scritto Nello Ajello, «ha un profumo Anni Trenta un po’ Longanesi e tanto Jean Gabin», ma a me Fusco fa anche venire in mente i protagonisti delle canzoni di Fred Buscaglione, «Tu fumavi mille sigarette, io facevo il grano col tresette». Fu Manlio Cancogni a mandare al Mondo un articolo di Fusco e Pannunzio ne volle subito un altro. Poi ci furono Il Giorno, l’Europeo, l’Espresso. Sul Giorno di Baldacci e poi di Pietra aveva una colonna quotidiana molto letta. È all’inizio degli anni Sessanta che Tullio Pericoli, (lo racconta in Incroci, Adelphi) approda a Milano con un fascio di disegni arrotolati. Ha una lettera per Fusco scritta da Cesare Zavattini. Fusco lo accoglie ( a Zavattini, commenta, non si può dire di no) e la sera, per un paio di mesi, lo porta in giro per night tipo il Sir Anthony fuori Lambrate dove le entraineuses «tutte un po’ pienotte ci accoglievano e coccolavano». Oppure, seguita Pericoli, si andava al ristorante Bagutta, frequentato da giornalisti e scrittori. Poi una volta Fusco portò Pericoli con i suoi disegni al Giorno e gli cambiò la vita.Che tipo di scrittore era Fusco? Un narratore eccellente: frasi brevi, costruzioni semplici, distacco ironico. Un cronista che rendeva attuali storie ormai lontane. È l’Italia di Mussolini ad attirare la sua attenzione: Mussolini e i bravacci della marcia su Roma tipo Dumini poi tra gli esecutori del delitto Matteottti, Mussolini che progetta l’Impero, promettendo di spezzare le reni al Negus e poi alla Grecia, correndo verso la catastrofe. Mussolini donnaiolo e guerriero che va in Albania per eccitare i suoi soldati. Sono ritratti, bozzetti dal vivo, col dialogo, se c’è, riportato tra virgolette. Come faceva Fusco a sapere certe cose? Come faceva, per esempio a sapere che Benito faceva sorvegliare il telefono della Petacci e così scoprì che c’era un altro nella sua vita e fece fuoco e fiamme? Fusco è un narratore onnisciente, un testimone per vocazione oculare, come devono essere i cronisti, ma anche i grandi narratori. Ecco i ritratti di Ettore Muti, Italo Balbo, D’Annunzio… Un controcanto alla retorica del tempo. Le rose del ventennio,Mussolini e le donne, tanto per citare due titoli recuperati insieme a diversi altri da Sellerio a partire dal 2000 e curati da Beppe Benvenuto, rappresentano bene il Fusco narratore indiscreto. Mussolini un giorno va a sciare al Terminillo mentre la Petacci è afflitta dai suoi malanni. Il duce ostenta il torso nudo e intanto adocchia una bella fanciulla che, chissà come mai, non lo degna di uno sguardo. Benito chiede subito ai suoi di indagare e presto salta fuori che si tratta di una prostituta, con tanto di patente… Ecco le prostitute, altro gran capitolo accanto ai night, alla mala e ai gerarchi del ventennio. Nel ’65 Fusco firmò un volume collettivo, illustrato da Mino Maccari per Canesi intitolato Quando l’Italia tollerava. Suo era il lungo racconto che decifrava il mondo delle case chiuse, facendo il ritratto delle tenutarie e dei parassiti che senza pudore intascavano le loro percentuali. Il giro d’affari era cospicuo, le case divise per categorie come gli alberghi. Fusco racconta anche del tentativo di creare un giro internazionale coinvolgendo i francesi. Ma dopo un sopralluogo i francesi avevano fatto sapere che tra i nostri bordelli e i loro, assai più lussuosi, non c’era gara. Nella seconda parte del libro figurano alcuni racconti di scrittori. Il primo è Buzzati che, sapendo di dare scandalo, condanna la chiusura dei casini, avvenuta per altro pochi anni prima, nel ’58. Per la verità la senatrice Merlin aveva presentato il suo disegno di legge nel ’ 48, ma aveva faticato a farlo passare e poi c’erano state diverse proroghe. Ad un certo punto in Parlamento si era discusso se fosse lecito, nelle case chiuse, mangiare e bere e qualcuno aveva subito detto che in quel modo si trasformavano in ristoranti- albergo. Poi c’era una grande differenza tra le case per ricchi, frequentate a suo tempo dai gerarchi e anche da Mussolini, e quelle coi prezzi più bassi, per la truppa. Il libro edito ha anche qualche fotografia d’epoca. Sono documenti malinconici senza nulla di trasgressivo né tantomeno di erotico. Fusco doveva averle frequentate anche lui e comunque aveva spiato tutti gli attori (e le attrici) delle case che Fellini resuscitò per il cinema. Anche qui sapeva tutto. Persino i progetti dei protettori. Uno, che aveva una casa a Milano in via Fiori Chiari pensava di aprirne una ad Addis Abeba. Perché? Perché Addis Abeba, gli avevano detto, vuol dire fiore bianco, dunque come Fiori Chiari… Un destino.Ogni tanto Fusco risorge dall’oblio. Poco dopo la sua scomparsa Natalia Aspesi curò una bella antologia di scritti per Laterza ( Il gusto di vivere) andando a intervistare la sorella Franca per sapere qualcosa di più dell’eccentrico fratello. Di Sellerio abbiamo detto. Oltre ai già citati, aggiungiamo Guerra in Albania, L’Italia al dente, Gli indesiderabili, La lunga marcia… Quando l’Italia tollerava è stato ripreso nel ’95 da Neri Pozza. Chi legge Fusco non se ne pente.