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 2021  aprile 24 Sabato calendario

Vivendi vince ancora

Parigi
Un altro punto per Vivendi, la media company di Vincent Bolloré, nella battaglia con Mediaset. Dopo che il magnate francese ha vinto il primo round nella battaglia giudiziaria sul risarcimento miliardario richiesto dal Biscione, una nuova sentenza annulla una delibera sul «piano di compensi» presa dall’assemblea di Cologno di tre anni fa. Secondo il Tribunale di Milano va disapplicato con effetto retroattivo l’articolo della Legge Gasparri (Tusmar) sulla base del quale Simon Fiduciaria – il trust in cui il gruppo francese ha dovuto congelare il 19,9% del 29,9% totale – non era stata ammessa a votare. Probabile che Vivendi possa così vincere altri ricorsi già presentati sulla falsariga del primo e annullare, ad esempio, altre decisioni già prese come quella sul voto maggiorato. Un possibile caos che il cda di Mediaset affronterà lunedì.
Intanto Vivendi, forte di conti che dimostrano una buona resistenza alla crisi (fatturato a +5%) e di un «tesoretto» messo insieme con lo scorporo della major musicale Universal, si sta lanciando in uno shopping forsennato. Analisti del settore sottolineano che «adesso spetta ai Berlusconi decidere cosa fare, se mediare davvero con Bolloré, che ha il coltello dalla parte del manico». Quel manico è costituito proprio dalle azioni del Biscione nelle mani di Vivendi. Il 20% lo detiene una fiduciaria (Simon) che non aveva il diritto di voto nelle assemblee. Ma dopo la bocciatura da parte della Corte europea della norma del Tusmar sugli incroci azionari nelle società di telecom, Vivendi può far sentire la propria voce. E lo farà all’assemblea di Mediaset a fine giugno, dove saranno rinnovati gli organi sociali: lì Vivendi utilizzerà il suo quasi 30% di quota nel capitale finalmente con gli annessi diritti di voto.
A Parigi fonti vicine al dossier definiscono «il problema Mediaset ormai secondario per Bolloré: qui alla richiesta di tre miliardi di danni non ci aveva mai creduto nessuno». E infatti la sentenza del 19 aprile (che sarà impugnata da Mediaset) prevede appena 1, 7 milioni. «Vivendi si sta impegnando su altri fronti – continua la stessa fonte –, con l’obiettivo di costituire un colosso dei contenuti per i media. I Berlusconi devono decidere se negoziare e, al limite, allinearsi in quel progetto dietro Bolloré». A fine marzo l’assemblea di Vivendi ha approvato la distribuzione del 60% di Universal fra gli azionisti del gruppo come «special dividend».
La major, che sarà quotata alla Borsa di Amsterdam, è valutata più di 30 miliardi. Il 20% è stato già venduto l’anno scorso ai cinesi di Tencent per sei miliardi. Grazie alla nuova operazione, Vivendi metterà le mani direttamente sul 20% di Universal, da poter cedere sul mercato. Potrebbe incassare intorno ai sei miliardi. E intanto ha ottenuto oltre dieci miliardi di linee di credito.
Insomma, Vivendi (e il suo patron Bolloré) avrebbero a disposizione più di 20 miliardi per costituire quell’impero nell’industria dei contenuti, che un tempo volevano creare insieme coi Berlusconi. Bolloré si è già lanciato in una serie di sfide. Tra le altre, ha acquisito il 25% del gruppo Lagardère e vuole mettere le mani sui suoi asset più appetibili, tipo le attività internazionali dell’editore Hachette. Ed è in lizza per recuperare in Francia la tv M6 e la radio Rtl, che cedono i tedeschi Bertelsmann. Lì, tra i contendenti, si ritrova contro il Biscione. Ieri Marco Giordani, direttore finanziario di Mediaset, ha ribadito la volontà di puntare a M6 («Non la vedo facilissima, ma ci proveremo»), ricordando anche la loro presenza in Germania (hanno il 25% di ProsebienSat), dove «il nuovo Cda sarà eletto l’anno prossimo e presenteremo i nostri candidati». Quanto a Vivendi, «fortunatamente le aziende vivono fuori dai tribunali – ha detto –: alla fine una soluzione verrà trovata». Mediaset vuole concentrarsi sul business, provando a lasciarsi alle spalle – per quanto possibile – la stagione delle carte bollate. Quella in cui i francesi si stanno prendendo la rivincita. —