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 2021  aprile 24 Sabato calendario

Intervista a Greta Scarano

Stropicciata, ingrassata, decolorata. Molto arrabbiata. E dalla parte sbagliata delle storie d’amore: quella di chi lascia. Smessi i panni di Ilary Blasi nella miniserie Sky su Francesco Totti, l’attrice 34enne Greta Scarano è la protagonista, insieme al coetaneo romano Simone Liberati, della serie in 3 serate di Gianluca Maria Tavarelli Chiamami ancora amore, una sorta di Kramer contro Kramer all’italiana in onda su Rai1 dal 3 maggio e su RaiPlay da lunedì. La storia di una coppia che si ama, forma una famiglia e dopo 12 anni scoppia, coinvolgendo in una guerra di avvocati e assistenti sociali il figlio, i genitori, gli amici e chiunque si metta in mezzo. «Questa non è una storia, è un pezzo di noi. Un momento di verità in un mondo in cui tutto è finto e filtrato dai social».
È la serie giusta da guardare adesso?
«Certo. Non è solo il racconto di una relazione, ma è anche un thriller familiare. Non si soffre soltanto. In quella guerra tra coniugi si nasconde un mistero. È una serie che io mi guarderei in binge watching».
Girandola le è venuta voglia di fare un figlio o le è passata?
«Mi ha confermato che il carico della maternità è pesante, soprattutto quando non si hanno aiuti. Forse un giorno adotterò: non credo che essere genitori consista solo nel partorire un figlio, ma anche nel prendersene cura e dargli gli strumenti per stare al mondo. Ho 34 anni e l’idea mi spaventa meno di prima».

In Montalbano spezzava un fidanzamento, qui un matrimonio: il consenso popolare non le interessa?
«Cerco di fare cose belle. Sono un’attrice, interpreto dei ruoli e mi piace far riflettere la gente. Se poi c’è chi non sa distinguere tra finzione e realtà, alzo le mani. Se passo per cattiva io, allora che dovrebbe dire Anthony Hopkins, che interpretava Hannibal Lecter?»
Due anni fa, nella serie Non mentire, era una vittima di stupro. Che effetto le fa il caso Grillo?
«Dal punto di vista dell’autodeterminazione femminile, l’Italia è un disastro. Non mentire era una riflessione su cosa significhi dire di no e sul limite del consenso. Una serie avveniristica, a ripensarci oggi».
Con Ilary Blasi è ancora in contatto?
«Ci seguiamo su Instagram. Abbiamo visto la serie su Totti insieme, lei dice che non ha pianto ma io le ho visto gli occhi lucidi».
Da romana, come è cambiata la sua vita dopo quel ruolo?
«Ogni tanto quando sono in macchina senza mascherina vedo la gente che strabuzza gli occhi e mi saluta. Qualcuno mi chiama la regina di Roma, ma non sono io. Quella è Ilary».
Non è che adesso comincia a tirarsela?
«Ma quando mai, non ci penso proprio. Mi fa sorridere chi dice che non devo cambiare. Io sono attaccata a certi valori: la famiglia, i miei amici, gli animali, l’ambiente. Sono e resto una persona normale».
Ha cominciato a dire dei no?
«L’ho sempre fatto. A volte è stato pesante, sono rimasta anche senza lavoro. Ho fatto la commessa e ho lavorato in un bar. Non avendo una famiglia cui badare, mi sono permessa il lusso di pensare solo a me. So che non lo possono fare tutti».
Un no sbagliato?
«Mai piangere sul latte versato. Nella vita sono impulsiva e frettolosa, ma sul lavoro prima di fare una scelta ci penso bene».
Il suo compagno è il regista Sidney Sibilia. È difficile dirgli di no?
«No anzi, con lui è più facile. A casa condividiamo tutto. Funzioniamo come un piccolo laboratorio».
Davvero vuol fare la regista?
«Fin da piccola. Poi la vita mi ha portato altrove. Il progetto c’è, non ancora su carta. Mi interessano i rapporti tra le persone, le relazioni, i sentimenti. Escludo di girare un film di genere».
Il 25 aprile sarà al Quirinale. Cosa farà?
«Leggerò delle storie di resistenza e la poesia di Dino Buzzati, Aprile 1945. Per me è un grande onore: sono nata nel 1986 ma quel momento storico mi appassiona, e sto sviluppando un progetto sulla resistenza femminile a Roma. Bisogna avvicinare i ragazzi alla Liberazione. La pandemia li ha privati della libertà, lo stesso valore per cui in tanti si sono sacrificati durante la guerra».