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 2021  aprile 24 Sabato calendario

Tubercolosi, Aids, malaria e Covid. L’Africa è malata

Quasi 4 miliardi di dollari per combattere la pandemia nei paesi poveri possono sembrare tanti. Ma per uscire rapidamente dalla crisi globale – sanitaria ed economica – ne servirebbero almeno 22. «I soldi non si fabbricano per magia – dice Peter Sands – e i governi dovranno scegliere tra la salute e il resto». Come, ad esempio, le spese militari in costante aumento. Il lavoro di Sands oggi assomiglia a una missione impossibile. Direttore del Fondo globale delle Nazioni Unite per Aids, tubercolosi e malaria, da un anno deve combattere anche il Covid-19, che nei paesi poveri, assicura, «sarà causa indiretta di altre migliaia di morti». Britannico, si è diviso tra la ricerca ad Harvard e il mondo delle banche. Già nel 2017, in tempi non sospetti, aveva ammonito circa gli effetti globali devastanti delle pandemie. Un super-esperto, realista quanto basta da non potersi permettere facili ottimismi. Ma che non ha intenzione di rassegnarsi.
Il Fondo globale che lei guida nell’ultimo anno sta privilegiando la lotta al Covid-19?
No. Non possiamo permetterci di trascurare Aids, tubercolosi e malaria, che hanno causato più vittime dell’attuale pandemia, e per le quali quest’anno spenderemo 4,5 miliardi di dollari. Per il Covid-19 abbiamo a disposizione 3,7 miliardi di dollari. Per ora.
Questa crisi economica provocata dalla pandemia è paragonabile ad altre?
Il mio retroterra è economico, non sono un medico o uno scienziato. Quindi posso dire che l’impatto sull’economia del Covid-19 è gigantesco, molto peggio della crisi del 2008. Secondo le analisi del Fondo monetario internazionale, la differenza tra un’uscita veloce dalla pandemia e una lenta è di 9.3 trilioni di dollari, cioè 9,3 miliardi di miliardi. L’Act- Accelerator – coalizione di organizzazioni e governi lo per accelerare sviluppo, la produzione e l’accesso equo agli strumenti anti Covid-19 – ha chiesto 22 miliardi di dollari. Se accorciassero anche di un giorno l’uscita dalla pandemia, l’investimento sarebbe già ripagato. Il ritorno sarebbe astronomico, non solo economicamente.
A maggio Roma ospiterà il Vertice mondiale sulla salute, organizzato dall’Italia, che ha la presidenza di turno del G20, e dalla Commissione Europea. Che consiglio si sente di dare?
Il Vertice sulla salute di Roma sarà un incontro molto importante. Si discuterà del domani, naturalmente, ma spero anche che discutano dell’oggi. In Europa e Stati Uniti oggi c’è l’impressione diffusa di essere vicini alla fine, grazie alle campagne vaccinali. Ma la settimana scorsa si è registrato, globalmente, il numero più alto di
contagi da inizio pandemia. La crisi iniziata un anno fa continua a peggiorare. E gli effetti secondari stanno intensificandosi.
Cosa intende dire?
I risultati di un sondaggio che abbiamo svolto in 500 centri sanitari in Africa e Asia sono abbastanza sconvolgenti. I test per diagnosticare l’Aids sono diminuiti del 41 per cento, quelli per la Tbc del 59, quelli per la malaria del 43. La riduzione di servizi salvavita avrà come conseguenza un aumento delle vittime. Nei Paesi più poveri il vero impatto del Covid- 19 non è su quante persone muoiono tra i positivi al Coronavirus, ma sul totale dei morti. Quasi sicuramente gli effetti secondari saranno maggiori dell’impatto diretto. In Ciad, Niger o Mali, la malaria ucciderà migliaia di persone.
Le vaccinazioni in molti Paesi non sono ancora partite. La People’s Vaccine Alliance sostiene la richiesta di India, Sudafrica e altri 100 governi di sospenderne i brevetti per produrli in modo diffuso e accessibile. Anche per prevenire varianti più aggressive.
È vero, non riusciremo a raggiungere una sufficiente copertura vaccinale nei paesi a reddito medio-basso, prima della fine del 2021 o dell’inizio del 2022. Ma l’ostacolo principale non sono i brevetti, quanto la capacità manifatturiera e le barriere alla libera circolazione di vaccini e ingredienti. Si sottovaluta l’importanza di potenziare altri strumenti. Non stiamo fornendo sufficiente supporto per diagnosi, protezione dei sanitari, cure, ossigeno. Combattiamo un virus che evolve tanto più quanto più persone infetta. E allora sicuramente servono più vaccini, ma anche altri strumenti. Il Fondo globale sta investendo 3,7 miliardi sul fronte non vaccinale, ma ne servirebbero almeno 10.
I governi sembrano avere altre priorità. Nel 2019 – secondo il Sipri – sono stati spesi 1.917 miliardi di dollari per spese militari. Il 54% dai Paesi Nato. Abbiamo gli arsenali pieni, ma siamo indifesi davanti a un nemico reale, anche se invisibile.
Il dovere primario di un governo è proteggere le persone dai rischi più impellenti. È evidente che i governi di tutto il mondo abbiano fallito, sia per la salute, sia per il benessere. Serviranno scelte dure: i soldi non si fabbricano magicamente, quindi i governi dovranno scegliere le loro priorità. Come puntare sulla salute. Anche a scapito di altre voci dei bilanci.