ItaliaOggi, 24 aprile 2021
Le cifre del Def non convincono
Il Documento di economia e finanza 2021 a firma Mario Draghi (anche a prescindere dalla credibilità pari a zero di tutti Def precedenti, zeppi di previsioni sistematicamente smentite dai fatti) desta molte perplessità proprio nei suoi punti chiave.
1) Il rapporto debito/pil che nel 2020 era pari al 155,8% viene stimato in crescita per il 2021 al 159,8%. Nonostante l’enorme balzo in avanti dai livelli già altissimi pre-Covid (134,6%), viene ipotizzato un rientro molto lento: nel 2025 sarà ancora superiore al 152%. Pare quasi che il tema del debito non sia più considerato una priorità: effetto collaterale del «debito buono»?
2) Il deficit del 2021 (cioè la spesa pubblica che non si riesce a coprire con le entrate e che pertanto bisogna finanziare con nuovo debito) è previsto in crescita fino all’11,8% del pil (parametro di Maastricht: 3%). Diversamente da quanto ipotizzato per il debito, nel 2022 si prevede una riduzione di ben il 50% (e cioè al 5,9% del pil) e ulteriore riduzione nel 2023 (al 4,3%). Riduzioni mai viste nel passato, non solo Italia, ma direi in tutto il mondo se non a seguito di commissariamenti o shock simili. I criteri che renderebbero sostenibili e interpretabili queste riduzioni, soprattutto quella del primo anno, non vengono esplicitati.
3) La crescita del pil viene ipotizzata a ritmi sostenuti per i prossimi anni: recupero dei livelli pre-Covid tra il 2022 e 2023. La stima viene fatta senza soppesare le incertezze sanitarie e sui tassi di interesse, nonché le aspettative di imprese e consumatori alla fine di una pandemia che non ha precedenti nella storia. Inoltre, il famoso Recovery plan, la cui implementazione dovrebbe innestare il turbo alla crescita, ad oggi è ancora sconosciuto, nonostante i dieci mesi avuti a disposizione per la sua preparazione (e mancano sei giorni alla scadenza del termine per la presentazione in Ue). Non è pertanto possibile valutarne l’impatto. Anche la stima della crescita del pil (su cui si basa tutto) appare dunque scarsamente intellegibile.
In conclusione, un Def più assertivo che motivato. Come cittadino ed estimatore di Mario Draghi mi auguro che abbia ragione, come osservatore razionale, rimango molto scettico.