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 2021  aprile 23 Venerdì calendario

Intervista a Noa


Parli con lei di musica? Ribadisce di non accettare nessuna etichetta, «Voglio rimanere fedele solo a me stessa, non a definizioni e neppure alle aspettative altrui». Le chiedi cosa le abbia rubato la pandemia? Ribalta la domanda, «Preferisco pensare all’opposto e dunque le dirò cosa mi ha dato l’era Covid». La grande cantante israeliana Noa, insomma, è sempre distante dalle convenzioni; spesso, un passo avanti la nostra normalità. Incontriamo Noa in occasione del lancio nel mondo di Afterallogy, album chitarra e voce in duo col suo storico chitarrista Gil Dor, col quale suona dal 1990: un disco che allinea standard jazz (tutti riletti in modo spiazzante) e alcuni inediti, e che s’intitola legandosi all’inglese “after all”, dopo tutto, proprio perché per Noa è una sorta di ripartenza.
Dopo tutti i dischi di varia natura pensati e incisi negli anni (da cantautrice, rileggendo Bach, interpretando classici napoletani…); dopo tre decenni di lavoro con Dor; dopo, ovviamente, che la pandemia da Covid-19 ha fermato il mondo. Nell’Italia che Noa ama e di cui ha anche la cittadinanza, negli States dov’è cresciuta e ha conosciuto il grande jazz che oggi omaggia, in Israele dove ora vive col marito e i tre figli pensando musica nuova in attesa di tornare ai tour.
Nell’album rilegge My funny Valentine e Cole Porter, But beautiful e Bernstein, This masquerade e Strayhorn: sembra però che abbia scelto i brani non solo in quanto classici di autori classici, ma anche per i loro contenuti spesso attualissimi, quasi sull’oggi. È così?
La bussola da cui siamo partiti era sintonizzata su amore, qualità, rispetto, profondità e meraviglia. Dunque, standard amati ma non stando rigorosamente in quel repertorio: volevamo anche interpretare brani cui contribuire, tanto che ho scritto testi originali per alcuni classici, e poi ci sono un inedito strumentale di Gil e la mia Eyes of rain. Miravamo a un disco jazz libero in toto e fedele a quanto siamo: perciò, i classici li canto e li riscrivo.
Ma che cosa rappresenta per Noa la lingua del jazz?
Libertà, intanto. Poi anche disciplina. E un rispetto per musica e musicalità ai massimi livelli: che qui abbiamo declinato chitarra e voce, ma nel prossimo lavoro coinvolgerà anche una band.
Lei pensa già al futuro, ma com’è il suo presente? Che cosa ha tolto il Covid a voi artisti?
Preferisco dirle cosa ha dato a me. Lo so, ovviamente, che molti artisti hanno perso mezzi di sostentamento; però se si è avuta la fortuna di poter comunque andare avanti, com’è capitato a me, credo che il Covid sia stato anche un’opportunità. Per imparare altre abilità, ripensare le strategie, essere creativi in modo diverso, andare più in profondità dentro la propria anima.
Per lei è stato questo, dunque, l’ultimo periodo?
Sì. Il lockdown m’ha dato tempo per la creatività, per apprendere cose nuove, per ascoltare altri. E poi mi ha fatto stare di più in famiglia e coi figli.
Nei suoi brani canta speranza e ottimismo, ma riesce a vederli in un oggi che per troppi resta tragico?
Non bisogna perderli: questo è il punto. Se si lascia ogni speranza, se non si osa essere ottimisti si impazzisce. O ci si ammala. È imperativo,
oggi più che mai, tenere alto l’umore e soprattutto fare e agire il più possibile. Star fermi è un errore.
Lei ferma non sta di certo, specie su temi sociali. A quali campagne sta contribuendo in questo periodo?
A molte. La maggior parte del mio impegno civile si concentra sul lavoro per la pace e lo sviluppo dei diritti umani in tutto il mondo. Poi c’è l’ambiente. Agisco concretamente tra consigli d’amministrazione, raccolte fondi, volontariato, discorsi pubblici, workshop, social media. Inoltre, sono stata e resto molto attiva per salvare la democrazia israeliana da politici che rappresentano disvalori.
Che valori dovrebbe rappresentare un leader, per lei?
Umanità, generosità, inclusività, compassione. Come fa papa Francesco. Io non sono religiosa, ma un vero leader del 2021 dovrebbe comportarsi ispirandosi a papa Francesco. Cercando di essere umano, gentile, di mentalità aperta ed equo.
Da dove si dovrà ripartire a pandemia terminata?
Dal resettare il mondo che conoscevamo. Questa tragedia ci dona la possibilità di agire per salvare l’ambiente, finché siamo in tempo, e ci dice che occorre cambiare modo di vivere: abbandonare l’avidità e puntare su solidarietà, umiltà, condivisione. Se non accadrà sarà un guaio serio, la pandemia ci ha insegnato che se non torniamo a lavorare insieme, smetteremo tutti di vivere.
Quando potrà, porterà Afterallogyin tournée?
Assolutamente sì. Nel mondo e ovunque potrò.
Ma ha scritto anche qualche inedito in questi mesi?
Diversi. Ho scritto canzoni ispirate alla pandemia e dedicate ad alcuni Paesi che amo, fra cui l’Italia; si possono ascoltare sul mio Facebook. Su YouTube trovate invece Segnali d’innocenza, brano nato da un articolo scritto dopo l’esplosione del Covid da David Grossman, una riflessione che mi ha ossessionata su quanto la pandemia ci cambierà l’anima, con però l’auspicio che magari si possa tornare a tenerezza e purezza. Ho voluto cantarla e regalarla al web.