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 2021  aprile 22 Giovedì calendario

Cronaca del flop della Superlega

Dicono che Vincent van Gogh non fosse granché soddisfatto, quando osservò per la prima volta in maniera distaccata quella che sarebbe diventata una delle sue opere più famose: la «Notte stellata». Era chiuso in un manicomio di Saint-Remy, il nostro. Anno 1889: non aveva mail da spedire, la pennellata allora riuscì certamente meglio di un comunicato stampa spedito nel bel mezzo di un’altra notte, la «Notte buia» del calcio e forse dello sport tutto, anno 2021. Strana la vita: lì il capolavoro che nacque dalla pazzia e dall’insoddisfazione, qui il flop più grande partorito dalla spocchia e dal senso di onnipotenza di 12 proprietari, anzi «owners», perché in ambito Superlega bisogna pur stare al passo con i termini linguistici. La Notte Buia è in una mail arrivata nelle redazioni dei giornali di tutto il mondo alle 00.09 di lunedì, quando ancora si masticavano i risultati della domenica nei campionati nazionali: a rileggerla oggi, c’era molto di (involontario) simbolismo. 
Il comunicato nella notte pre Ceferin
Un terremoto, dopo che per tutta la domenica si erano rincorse le voci. A poche ore dalla riunione di Montreux in cui il presidente Uefa Aleksander Ceferin avrebbe annunciato il nuovo formato della Champions League, 12 club si autoproclamavano fondatori di un nuovo torneo, la Superlega. Scissionisti o secessionisti, di sicuro carbonari. E pure un po’ comici. Perché sembra una barzelletta: c’erano sei inglesi (i Manchester, Liverpool, Chelsea, Arsenal e Tottenham), tre spagnole (Real Madrid, Barcellona e Atletico) e tre italiane (Juve, Inter e Milan)... Ma non era una barzelletta, facevano (o pensavano di fare) per davvero: «Dodici prestigiosi club europei – si legge nel comunicato – hanno annunciato oggi congiuntamente un accordo per costituire una nuova competizione calcistica infrasettimanale, la Super League, governata dai Club Fondatori. (...) È previsto che altri tre club aderiranno come Club Fondatori prima della stagione inaugurale, che dovrebbe iniziare non appena possibile. In futuro, i Club Fondatori auspicano l’avvio di consultazioni con UEFA e FIFA al fine di lavorare insieme». Club Fondatori, paroline ripetute all’infinito e rigorosamente in maiuscolo, perché guai a chi li tocca(va): il format prevede l’ingresso per diritto acquisito e soldi (da JP Morgan) a pioggia. Di fatto, una data confine: il calcio sarebbe diventato esclusivamente (in parte lo è già, certo) intrattenimento. Gli altri tre fondatori però non si troveranno mai, come quando cerchi il quarto di padel e, niente: no dal Bayern, dal Borussia Dortmund, dal Psg, dalla Roma. 
Uefa e Fifa compatte contro Perez e gli altri
Sembra comunque l’inizio di valanga imminente. A un certo punto c’è come la sensazione che si parta l’indomani mattina, che il quarto posto...no, non conti più. Che Zhang all’improvviso abbia risolto i problemi post Covid. Che il Milan si sia sistemato per la vita. Ma in realtà è una dichiarazione di guerra al calcio. E il calcio sa difendersi. Ceferin urla, a Montreux. Perché nella vita gli è capitato pure di fare il padrino della figlia di Andrea Agnelli, lo stesso che poi s’è negato al telefono: «Come? Chi? No, non prende, scusa...». Agnelli con l’Eca e con Ceferin progettava la nuova Champions e dietro le spalle amoreggiava con la Superlega. Il numero uno Uefa allora reagisce: niente Europei e Mondiali per chi partecipa alla Superlega, esclusioni dalle Coppe, c’è chi (Moller, Esecutivo Uefa) sussurra pure da quelle in corso. Gravina va a supporto, idem la Fifa di Infantino, senza la fifa con la f minuscola. La Uefa intanto presenta la nuova Champions: via dal 2024. Ma quel che i 12 fondatori non si aspettavano doveva ancora accadere.
Florentino spiega, ma l’aria cambia...
A reagire, compatti, sono i governi di tutta Europa. Draghi si schiera, Emmanuel Macron fa lo stesso dalla Francia, Boris Johnson non esclude «azioni legislative» per impedire la nascita della gallina dalle uova d’oro, peccato che le uova sono solo per chi ha il curriculum giusto. Nella notte tra lunedì a martedì Perez a «El Chiringuito tv» spiega che «la Superlega salverà il calcio». Se si dovesse mettere su un grafico la curva di questa Superlega, si potrebbe dire che le parole di Perez hanno rappresentato il punto più alto. Da lì in poi è discesa totale. Da martedì mattina l’aria cambia. Ceferin, più o meno a mezzogiorno, dice sibillino: «Chi vuole cambiare idea è ancora in tempo». Pare una mossa disperata. In realtà era il segnale di svolta. L’Inghilterra è il motore dell’inversione a U. Klopp e Guardiola sono più che scettici, mentre in Italia Pirlo si limita a un «il presidente è venuto a illustrarci il progetto». I tifosi del Chelsea vanno davanti a Stamford Bridge per urlare la loro protesta. Uno striscione dice ad Abramovich: «Tre yacht non sono abbastanza, Roman?». Eccole, le prime voci di addio. Del Chelsea, con Cech che addirittura deve infilarsi in mezzo alla gente per spiegare. E del City, che alle 21.19 con un comunicato annuncia il suo addio al progetto, 45 ore e 19 minuti dopo la nascita.
Anche il City lascia, poi gli altri addii
Il muro si sgretola, la Superlega diventa prima Superfuga e poi Superflop. I fondatori si riuniscono: serve un’exit strategy. Perez stavolta l’intervista notturna la disdice, Agnelli...no. I club inglesi uno dopo l’altro si sfilano tutti. L’Inter fa circolare una nota in cui si chiama fuori. All’1.40 il comunicato Superlega: «Rimodelliamo il progetto». Che sembra un po’ come quando la fidanzata ti molla ma ti dice «dai, restiamo amici». È il momento dell’ironia. Dei gruppi whatsapp finti: ne girava uno, ieri, con Perez e Agnelli che scrivevano e le inglesi che via via «ha abbandonato», «ha abbandonato», «ha abbandonato». Ceferin canta vittoria: «Ammirevole per i club ammettere l’errore». Però non diventerà un’opera d’arte, questa storia. I fondatori ora spiegano: lo facevamo per i debiti dovuti al Covid. Che è un po’ come il padrone di casa che ha il salotto in disordine e invece di fare pulizia, va a vivere in hotel. In definitiva, non una grande figura. O forse una figura a cui manca il complemento di specificazione.