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 2021  aprile 22 Giovedì calendario

La legge francese contro la prostituzione ha danneggiato solo le prostitute

“Arrestate i nostri aggressori, non i nostri clienti” hanno scritto le prostitute sugli striscioni manifestando davanti all’Assemblea nazionale di Parigi. Era il 13 aprile scorso, a cinque anni esatti dall’entrata in vigore in Francia, il 13 aprile 2016, della legge “per rinforzare la lotta contro la prostituzione”. “Avrebbe dovuto proteggerci, invece la legge ci ha penalizzato e reso più vulnerabili. Ci sono meno clienti, perché quelli ‘buoni’ hanno paura. Le prostitute tendono allora ad abbassare le tariffe e accettano più spesso rapporti che prima avrebbero rifiutato”, osserva Beverly dello STRASS, il sindacato dei lavoratori del sesso. La legge del 2016, dal lungo percorso parlamentare, iniziato nel 2013, promessa di campagna mantenuta dell’ex presidente Ps François Hollande, ha per la prima volta decriminalizzato le prostitute, abolendo il contestato reato di “adescamento passivo” (che prevedeva una multa di 3.750 euro e due mesi di prigione) e sanzionando i clienti, con una multa di 1.500 euro, 3.750 in caso di recidiva.
La legge ha introdotto inoltre una serie di misure per accompagnare le prostitute che vogliono cambiare vita, facilitando per esempio l’accesso al permesso di soggiorno. Ha creato dei “percorsi di uscita dalla prostituzione” per aiutarle a trovare casa e un nuovo lavoro, anche via un sussidio di 330 euro mensili. Ma a distanza di cinque anni, il bilancio della legge, ampiamente approvata dai francesi (il 78% la considerava “buona” nel 2019), è mediocre. In Francia si contano all’incirca 40.000 prostitute. Dalla sua entrata in vigore, stando a un rapporto interministeriale del 2020, risultano meno di 5.000 multe a clienti (di cui la metà a Parigi). E solo il 6% delle procure ha messo in atto gli “stage di sensibilizzazione contro l’acquisto di atti sessuali” destinati ai clienti. Anche il bilancio dei “percorsi di uscita dalla prostituzione” è magro: secondo l’associazione Le Nid, attiva nella protezione delle prostitute, solo 564 lavoratori del sesso, troppo pochi, hanno potuto accedervi (l’obiettivo era di attivarne mille all’anno dal 2017). Sui 100 dipartimenti francesi, 20 non hanno ancora neanche istituito le “commissioni di lotta alla prostituzione” previste per rendere possibile l’accesso al dispositivo. Fonti ministeriali confermano che solo 161 “percorsi” sono finora arrivati a buon fine.
L’associazione FACT-S chiede allo Stato di investire di più, portando il sussidio mensile per l’integrazione sociale delle prostitute da 330 a 550 euro. Anche quando la legge era ancora dibattuta alle Camere, lo STRASS manifestava nelle piazze contro la criminalizzazione del cliente, prevedendone gli “effetti nefasti”. Nel dicembre 2019, con l’appoggio di una ventina di associazioni, tra cui Médecins du Monde, Sidaction e Act Up, 250 lavoratori del sesso hanno fatto appello alla Corte europea dei diritti umani per chiedere l’abrogazione del testo. In un comunicato pubblicato il 12 aprile sul web, Médecins du Monde (MDM) attacca una legge “incapace di lottare contro lo sfruttamento delle persone” e dagli “effetti disastrosi sul piano sanitario”. L’ONG indica che sono in aumento “i furti, i furti con violenza, le violenze sessuali, le contrattazioni di tariffe e pratiche, l’accettazione di rapporti non protetti, la mancanza di risorse economiche e l’esercizio dell’attività in luoghi più isolati che favoriscono le aggressioni”. L’Ufficio centrale di repressione della tratta degli esseri umani (OCRTEH) registra ogni anno 900 casi di prostitute vittime di violenze. Anche chi considera la legge uno strumento essenziale per accompagnare le prostitute verso una vita nuova, ne denuncia i risultati modesti, dovuti soprattutto a una mancanza di volontà da parte delle autorità.
Il 13, un collettivo di una cinquantina di personalità, tra militanti femministe, figure politiche e responsabili di associazioni, ha pubblicato una lettera aperta su Le Monde definendo la legge “una svolta epocale” e un “segnale senza precedenti nella lotta per l’uguaglianza”. Ma ha denunciato al tempo stesso la sua applicazione “scandalosamente aleatoria”, chiedendo che venga attuata “in modo omogeneo su tutto il territorio”. Elvire Arrighi, responsabile dell’OCRTEH, fa notare, in un’intervista a France Inter, che la legge non solo non ha permesso di risolvere il problema della prostituzione ma che anzi, le reti di prostituzione nel frattempo si sono adattate. In questi ultimi anni, anche per via della nuova regolamentazione, ma non solo, si assiste, secondo la Arrighi, a un fenomeno di “uberizzazione” della prostituzione: “Prima i contatti tra clienti e vittime si realizzavano nello spazio pubblico. Ora – osserva –, in circa il 90% dei casi ci si prostituisce in appartamenti o alberghi e il contatto si fa via internet, telefono o social. La prostituzione, forse anche a causa dell’epidemia di Covid-19, si è dematerializzata in modo accelerato, a cominciare dal reclutamento delle vittime, che avviene principalmente sui social. L’appuntamento poi si prende via sms e l’affitto delle stanze si effettua tramite le piattaforme online”.