Il Sole 24 Ore, 22 aprile 2021
Infrastrutture nel Recovery: Italia batte Germania
Italia batte Germania 113 miliardi a 7, ma la vittoria italiana è netta anche contro la Spagna (23 miliardi) e la Francia (22 miliardi). La speciale partita l’ha fotografata uno studio dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori, che ha messo a confronto dettagliatamente le poste dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) dei più grandi Paesi europei, con un occhio attento alle risorse «di interesse» del settore delle costruzioni: ne è venuta fuori una «scommessa infrastrutture» per il piano italiano che avrà a disposizione risorse neanche lontanamente paragonabili, in termini percentuali e ancora di più assoluti, con quelle degli altri Paesi. Il piano italiano (sulla base delle indiscrezioni circolate finora) destina il 51% delle risorse al settore contro il 32% della Spagna, il 22% della Francia, il 20-25% della Germania.
Nessun Paese come l’Italia, insomma, ha fatto una scelta così netta in favore del patrimonio fisico che è costituita molto di investimenti in infrastrutture di mobilità (con la quota più rilevante all’Alta velocità e alla rete ferroviaria), ma ha dentro anche case popolari, rigenerazione urbana, dissesto idrogeologico, scuole, ospedali, patrimonio artistico-culturale ed efficientemento energetico del patrimonio edilizio.
La scelta netta in termini percentuali arriva poi a cifre macroscopiche per il fatto che il Piano italiano partiva già da importi totali di gran lunga maggiori rispetto agli altri: 237 miliardi contro i 100 della Francia, i 71 miliardi della Spagna e i 30 della Germania.
La valutazione dell’Ance è ovviamente positiva su questa strategica del Piano. «Dall’analisi - dice lo studio - emerge chiaramente la strategia di politica economica definita dal Governo per l’utilizzo delle risorse del Recovery Plan e la volontà, o meglio la scommessa, riaffermata anche nel recente Documento di economia e finanza, di puntare finalmente, più di quanto sia mai stato fatto prima, sul “debito buono” e quindi sul rilancio degli investimenti per fare ripartire e riformare l’talia».
Vediamo i singoli piani, partendo dall’Italia. «Rispetto ai 224 miliardi complessivi, comprensivi del Fondo Sviluppo e Coesione - dice lo studio - le misure di interesse per il settore ammontano a 113 miliardi di euro, pari al 51% delle risorse complessive. Di queste, 62 miliardi di euro sono risorse destinate a nuovi interventi. La quota principale delle risorse in grado di produrre attività edilizia è allocata presso la missioni 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” e la Missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”».
Per il Piano francese dei 100 miliardi disponibili 21,6 sono di interesse del settore edile, così ripartiti: 6,7 miliardi per ristrutturazione di edifici, 5,1 miliardi per investimenti degli enti locali, 6,3 miliardi per infrastrutture di mobilità, 3,2 miliardi per altre infrastrutture, 300 milioni per interventi sul patrimonio culturale più una serie di misure di carattere trasversale per imprese.
Il piano spagnolo prevede investimenti e riforme per 70,5 miliardi di cui 22,8 miliardi di interesse del settore costruzioni: sono compresi 8,8 miliardi per la mobilità sostenibile, 6,8 miliardi per l’agenda urbana, 400 milioni per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici, 2 miliardi per la connettività, 350 milioni al settore turistico, 1,6 miliardi alle energie rinnovabili, 350 milioni agli edifici pubblici in funzione di inclusione.
Il piano tedesco conta investimenti per 29,3 miliardi, con due grande sfide: il cambiamento climatico e la trasformazione digitale. Per le costruzioni ci sono 2,8 miliardi per ristrutturazioni e costruzioni rispettose del clima.
Quindi, «scommessa infrastrutture» solo per l’Italia. Una scommessa che l’Ance apprezza ma che va tradotta in fatti. «Certamente - dice il presidente dell’Associazione, Gabriele Buia - questo ammontare di risorse consente, almeno in potenza, di superare un gap che abbiamo accumulato con il taglio delle risorse nei venti anni passati. La vera sfida per il governo è, però, quella di spendere effettivamente queste risorse. E questo non sarà possibile se non sarà varata una drastica semplificazione di tutte le procedure autorizztive e progettuali a monte della gara. Vediamo un accanimento a ridurre la trasparenza delle gare, ma sappiamo che il vero punto critico non è quello».
L’altro aspetto che per Buia è fondamentale è affiancare alle nuove infrastrutture un programma di manutenzione altrettanto consistente che centri due obiettivi. «Il primo obiettivo - dice Buia - è evitare il collasso del nostro sistema infrastrutturale e il rischio di crolli che comporta. Il secondo è distribuire equamente queste risorse tra le varie fasce dimensionali di imprese, per difendere il tessuto di piccole e medie aziende fondamentale per il nostro Paese».