ItaliaOggi, 21 aprile 2021
Periscopio
Cinque stelle, sei scintille, sette padelle. Dino Basili, Studi Cattolici.
Al nuovo Movimento pentastellato, nato sulle spoglie del governo Conte2, dovrebbero, per onestà, cambiargli nome, dei 5stelle non c’è più niente, è un partito-partito, che con brillante intuizione, devo ammettere, diventerà il partito ecologista che in Italia non c’è, così da rifarsi un’identità spendibile, agguantare un 10% di voti alle prossime elezioni, anche grazie al popolo del reddito di cittadinanza al Sud, e sperare di restare al governo nel centrosinistra. Ma la spinta utopistica della democrazia diretta è finita. La cuoca di Lenin non andrà mai al potere. Paolo Becchi, ideologo del M5s agli inizi (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
La Turchia il Paese asiatico di Recep Erdogan è tuttora candidato all’Ue. I recidivi sostengono che proprio la guerra suggerisce di affrettare l’ingresso prima che la Turchia veleggi altrove. Ma è già altrove. Chi ancora la auspica nell’Ue, manca di un’idea d’Europa, delle sue peculiarità, dei suoi valori. Parole grosse, direte voi, per il caravanserraglio di Bruxelles. D’accordo, frenerò la penna. Giancarlo Perna, la Verità.
È tempo di space invaders. Presto, un’infinità di trojan e di radar conquisteranno i cieli italiani per spiarci. È questo il primo banco di prova per il neo sottosegretario alla Sicurezza Franco Gabrielli: una commessa aeronautica monstre del valore di circa 4 miliardi di euro assegnata agli Usa. Da quando è stato chiamato da Draghi, il super poliziotto Gabrielli cerca di capire i vantaggi effettivi, per l’intelligence o per l’industria italiana, nell’acquisto, da parte della nostra Aeronautica, di 8 super aerei Usa JAMMS dotati di apparecchiature speciali per intercettare e carpire ogni singolo segnale o movimento. E soprattutto, quale potenza mondiale si avvantaggerà, sul piano dell’intelligence, di tutti questi miliardi di big data carpiti dai cieli, visto che sinora i vertici dei nostri servizi di sicurezza, dal Dis di Vecchione all’Aise di Garavelli e l’Aisi di Parente, non sono stati neppure coinvolti. Luigi Bisignani, il Tempo.
Mi pare che l’industria culturale italiana risenta ancora dell’antica frattura che, nell’Italia ottocentesca, separava accademia e volgo, arcadi e analfabeti. La cultura è considerata patrimonio di una cittadella di accademici che (tranne rare eccezioni) ritengono proprio dovere l’oscurità, il tecnicismo, l’inaccessibilità, e non sono interessati ad avere un pubblico. Dall’altro lato, la macchina dello spettacolo, dalla tv alle fiction, sembra dare per scontato che il pubblico abbia timore della qualità, e non sia interessato alla letteratura e alla storia, ma vada necessariamente intrattenuto (tranne altrettanto rare eccezioni, tipo la serie The Crown) con la fuffa della Rete o con una versione della storia reinventata e banalizzata a uso dello spettatore. Aldo Cazzullo. Corsera.
Ho tradotto «Infinite Jest», mille pagine e oltre. Ho definito David Foster Wallace «il suicida che mi ha insegnato a vivere» perché mi ha insegnato a capire come vive un alcolizzato, un infelice, un depresso e mi ha insegnato la tolleranza verso gli uomini e le donne di questo mondo. È come se mi avesse abbracciato con quel libro, come se ci avesse abbracciato tutti. Edoardo Nesi, scrittore. Candida Morvillo (Corsera).
Nei primi anni Novanta facevo il disk jockey. E feci anche una versione techno di Pinocchio e vendetti migliaia di copie. Ancora adesso non me ne capacito. Non so come feci a non perdere la testa: ero un ragazzetto, il successo e i soldi arrivarono all’improvviso e nessuno mi insegnò ad amministrarli. Se qualcuno ci fosse stato, avrei imparato almeno come si fa a non farsi fregare. Nicola Savino (Simonetta Sciandivasci), il Foglio.
Disneyland è il modo disneyano di vedere il mondo: colori rubati alle caramelle di zucchero, piccole città dove tutti si conoscono e tutti si amano, animali antropomorfi, bambini festanti, trenini a vapore, navi pirata, scope danzanti, casette sugli alberi, buoni sentimenti, Pollyanna, il Capitano Nemo, Superfragilistichespiralidoso, fatine, draghi, mele avvelenate, Alice in Wonderland, burattini di legno, happy end. Disneyland è un luogo letterario e culturale, oltre che geografico e cinematografico. È un modello di comportamento; e l’opera d’arte, come diceva il filosofo, o è avvertibile come modello di comportamento (che lo si condivida o no, che lo si approvi o meno) oppure non c’è, niente, è paccottiglia. Diego Gabutti. ItaliaOggi.
È una grandiosa e ironica commedia umana quella che Graham Greene mette in scena, libro dopo libro, con uomini e donne sommessamente tragici e disperati, senza innocenza, e proprio per questo bisognosi di misericordia. Per tutti alla fine, magari in fondo all’immancabile bottiglia di gin, si trova uno sguardo indulgente. Anche nella vita Greene conserva la stessa attitudine: lavorando per l’MI6 ha avuto come capo Kim Philby, lo 007 doppiogiochista che per 30 anni passò i segreti occidentali a Mosca. Scoperto e fuggito appena in tempo nel 1963 oltre la cortina di ferro, Philby pubblica un «memoir» in cui spiega i motivi del tradimento. Greene ne scriverà l’introduzione, trovando per l’amico-nemico parole di comprensione che negli anni della Guerra fredda dovettero procurargli non pochi guai. Graham Greene, scrittore (Maurizio Pilotti). Libertà.
Non credo affatto alla necessità della memoria storica condivisa. Essa indottrina nel nome di un potere che non ama la conoscenza storica ma esalta la propaganda. Non si può per amor di patria – come credeva Renan – cancellare o stravolgere le vicende storiche. Adriano Prosperi, storico (Antonio Gnoli). la Repubblica.
C’era un tacito accordo, forse inconsapevole, tra i miei genitori: la Rina, mia madre, poteva essere un vulcano in continua effervescenza, ma sapeva di poggiare su Nino. Nino poteva attraversare i suoi silenzi, ma amava sentire le voci alte di mio fratello e mia madre. Certo che mia madre e mio fratello hanno imperversato: ci vuole del genio e della follia per trasformare una casa di campagna in un museo pieno di opere meravigliose. E ci vuole un carattere per tenere insieme tanta follia. Mio padre ha dimostrato di averlo. Non ha mai dato segni di cedimento. Ci guardava un po’ dall’alto di una sua saggezza imperscrutabile. Era come se tenesse le briglie di qualcosa che tendeva a sfuggire continuamente e in tutte le direzioni. L’ago della bilancia, insomma. Elisabetta Sgarbi, editora (Maurizio Caverzan). Panorama.
La società è debole dove la famiglia è forte. Roberto Gervaso.