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 2021  aprile 21 Mercoledì calendario

Il Regno Unito prepara la sterlina digitale

Non più solo un’idea. L’emissione di una moneta digitale nazionale, regolata direttamente dalla Banca centrale d’Inghilterra, è l’oggetto di un gruppo di lavoro annunciato dal ministro delle Finanze britannico Rishi Sunak. Per assonanza con i bitcoin, la più famosa delle criptovalute, nel Regno Unito già si parla di ’Britcoin’.
Intervenuto all’apertura del Fintech Week, evento dedicato agli operatori della City, Sunak ha ufficializzato la nascita di una ’task force’, trasversale a ministero del Tesoro e Banca centrale, incaricata di ’esplorare’ gli aspetti tecnici e regolatori di una versione digitale della sterlina. L’obiettivo è metterne a punto una che possa essere utilizzata, con pari fruibilità, non solo dagli addetti alle transazioni finanziarie ma anche dai semplici consumatori consentendo a questi ultimi la possibilità, sino ad oggi riservata solo agli istituti bancari commerciali, di aprire un conto direttamente con la banca centrale. Ciò non significa, hanno chiarito i tecnici, che il ’Britcoin’ sostituirà il contante, le carte di credito o i conti correnti esistenti. Un ripensamento dell’intero sistema monetario britannico potrebbe tuttavia essere inevitabile. Il Regno Unito non è l’unico Paese al mondo a lavorare a una svolta di questo tipo. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali sono 52 i governi che stanno valutando l’ipotesi di una versione digitale delle rispettive valute. Si tratta, certo, di un passaggio necessario a velocizzare i pagamenti interni ed esterni ma soprattutto a ridurre i rischi legati all’instabilità finanziaria e alle speculazioni. In prima linea c’è la Cina ma l’idea, concretizzata per adesso solo dalle Bahamas, sembra piacere anche a paesi come la Svezia. La stessa Banca centrale europea si è portata avanti su questo fronte e ha di recente annunciato un progetto sulla versione elettronica dell’euro da perfezionare nei prossimi quattro anni. Il contesto britannico sembra essere particolarmente propizio allo sviluppo della criptovaluta governativa. Il ministro Sunak ha parlato del ’Britcoin’ come di un tassello che contribuirà a rilanciare la City nell’era post Brexit e a convertire in vantaggio competitivo la mancata armonizzazione del mercato finanziario britannico a quello europeo. La separazione tra Londra e Bruxelles, lo ricordiamo, si è consumata senza un accordo di sostanza sull’accesso reciproco ai servizi assicurativi e finanziari per i quali vige un protocollo d’intesa sulla cooperazione regolamentare perfezionato a fine marzo. Ai piani alti di Threadneedle Street, dove ha sede la banca centrale, sperano in sostanza che la sterlina digitale possa in parte contribuire a far esplodere il cosiddetto ’Big Ben 2.0’ della finanza britannica («sempre più aperta, verde e tecnologicamente avanzata», ha detto Sunak) promessa dal governo dopo la Brexit.
Nel Regno Unito, inoltre, la criptovaluta nazionale sembra necessaria ad adeguare il sistema monetario all’inesorabile declino dell’uso del contante che, in neppure un decennio, si è ridotto del 60%. Tendenza acuita dalla pandemia in corso ma che, questa è la previsione, continuerà ad accentuarsi nei prossimi anni moltiplicando gli ambigui spazi di manovra per i privati, come Facebook e Amazon, interessati a emettere criptovalute.