Avvenire, 21 aprile 2021
Intanto la Super League cinese è partita
L’ora X è scattata ieri, alle 14, fuso italiano: il Guangzhou FC di Fabio Cannavaro (il tecnico partenopeo è al suo quinto anno consecutivo in Cina) ha giocato la sfida inaugurale della Chinese Super League. Autentica Superlega che, nel corso degli anni, sia pur attraversando periodi controversi, tempestati da luci e ombre, ha sempre mantenuto una coerenza e uno stile adamantini, esattamente agli antipodi rispetto a ciò che sta accadendo nel “lontano occidente”. Il chiaro riferimento è al pactum sceleris che, in barba a regole e consuetudini non solo dell’Uefa, campeggia su quotidiani e web e che, con oltraggiosa arroganza, si è autoreferenzialmente definito Superlega.
Nel frattempo, in attesa di sviluppi definitivi – si va verso lo sgretolamento dei 12 club riuniti sotto la Superlega – mentre da noi le partite delle leghe nazionali e delle coppe europee si svolgono nell’assordante silenzio causato dalla mancanza del pubblico, in Cina, invece, si suona tutt’altro spartito. Infatti la Chinese Football Association (l’equivalente cinese della nostra Figc), anche grazie al prezioso supporto del governo centrale di Pechino, ha optato, ancora una volta, per una rigorosa linea dura nell’organizzazione del campionato nazionale, rivelatasi inflessibile quanto efficace nella scorsa stagione: zero contagi tra calciatori, membri dello staff tecnico e addetti ai lavori. La Chinese Super League è stata divisa in due diversi gironi da 8 squadre ciascuno: il gruppo A giocherà le proprie sfide nella provincia del Guangdong (localizzata nella parte meridionale della Cina), il gruppo B a Suzhou, nella provincia del Jiangsu (lungo la costa est della nazione). Nonostante le critiche, i risultati ottenuti nella scorsa stagione sembrano aver dato ragione al rigoroso modello cinese. Numeri che paiono ancora più significativi se paragonati a ciò che accade in molte realtà europee, incapaci a tutt’oggi di trovare
dei protocolli che permettano di limitare i contagi interni ai club. Inoltre, la Federazione cinese ha permesso a tutti i calciatori interessati di ricevere il tanto discusso vaccino anti- Covid; la Cina, da questo punto di vista, può contare su ben cinque vaccini già in uso, realizzati da 3 differenti case farmaceutiche (Sinopharm, Sinovac, CanSino), ormai approvati in più di 60 Stati.
Se anche quest’anno, si replicasse lo straordinario successo ottenuto dal calcio cinese nella scorsa stagione, a livello epidemiologico, ci sarebbero fondati motivi per cambiare strategia e metodi anche in Europa. Eppure, si sa, non è oro tutto quello che luccica. Il campionato nazionale cinese quest’anno è partito senza la società campione in carica. Un po’ come se la Juventus, dall’oggi al domani, scomparisse non solo dalla Serie A, ma dal calcio professionistico italiano tout-court. Il Jiangsu Suning, infatti ha smantellato il proprio club e cessato ogni tipo di attività legata al calcio, per via dei danni finanziari derivanti dalla pandemia di Covid-19, che hanno spinto Zhang Jindong (il proprietario della Suning Holdings Group) a liberarsi di tutte quelle attività che erano ritenute non essenziali alla crescita della società.
Il calcio, resta, malgrado tutto, uno straordinario strumento diplomatico dal peso specifico altissimo: il governo di Pechino, per quanto chiaramente allarmato da una possibile “bolla speculativa”, non è assolutamente intenzionato ad abbandonare definitivamente l’universo del pallone. Il titanico progetto attuato da Xi Jinping, l’indiscusso Líder Máximo, per rendere competitivi il campionato locale e la Nazionale è appena partito.