ItaliaOggi, 20 aprile 2021
Periscopio
Tweet urgente per il governatore campano Vincenzo De Luca, affezionato al lanciafiamme: «Jamme jà». Dino Basili. Studi Cattolici.
Vedevo mio padre ogni quindici giorni, in tutta la vita non mi ha rivolto più di trenta parole: ma sono state quelle decisive. Insieme a Clint Eastwood ha rappresentato il modello di uomo per me. Giampiero Mughini, scrittore (Concetto Vecchio). la Repubblica
La posizione ideologica di Speranza sul lockdown è opposta a quella del centrodestra: nel suo libro, ritirato in ottobre, un momento dopo l’uscita, parlava della revisione del sistema sanitario dopo la pandemia come dell’occasione per stabilire l’egemonia culturale della sinistra. Bruno Vespa. QN.
Prima si fa e poi si comunica, diceva Mario Draghi. Ora, invece, si comunica senza fare: signori, il cambio di passo del Governo è servito. Ministri a ruota libera, senza concludere per ora nulla di concreto: per questo, il presidente del Consiglio è irritato ma loro, incuranti dei richiami del premier, continuano con annunci scollati dalla realtà. Luigi Bisignani. il Tempo.
La pandemia ha aggiunto, ai guai sanitari ed economici, anche guasti psicologici che sono tipici della vita in galera: tutti in competizione, tutti sopra le righe, tutti pronti a fare la spia. Ma scommetto che, finito il lockdown, torneremo ad essere italiani brava gente (film del 1974 di Giuseppe De Santis). O almeno lo spero… Massimo Donelli. QN.
Io continuo a vedere troppi interessi in comune tra Salvini e la Meloni. Certo, l’ambizione di Salvini di fagocitare (o quasi) l’intero centro-destra è oramai venuta ampiamente meno, da qua l’emergere inevitabile di conflitti a «bassa intensità». Ma che questi conflitti possano tradursi effettivamente in altro di ben più gravoso, non lo credo. A bocce ferme. Se poi dal governo Draghi emergesse qualche cosa d’altro, qualche nuovo leader o soggetto politico, beh questa sarebbe tutt’altra storia... Luigi Curini, politologo dell’Università statale di Milano (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
I Castro brothers erano al potere a Cuba dalla fine del 1959. Adesso Raul Castro (fratello di Fidel) ha abbandonato il potere di presidente per ragioni di salute e di età e lo ha ceduto a Miguel Diaz Canel. Scomparsa l’Urss i Castro non hanno avuto il coraggio o il buon gusto di voltare pagina e di copiare il revisionismo di Cina e Vietnam. Sono rimasti stalinisti. Come il paffuto Kim della Corea del Nord. Cesare De Carlo. QN.
Lei deve ficcarsi in testa una verità nascosta: la Dc non è mai morta. Martinazzoli il 21 gennaio 1994 convocò a piazza del Gesù il consiglio nazionale. Con lui, erano in 27. Fra questi, Tina Anselmi, Rocco Buttiglione, Nicola Mancino, Flaminio Piccoli, Emilio Colombo e Sergio Mattarella. Deliberarono all’unanimità che la Dc assumesse la denominazione di Partito popolare italiano, mantenendo il simbolo dello scudocrociato. Ma non potevano farlo. La Cassazione infatti ha sancito che lo scioglimento doveva essere decretato dall’assemblea dei soci, non dal consiglio nazionale. Pertanto sono da considerarsi nulli tutti i successivi tentativi di autoconvocazione di altri consessi decisionali e dei congressi. Infatti tali richieste andavano rivolte al consiglio nazionale. Che però nel frattempo era decaduto. Nino Luciani, segretario della Dc (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Quello che è successo a Ursula von der Leyen, la presidente della commissione Ue, rimasta senza posto a sedere all’incontro con Erdogan, è la dimostrazione che l’Europa non è capace neppure di negoziare il protocollo! È gravissimo che non si conoscesse da prima quali sarebbero state le precedenze, quante sarebbero state le sedie per l’incontro. È la dimostrazione della confusione e inadeguatezza con cui in Europa si gestiscono dossier importanti, lo stesso del resto è avvenuto con i vaccini. Giulio Sapelli, economista e storico (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
La Turchia è una grande e rispettabile nazione ma non c’entra con l’Europa. Per secoli, l’ha considerata un bocconcino da sgranocchiare, adocchiandola, dall’Ungheria a Vienna, come un trofeo da deporre ai piedi del sultano. Il 98% del suo territorio è in Asia, 99 turchi su 100 sono musulmani. Loro si inginocchiano nelle moschee, noi nelle chiese. Tutto, insomma, la strappa dal nostro mondo. Giancarlo Perna. LaVerità.
Il mio libro parte dall’inchiesta di Lino Jannuzzi, pubblicata il 10 maggio 1967 sull’Espresso allora diretto da Eugenio Scalfari. Titolo: «Complotto al Quirinale. Segni e De Lorenzo preparavano un colpo di Stato». In tre pagine viene raccontata nel dettaglio la riunione tra De Lorenzo e lo stato maggiore al comando generale di Viale Romania, il 14 luglio 1964. De Lorenzo avrebbe ricevuto da mio padre la richiesta di garantire l’ordine pubblico. Consegna quindi ai generali il piano: stato d’allarme; sorveglianza delle persone ritenute pericolose in attesa dell’arresto e della deportazione in Sardegna; prosecuzione delle esercitazioni e dello spostamento verso Roma in atto. Il racconto è dettagliatissimo e impressionante. Posso dire sin da adesso che nulla di questo racconto, assolutamente nulla è vero: la riunione non si fece né quel giorno né mai, il discorso di De Lorenzo non fu mai tenuto, non fu decretato né l’allarme né la minima misura precauzionale. Non a caso, Saragat e Moro smentiscono nettamente. Mario Segni. Aldo Cazzullo (Corsera).
Sarà perché il traffico in zona rossa è scarso, ma le cornacchie sugli alberi sotto casa non si sono mai sentite così forte. Fin dal primo mattino gridano il loro verso sgraziato. Invece c’è un merlo, uno solo, che nonostante il freddo si ostina a fischiettare, dal cortile. Lo cerco con lo sguardo e non lo trovo. Gli lascio delle briciole sul davanzale: merlo gentile, che deposita una nota lieta fra le nostre mure grigie. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.
Uno dei più chiari amici si chiama Marco Franceschini, dio delle crode. Saliva su vie di sesto grado senza allenamento, lieve come una piuma. Rolly Marchi.
La depressione è una patologia che non temo. La mia vita è troppo piena di passioni, interessi e affetti per correre un rischio di questo tipo. Carlo Verdone, attore e regista (Nino Materi). il Giornale.
La comicità di Totò, il principe de Curtis è l’esatto contraltare della demagogia comica e dell’avanspettacolo antipolitico (quello di Beppe Grillo, anche se suona sacrilego citare qui, parlando del grande Totò, un simile figuro). Diego Gabutti (Informazione alternativa).
Le anime grandi lo sono più per i posteri che per i contemporanei. Roberto Gervaso.