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 2021  aprile 19 Lunedì calendario

Viaggio sulla piramide-laboratorio dell’Everest

L’astronave della scienza italiana è atterrata di nuovo in Himalaya. In realtà la Piramide, il laboratorio alla base dell’Everest, non si è mai mossa dalla piccola valle di erba e sassi, a 5000 metri di quota, dov’è stata costruita e inaugurata nel 1990, e dove ha ospitato centinaia di scienziati di tutto il mondo. Negli ultimi cinque anni, dei problemi amministrativi e burocratici, e poi il lockdown imposto dal Covid-19 anche al Nepal, hanno bloccato il lavoro. Nei prossimi giorni, i primi tecnici e ricercatori italiani torneranno finalmente all’opera in questo angolo remoto e meraviglioso dell’Himalaya. A ideare la Piramide è stato Ardito Desio, il geologo friulano che ha legato il suo nome nel 1954 alla prima ascensione del K2. Progettata per essere installata sull’altopiano del Tibet, è stata dirottata verso il Nepal dopo la strage di Piazza Tienanmen, avvenuta nel 1989. A inaugurarla, a 93 anni suonati, è arrivato in elicottero anche il professor Desio. Da allora, a occuparsi del laboratorio, è stato il Comitato Ev-K2-CNR diretto da Agostino Da Polenza, un imprenditore e alpinista di Bergamo. «In 25 anni la Piramide, che gestiamo con l’Accademia delle Scienze nepalese, ha ospitato 520 missioni scientifiche, e ricercatori di 143 università e altri istituti di tutto il mondo», spiega Da Polenza. «Abbiamo misurato due volte la quota dell’Everest, ci siamo occupati di Scienze della Terra, di flora e di fauna, di antropologia e di fisiologia d’alta quota. Negli ultimi anni è diventato fondamentale il lavoro sul clima, con gli studi sull’inquinamento ad alta quota» continua il direttore di Ev-K2-CNR, che si avvale da quest’anno della collaborazione della fondazione Minoprio.
COME SU MARTE
La Piramide, oltre a essere un laboratorio unico al mondo, è un prodigio di tecnologia. Isolata, difficile da raggiungere (dal piccolo aeroporto di Lukla ci vuole una settimana di trekking), circondata dall’aria sottile dei 5000 metri, ha bisogno di autosufficienza assoluta. «Ho passato qui due mesi all’anno, più volte ho avuto l’impressione di essere in Antartide o su Marte. Tenere d’occhio i sistemi di comunicazione, i sensori collegati ai satelliti, l’impianto solare che fornisce l’energia richiede professionalità e attenzione. Le macchine sono importanti, ma c’è sempre bisogno dell’uomo», sorride Gian Pietro Verza, responsabile tecnico del laboratorio. Fin dalla nascita, la Piramide è all’interno del Parco nazionale Sagarmatha, che tutela il versante nepalese dell’Everest. I suoi sistemi non devono creare inquinamento, i rifiuti devono essere trasportati tutti a valle. Gli elicotteri possono arrivare quassù per le emergenze, ma il trasporto dei rifornimenti resta affidato ai portatori o agli yak, i grossi bovini dell’Himalaya. Alcuni impianti, come i pannelli solari, sono cambiati poco dagli anni Novanta. Altri, come quelli per le comunicazioni, si sono evoluti in modo straordinario.

I SENSORI
Oggi la tecnologia della Piramide è al 100% digitale. Numerosi sensori, nonostante l’assenza degli scienziati, hanno sempre continuato a inviare i loro dati da remoto. «Grazie ai sensori della Piramide, sappiamo che questo angolo dell’Himalaya si sposta verso nord-est per 4 centimetri all’anno, e si alza di 2-3 centimetri ogni decennio. I sismografi ci segnalano i terremoti, ma anche gli esperimenti nucleari nei Paesi vicini» continua Verza. Al centro del lavoro degli scienziati italiani e non solo, però, c’è il cambiamento climatico. L’inquinamento che si forma sulle pianure dell’India viene spinto verso nord dai monsoni, si deposita sui ghiacciai dell’Himalaya, e ne accelera lo scioglimento. Un fenomeno che mette in gioco la sopravvivenza di oltre un miliardo di persone che vivono in Nepal, India, Pakistan, Cina e nei Paesi vicini. I dati raccolti da remoto alla Piramide, e che verranno verificati dal vivo da maggio, avranno un ruolo centrale nella Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà nel prossimo novembre a Glasgow, in Scozia. Da qualche mese, il responsabile scientifico di Ev-K2-CNR è una professionista che vive lontano dalle grandi montagne. Si chiama Stefania Proietti, è una ricercatrice che si occupa di cambiamento climatico, ed è il sindaco di Assisi. «L’Himalaya è la cartina di tornasole del pianeta, e se questo ha la febbre la Piramide è uno dei posti migliori per misurarla», spiega Proietti. «L’Everest, come la città di San Francesco, non è un luogo come gli altri, è capace di parlare a tutto il mondo».