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 2021  aprile 19 Lunedì calendario

Carceri e droga, così Macron vuole voncere le elezioni

«Un grande dibattito nazionale sul consumo di droga e i suoi effetti deleteri» è uno degli annunci fatti dal presidente francese Emmanuel Macron nel corso di una lunga intervista sul tema della sicurezza rilasciata al Figaro in edicola oggi, e intitolata «Mi batto per il diritto a una vita tranquilla». A un anno dall’elezione presidenziale della primavera 2022, Macron sceglie un dossier cavalcato tradizionalmente dalla destra, come fece a suo tempo Nicolas Sarkozy che è diventato uno dei suoi consiglieri ufficiosi. Il capo dello Stato promette 15 mila posti in carcere in più (sono all’incirca 7000 da anni), ribadisce l’obiettivo di 10 mila poliziotti e gendarmi supplementari entro la fine del suo mandato, annuncia la creazione di una «specie di scuola di guerra» per poliziotti, e il rinnovo di metà del parco auto delle forze dell’ordine, in modo che abbiamo gli strumenti per combattere «l’aumento delle violenze quotidiane» al quale contribuiscono secondo lui i social media e «la cultura dell’anonimato». Macron usa toni molto duri contro il consumo degli stupefacenti e l’ipotesi di una depenalizzazione delle droghe leggere, di fatto molto diffuse. «Al contrario di coloro che auspicano una depenalizzazione generalizzata, io penso che gli stupefacenti abbiano bisogno di una frenata e non di pubblicità. Dire che l’hascisch è innocente è più di una menzogna. La Francia è diventata un Paese di consumo e bisogna rompere questo tabù. Ci si fa una canna in salotto, e si finisce con l’alimentare la più importante delle fonti di insicurezza». Il presidente poi interviene nelle polemiche seguite al mancato processo contro l’assassinio antisemita della signora Sarah Halimi. L’omicida, in preda a una crisi psicotica per il consumo di stupefacenti, è stato dichiarato incapace di intendere e di volere. «Decidere di prendere stupefacenti e diventare quindi “come pazzi” non dovrebbe sopprimere la responsabilità penale. Chiederò al ministro della Giustizia di cambiare la legge al più presto».