Il Sole 24 Ore, 18 aprile 2021
Vita di Eulero, papà del pi greco
Se poniamo il raggio di un cerchio uguale a 1, «poiché è evidente che la circonferenza ( peripheria) di quel cerchio non può essere espressa esattamente con numeri razionali, si è trovato per approssimazioni che la semicirconferenza è uguale a 3,141592… per quel numero, per brevità, scriverò ?, così che ? sia uguale alla semicirconferenza del cerchio di raggio 1». Così afferma un giovane matematico svizzero all’inizio del Settecento. Anche se non è stato il primo a formularla, è la proposta del giovane Leonard Euler ad esser fatta propria dai matematici, che il 14 marzo di ogni anno festeggiano il “Pi day” secondo l’uso anglosassone di denotare le date, 3/14 appunto.
Nato a Basilea ma cresciuto nella vicina Riehen (proprio come Roger Federer, direbbe un appassionato di tennis) Eulerus, come si firmava nella lingua in cui scrisse la maggior parte dei lavori, o Eulero come forse ricordiamo dai banchi di scuola, è stato uno dei più grandi matematici della storia, e certamente il più prolifico. Fra articoli e trattati, sono ben oltre ottocentocinquanta infatti i suoi scritti raccolti nei 74 volumi delle sue Opera omnia, per non parlare delle migliaia di lettere e pagine di quaderni manoscritti. La cosa è tanto più straordinaria se si pensa che, per febbri e infezioni, aveva perso la vista da un occhio verso i trent’anni e, diventato praticamente cieco per una cataratta, per oltre quindici anni era stato costretto a dettare lettere e lavori di matematica a figli e assistenti.
Dopo il ginnasio, a 13 anni il padre, un pastore protestante, lo iscrive all’università di Basilea (in realtà equivalente a una buona scuola secondaria del giorno d’oggi) per studiare teologia e lingue orientali, e avviarlo alla carriera religiosa. Ma, pur restando tutta la vita profondamente religioso – lo dimostrano alcune delle sue Lettres à une princesse d’Allemagne sur divers sujets de physique et de philosophie scritte tra il 1760 e il 1762 alla principessa d’Anhalt-Dessau, nipote di Federico II – il giovane Eulero lascia la teologia per studiare matematica sotto la guida di Johann Bernoulli. Questi, tuttavia, è troppo impegnato per dargli lezioni private, e lo consiglia invece di cominciare a leggere per proprio conto libri di matematica difficili. Se si fosse imbattuto in qualche ostacolo, ricordava Eulero, «avevo il permesso di visitarlo liberamente ogni sabato pomeriggio e lui mi avrebbe spiegato volentieri tutto ciò che non avevo capito». Nel corso di quei pomeriggi Bernoulli scopre il genio del suo giovane studente, e lo raccomanda per un posto all’Accademia delle scienze di Pietroburgo, “il paradiso degli studiosi” fondato qualche anno prima da Pietro il Grande.
Eulero non ha ancora vent’anni quando nel 1727 lascia Basilea per raggiungere la capitale russa dopo un viaggio di settimane, e iniziare una carriera che non ha uguali in matematica, illustrata da risultati fondamentali in ogni campo, dall’analisi alla teoria dei numeri, dall’algebra alla meccanica, alla geometria, all’astronomia, all’ottica, alla scienza navale. In particolare, il suo contributo all’analisi è stato immenso, affidato a centinaia di articoli oltre a tre grandi trattati che rappresentano una vera e propria summa, non solo del suo sapere analitico, ma dell’intera analisi del Settecento. Quei trattati costituiscono un corpo organico di conoscenze, quella che lo stesso Eulero chiamò l’ “analisi degli infiniti”. Il primo di essi,Introductio in analysin infinitorum (1748) è stato considerato come il più importante trattato di analisi mai scritto. La controversa e delicata questione dei fondamenti del calcolo differenziale è affrontata da Eulero nelle Institutiones calculi differentialis (1755), mentre il calcolo integrale (e l’integrazione delle equazioni differenziali) costituisce argomento dei tre volumi di Institutionum calculi integralis apparsi tra il 1768 e il 1770. Nell’Introductio il teorema del binomio di Newton costituisce la chiave per la definizione del numero e = 2, 718281828459… il numero irrazionale base dei logaritmi naturali, che Eulero aveva introdotto in uno scritto del 1727, pubblicato postumo. Egli aveva adottato la stessa notazione anche nella Mechanica sive motus scientiae analytice exposita (1736), il trattato che segna la nascita della meccanica analitica. È stato infatti Eulero, e non Newton, a formulare la maggior parte delle equazioni differenziali della meccanica, a cominciare dalla fondamentale legge del moto F= ma.
Ancora ad Eulero si deve la scelta della notazione per l’unità immaginaria. «Designerò nel seguito la formula ?-1 con la lettera i, di modo che sia i2 = ?1 e anche 1/i = ?i», si legge in una sua memoria del 1777. Come caso particolare di una sua formula si ottiene la celebre identità di Eulero e?? i + 1 = 0, secondo molti la più bella formula della matematica, che tuttavia, ironia della sorte, a quanto sembra egli non ha mai scritto. Con i metodi del calcolo infinitesimale affrontò e risolse problemi di geometria che oggi rientrano nel campo della geometria differenziale, o i problemi di massimo e minimo del calcolo delle variazioni.
Anche senza ricorrere agli strumenti dell’analisi Eulero lasciò l’impronta del suo genio risolvendo problemi di quella che Leibniz aveva chiamato geometria situs. «A Königsberg in Prussia c’è un’isola, chiamata der Kneiphof – scrive Eulero in una memoria del 1735 – e il fiume che la circonda si divide in due rami, i rami di questo fiume sono muniti di sette ponti». In città ci si chiedeva «se fosse possibile costruire un percorso in modo da transitare attraverso ciascun ponte una e una sola volta. E mi fu detto che alcuni negavano ed altri dubitavano che ciò si potesse fare, ma nessuno lo dava per certo». Ebbene, Eulero non solo dimostra che non esiste un tale percorso, ma risolve il problema generale, qualunque sia la configurazione e la distribuzione in rami del fiume e qualunque sia il numero dei ponti, inaugurando così la teoria dei grafi. «Recentemente – scrive all’amico Goldbach nel 1750 – mi è venuto in mente di determinare le proprietà generali di solidi limitati da facce piane», ossia di poliedri. In ogni poligono il numero dei lati è uguale al numero degli angoli. Cosa si può dire per i poliedri? In ogni poliedro, sostiene Eulero, il numero delle facce F più il numero dei vertici V supera di 2 il numero degli spigoli S, cioè F+V = S + 2. Ma «i teoremi sono così difficili che non sono ancora stato capace di dimostrarli in maniera soddisfacente». È la formula che attraverserà oltre un secolo di Dimostrazioni e confutazioni da parte dei matematici, come ha insegnato Imre Lakatos, prima di trovare una dimostrazione «soddisfacente».
Dal 1741 Eulero si è trasferito a Berlino, all’Accademia delle scienze fondata da Federico II. Vi resta fino al 1766, quando accetta l’invito di Caterina II di ritornare a Pietroburgo dove, ormai cieco, trascorre gli ultimi anni di vita. «Euler calcolava senza sforzo apparente, come gli uomini respirano e le aquile volano nel vento», ha affermato l’astronomo François Arago riprendendo l’immagine dall’elogio che Condorcet, segretario dell’Accademia delle scienze di Parigi, pronunciò annuncian do che il grande matematico «aveva cessato di vivere e di calcolare».