La Stampa, 18 aprile 2021
Sara Gama diventa un cartoon
Un calcio al pallone che arriva dritto in cielo e accende una stella. Una scimmietta che cerca alleanze per il suo «piano malvagio». Una capitana che deve scegliere una nuova giocatrice per la sua squadra. Animata da Fraffrog, in onda da domani (alle 17 e alle 19,40) su Cartoon Network, per il secondo appuntamento con la campagna #Iosono diverso, la clip descrive Sara Gama che, in versione cartoon, promuove le idee di cui è da sempre appassionata portatrice: «Ho scelto di partecipare a questo progetto - spiega la dirigente sportiva, difensore della Juventus e capitana della Nazionale Italiana - perché ritengo che la diversità sia un valore aggiunto. Diversità e originalità sono oggi due ingredienti fondamentali per emergere e fare della propria vita una storia unica».
Che effetto le fa vedersi in versione cartone animato?
«Mi hanno mandato i vari step del progetto, quando ho visto l’"animatic" mi è subito piaciuto, poi, con l’aggiunta dei colori, è venuta fuori proprio una chicca».
Era già stata la bambola Barbie, che impressione le aveva fatto?
«E’ stato divertente, anche se, sulle prime, la proposta mi aveva fatto sorridere perché le bambole non sono mai state la prima cosa con cui ho giocato da piccola, usavo di più il pallone. Il messaggio, però, era chiaro, voleva essere d’ispirazione per le bambine di oggi e quindi si ricollegava al discorso che ho portato avanti in questi anni, a quello che mi interessa trasmettere».
Che cosa l’ha attratta della campagna #iosono diverso?
«E’ una campagna educativa diffonde valori in cui mi rispecchio, raccontando piccole storie e rivolgendosi a un pubblico di giovanissimi, il che vuol dire guardare al futuro».
Da che cosa nasce il suo impegno contro il pregiudizio, in favore dell’empowerment femminile?
«Non c’è stata una decisione a tavolino, se sono qui è perché mi piace lo sport che faccio, l’unica cosa che ho sempre avuto in testa è questa, con tutti i sacrifici che richiede. Negli ultimi anni, affrontando le difficoltà legate al mio lavoro, mi sono ritrovata a portare avanti certi discorsi. Io e le mie compagne abbiamo capito di poter essere d’esempio per le future generazioni, ci siamo rese conto che potevamo diffondere, anche in Italia, l’idea che il calcio possa essere giocato dalle donne. Per me essere diversa ha significato giocare a calcio».
E’ stato difficile affermare questa volontà in famiglia?
«No, i miei genitori non hanno mai avuto nulla da obiettare, hanno visto che mi piaceva giocare e mi hanno lasciata libera di farlo. Solo dopo, quando sono cresciuta, mi sono resa conto di essere stata molto fortunata. Mio nonno è stato il primo a portarmi a vedere le partite allo stadio, poi ci sono andata con mia madre, si sono tutti adeguati a quello che volevo fare io».
Quali sono le sue altre passioni, nel cinema, nella musica?
«Sono tante, gliene dico una che ne contiene due, mi piacciono i Queen, li ascolto da quando avevo 3 anni e mi è piaciuto moltissimo Bohemian Rhapsody».
Che tipo di film o serie preferisce?
«Dipende dai momenti, mi attirano soprattutto le storie in costume, i kolossal ambientati in epoche passate. Di cartoni, invece, ne vedo pochi, anche se oggi se ne fanno di molto intelligenti».
In diversi Paesi, il calcio è stato, fino a poco fa, uno sport vietato alle ragazze. Che cosa ne pensa?
«Sì, purtroppo è così, però credo che un po’ ovunque, piano piano, si vada avanti. Ognuno nel proprio Paese deve cercare di progredire, anche io lo faccio, guardando ai luoghi in cui la situazione è migliore della nostra. Niente è scontato, bisogna lavorare per ottenere gli obiettivi».
Quando ha capito che il calcio sarebbe stato la sua vita?
«La mia è una passione innata, non mi sono mai posta domande, ho sempre avuto un pallone tra i piedi, poi, a 7 anni, ho iniziato a giocare in una squadra. Non sono stata io a scegliere il calcio, direi che il calcio ha scelto me».
Secondo lei, ultimamente, la diffidenza verso il calcio femminile è diminuita?
«La diffidenza era dovuta soprattutto alla non conoscenza, della nostra disciplina non si parlava. Negli ultimi anni le cose sono mutate, quando ci hanno viste al mondiale le persone si sono immedesimate, è scattato qualcosa, si è creato un legame. Certo, gli scettici ci sono ancora, però adesso i grandi club si sono aperti, chi tifa Juventus, tifa anche per la squadra femminile».