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 2021  aprile 18 Domenica calendario

La nuova coppa che nessuno vuole nominare

Sul taxi che mi porta per Roma la radio del tifo laziale seziona e interpreta come fosse una terzina dantesca un’intervista di Acerbi. Rincuora la sua certezza di non sentirsi «tagliato fuori dalla volata Champions». L’Europa League apparirebbe una consolazione da niente. «Mal che vada ci sarebbe pure la Conference», faccio notare al conducente. « Ma de ché? », obietta. Ecco, la Coppa Madeché non la nominano mai. Mai sentito un allenatore che dica: «Siamo ancora in corsa», per quella. Lo facesse, verrebbe probabilmente esonerato. C’era una volta l’Intertoto, prima ancora la Mitropa. C’era un mister, poi passato in Nazionale, che alla vigilia della Supercoppa diceva: «Andiamo a giocarci la coppa del nonno». Figurarsi la Madeché. Già l’Europa League non ha entusiasmato molti (non Conte alla Juve, prima della finale all’Inter; non Sarri al Napoli, prima di vincerla al Chelsea). La si nota ai quarti, soprattutto quando ci resta l’ultima italiana in Europa. Per accorgersi di quest’altra coppa bisognerà prima capirla. Raduna le seste o settime e le cacciate dal paradiso e purgatorio. Concede opportunità ai club di Paesi che oggi vedono i turni chiave di Champions in tv, ma quando era Coppa dei Campioni in finale si andava anche con i pullman dalla Romania, Grecia, Scozia, ex Jugoslavia. Pure il teatro dell’ultimo atto è appartato: Tirana.
L’idea di spettacolo dell’Uefa è quella che le sfogline hanno della pasta: tirarla per fare più maccheroni. Già la moltiplicazione delle ammissioni e dei gironi ha fatto danni a campionati e coppe. Non era necessario infierire con questa infornata di 184 dannate al via l’8 luglio e meno male che la semifinale dell’Europei si sarà giocata la sera prima, sennò sai l’imbarazzo della scelta. Se tutti parliamo del confronto, tra Psg e Bayern, della Final Eight dell’agosto scorso, della remuntada del Barcellona o del Liverpool, non è solo perché illuminate da grandi giocatori, ma perché quei giocatori hanno fiutato l’aria della grande occasione, il dentro o fuori alle porte del cielo che scatena non solo Neymar, perfino Choupo-Moting. In oscure partite estive, più facile si scatenino flussi di scommesse da Hong Kong. La grande bellezza è un solitario, non una collezione di cocci di vetro.
Ridateci piuttosto la Coppa delle Coppe: renderebbe più interessanti quelle nazionali. Dateci un pugno di emozioni conclusive e non questa stucchevole sequela di preliminari. Lo fate per la tv? Sicuri la guarderanno? Meglio una partita da leoni che cento da pecore.