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 2021  aprile 18 Domenica calendario

Differenze tra il caso Open Arms e il caso Gregoretti

PALERMO «Qui dentro si respirava un’aria più politica che giudiziaria», dice l’imputato Matteo Salvini all’uscita dall’aula bunker che ospitò il maxiprocesso alla mafia, fresco di rinvio a giudizio, in mascherina nera (o blu molto scuro) ornata di tricolore e simbolo della Lega. Ma a parlare di politica, durante l’udienza per il presunto sequestro di 147 migranti trattenuti a bordo della nave Open Arms, sono stati soprattutto lui e il suo difensore, la senatrice leghista avvocata Giulia Bongiorno. Che ha concluso l’arringa chiedendo il proscioglimento dell’ex ministro dell’Interno perché il fatto non sussiste o per insindacabilità di un atto politico. 
Prima di lei, nella lunga e puntigliosa memoria difensiva sottoscritta dallo stesso Salvini, l’ex ministro aveva ribadito: «L’oggetto della contestazione investe il complesso della politica adottata dal governo Conte 1 e Conte 2 in materia di gestione dei flussi migratori, un nuovo approccio agli sbarchi conforme ad un preciso indirizzo di governo». Considerazioni diametralmente opposte a quelle sottolineate dal procuratore di Palermo Franco Lo Voi mentre chiedeva il processo: «Con l’autorizzazione a procedere il Senato ha affermato che non c’era un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo; l’ha escluso il Parlamento, non possiamo occuparcene noi, tantomeno in sede di udienza preliminare». 
Discussione giudiziaria, dunque, non politica. Almeno da parte dell’accusa. Anche perché, aveva ripetuto Lo Voi insieme al procuratore aggiunto Marzia Sabella e al sostituto Geri Ferrara, la mancata concessione del permesso di ai migranti «non fu un atto politico, ma esclusivamente amministrativo». Risulta dall’istruttoria compiuta dal Tribunale dei ministri di Palermo, ma anche dall’istruttoria compiuta durante l’udienza preliminare di Catania per il «caso Gregoretti», dove la Procura ha chiesto il proscioglimento di Salvini per quella vicenda ma si è parlato pure di «Open Arms». 
Si tratta di «due episodi identici di fronte ai quali due Procure della stessa regione dicono due cose diverse; in una città si dice che ho fatto bene e in un’altra che ho fatto male», protesta l’ex ministro. Traendone la conclusione che «serve una riforma della giustizia». 
In realtà i due episodi sono tutt’altro che identici. A Catania la Procura sostiene la «infondatezza della notizia di reato» perché considera i pochi giorni di trattenimento a bordo della Gregoretti quasi fisiologici a far scendere i migranti e distribuirli in Europa; qui lo sbarco è seguito al sequestro della nave ordinato da un magistrato, dopo la decisione del Tribunale amministrativo del Lazio di sospendere il divieto d’ingresso firmato dai ministri Salvini, Toninelli (Trasporti) e Trenta (Difesa). Ed è una differenza non da poco, almeno nella prospettazione dell’accusa. 
Dopo la pronuncia del Tar i colleghi dei Trasporti e della Difesa si rifiutarono di sottoscrivere un nuovo diniego, come ha testimoniato proprio a Catania l’ex ministra Trenta. Di qui la conclusione della Procura palermitana: il divieto di sbarco non fu una decisione condivisa, ma del solo ministro Salvini. «La condivisione era sul principio della redistribuzione dei migranti in Europa, e il famoso contratto di governo non parlava di blocco indiscriminato e generalizzato delle navi», hanno ricordato i pubblici ministeri. 
Del resto, su Open Arms si consumò uno scontro tra Salvini e l’ex premier Conte attraverso uno scambio di lettere divulgate proprio da quest’ultimo, mentre il leader leghista stava abbandonando il governo. Ed è un’altra differenza con il caso Gregoretti, verificatosi prima della rottura. 
Proprio sulla lettera di Conte s’è soffermata ieri l’avvocata Bongiorno, per sostenere che l’ex premier aveva già in mente di ribaltare la sua maggioranza: «Scrive a Salvini perché il Pd intenda e capisca. Conte stava cambiando orientamento, e infatti Salvini rispose a Conte “se vuoi farlo, fai tu”. Se Conte avesse voluto salvare i migranti, avrebbe alzato il telefono: invece scrisse una lettera aperta a tutti i giornali. Era un segnale al Pd. Una dichiarazione d’amore al Pd con cui Conte si rimangiò tutta la sua politica». 
Ancora considerazioni politiche da parte della difesa, dunque. Rimaste però estranee alla decisione del giudice Lorenzo Jannelli, che ha condiviso la tesi dei pm anche sulla funzione dell’udienza preliminare: stabilire non la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, bensì l’utilità o inutilità del processo di fronte agli elementi raccolti dall’accusa. E il processo a Salvini, a suo giudizio, non sarà inutile.