Robinson, 17 aprile 2021
Artisti telepatici
Un giorno Man Ray installa una macchina fotografica con un tempo molto lungo per riprendere un quadro in esposizione, in modo tale che i visitatori non si imprimano sulla lastra. Uno di loro passa e ripassa insistentemente, e si ferma a guardare il quadro. Sviluppata la lastra, Man Ray si accorge che è stranamente vergine. L’appende ad asciugare e l’indomani sul negativo scopre che c’è scritto qualcosa: un testo dedicato all’arte moderna. L’unica spiegazione è che il visitatore abbia trasmesso i suoi pensieri al negativo: un fenomeno telepatico. Possibile? Il tema della telepatia in quegli anni è consueto tra i surrealisti, anche se a Breton interessavano più i fenomeni spiritistici che non quelli telepatici. La parola composta l’ha proposta per primo Frederic W. H. Meye, psicologo e parapsicologo, nel 1882: “lontano” e “sensibilità”. Eugène Osty poi ne precisa il significato: telepatia è quando una persona percepisce a distanza i pensieri di un’altra persona o quello che gli sta accadendo senza ricorrere ai sensi e all’intelligenza. Negli anni Venti Freud esprime un interesse verso ogni forma di trasferimento del pensiero. Ne parla con i membri della sua cerchia nel 1921; poi, per paura che la psicoanalisi venga a contatto con temi riguardanti la sfera dell’occultismo, non ci torna più sopra, almeno pubblicamente, ma continua ad occuparsene. Del resto, nel periodo in cui studiava con Charcot a Parigi, Freud s’era convinto di comunicare telepaticamente con la fidanzata.
Il tema appare e poi scompare a intervalli più o meno regolari nella cultura europea, spesso affidato a una pubblicistica più discussa o discutibile. Ora Elio Grazioli, critico d’arte, si è reso conto che nell’arte del XX e XXI secolo gli artisti si sono occupati a più riprese di telepatia. Del resto non viviamo in una società fondata sulla “comunicazione a distanza”? Grazioli ha indagato in Arte e telepatia (Postmedia) ripartendo dalle formetelepatiche nel Grande Vetro di Marcel Duchamp, dove la Sposa comunica “telegraficamente” con gli Scapoli attraverso vibrazioni, seguendo le teorie in voga all’epoca: onde elettromagnetiche. Per i surrealisti la telepatia non sarebbe altro che il funzionamento puro del pensiero a occhi chiusi a menti collegate tra di loro; il suo vero contenuto è il meraviglioso. In una fotografia del 1931 si scorgono Max Ernst, Salvador Dalí, René Crevel, Marie- Berthe Aurenche, e due persone non identificate, tutti stesi per terra con le teste accostate a formare la figura di una stella. Esperimento telepatico o opera d’arte? Entrambe le cose. La convinzione di Grazioli è che l’arte contemporanea non ha bisogno di ricorrere alla filosofia o alla letteratura per inventare le proprie pratiche, le ricava da se stessa, o prendendo temi dove può e come può, ed elaborandoli in modo originale. Per questo la telepatia fa parte integrante dell’arte, del meccanismo di trasmissione del pensiero stesso, che è ciò che gli artisti contemporanei perseguono. I futuristi russi e i dadaisti erano convinti che il suono, prima ancora di diventare parola, comunicasse già un senso: quello originario e profondo. Nelle avanguardie la telepatia è il corrispettivo auditivo e mentale di quello che l’apparizione è per il visivo: un manifestarsi sonoro che va al di là dell’auditivo stesso. La musica ha un ruolo importante in tutto questo, se si pensa al lavoro di John Cage, per cui tutto è musica, sia il rumore come il silenzio visto come un vuoto e atto a disporre la trasmissione mentale di suoni altri, espressione di quella sintonia che si crea tra esecutori e spettatori.
Nel 1972 Stockhausen scrivendo la composizione Ylem per 19 esecutori parla di buona esecuzione quando gli esecutori stabiliscono una comunicazione telepatica tra loro suonando a occhi chiusi. L’avvento della cibernetica, e delle nuove forme di comunicazione a distanza, alimenta l’idea che si possa parlare di “onde cerebrali” simili a quelle elettriche o elettromagnetiche. Lo stesso anno Joan Jonas realizza un’opera: Organic Honey’s Visual Telepathy, mentre Susan Hiller con The Draw Together Project si concentra su un’immagine selezionata tra cento cartoline e fotografie e cerca di trasmetterla telepaticamente a un gruppo di amici artisti sparsi per il mondo, che la devono riprodurre e inviare per posta. Quell’inizio degli anni Settanta, vede altri esperimenti artistici come quello di Robert Filliou, parte del movimento Fluxus, con la sua Telepatichc Music. L’idea è che l’arte è un flusso, qualcosa che va oltre gli oggetti come energia che circola tra tutti. Come non vedere in questo l’eredità dei movimenti degli anni Sessanta, delle esperienze con le droghe, con l’Lsd?
La comunicazione senza parole e a distanza è diventata una ricerca di sintonie che travalicano persino l’aspetto visivo dell’arte, la sua necessità di sostanziarsi in immagini: queste si producono senza nulla, con la sola forza del pensiero in una forma di comunione che appare anche più potente della stessa vita cosciente. La parapsicologia era allora di moda, come la meditazione zen e lo yoga, strumenti per espandere la coscienza stessa. C’era l’idea che negli esseri umani si mantenesse ancora la presenza di un’eredità ancestrale racchiusa nel cervello profondo e insieme la capacità di proiettarsi in un universo futuribile, come mostrano i romanzi di Philip Dick. Ricostruendo le opere di vari artisti, Grazioli ci mostra come la telepatia sia il punto di partenza di numerose performance. Anche Marina Abramovi? è attratta da questo e lo si vede nelle performance realizzate in coppia con Ulay, comeRelation in Time (1977).
Perché l’arte contemporanea si è dedicata a questo tema? Secondo Grazioli perché non persegue la comunicazione diretta, quella della trasparenza totale, ma forme alternative di comunicazione con il pubblico. Gli artisti, scrive, «sanno e vogliono affrontare argomenti così controversi per mettere in atto quella libertà delle categorie che non è solo un tema ma la ragione della loro opera».