La moneta dell’Italia unita. Dalla lira all’euro. Edito dalla Banca d’Italia in occasione della omonima mostra. Roma, 2011, 17 aprile 2021
Breve storia della lira
All’inizio del Seicento gli stati della penisola italiana erano ancora tra i più ricchi del mondo. “Tre generazioni più tardi – ha scritto Carlo M. Cipolla – l’Italia era un paese sottosviluppato, prevalentemente agricolo, importatore di manufatti ed esportatore di prodotti agricoli”.Nel 1820 il prodotto per abitante era ancora fermo al livello di due secoli prima. Anche di questo arretramento economico dell’Italia rispetto ai paesi più sviluppati si nutrì la volontà di riscatto e di unità nazionale del Risorgimento italiano. Nel 1861 i consumi medi di un italiano, al potere d’acquisto attuale, erano intorno ai 1.120 euro l’anno, destinati essenzialmente ai consumi alimentari. Il 78 per cento della popolazione era analfabeta; la quota saliva al 90 per cento nel Mezzogiorno.
Alla celebrazione del primo cinquantenario dell’Unità, nel 1911, i consumi medi degli italiani erano saliti a 1.700 euro l’anno, con un incremento di oltre il 50 per cento, e la percentuale di analfabeti era scesa al 38 per cento. Nel 1872 gli italiani avevano una “speranza di vita alla nascita” di circa 30 anni (una delle più basse in Europa), mentre alla vigilia della Prima guerra mondiale un neonato italiano aveva una vita attesa di 50 anni. Oggi gli italiani hanno una aspettativa di vita tra le più elevate al mondo, seconda solo a quella del Giappone.
Baiocco, carantano, carlino, doppia, ducato, fiorino, franceschino, francescone, lira, lirazza, marengo, onza, paolo, papetto, piastra, quattrino, scudo, soldo, svanzica, tallero, testone, fino agli zecchini di Pinocchio. Questi sono solo alcuni dei nomi delle monete usate in Italia prima dell’Unità.
Esistevano sei diversi sistemi monetari, ma anche al loro interno la situazione non era affatto omogenea: si utilizzavano contemporaneamente monete locali e straniere, antiche e recenti, conformi o meno al sistema legale.
Nei territori che formarono nel 1861 il Regno d’Italia circolavano 236 diverse monete metalliche. Se poi si aggiungono quelle delle province venete e romane, al momento del loro ingresso nel Regno, allora il totale delle monete metalliche sale a 282.
Tutti nel nuovo Parlamento italiano erano d’accordo sull’unificazione monetaria, ma non sul tipo di sistema da adottare. Su quale metallo doveva fondarsi il nuovo sistema monetario nazionale? Sull’oro come in Inghilterra, oppure sull’argento come nel Regno delle Due Sicilie? Sarebbe stato preferibile adottare un sistema bimetallico, fondato cioè su monete sia in oro che in argento, come nel Regno di Sardegna e in Francia? La scoperta di nuove miniere d’oro in California e in Australia intorno alla metà del secolo spostò la preferenza verso i sistemi aurei, che, per effetto della maggiore disponibilità di materia prima, garantivano la possibilità di una più ampia crescita della moneta rispetto a quelli argentei.
Nonostante una chiara preferenza verso il sistema aureo all’inglese, gli stretti legami che il nuovo Stato aveva con la Francia spinsero l’Italia ad adottare il sistema bimetallico di stampo francese e ad aderire nel 1865 all’Unione Monetaria Latina.Il trionfo del sistema aureo prese avvio nel 1873, quando la Germania lo adottò come base per la propria unifi cazione monetaria, grazie alla enorme indennità di cinque miliardi di franchi in oro imposta alla Francia sconfitta.
Il dibattito accese anche la campagna elettorale americana del 1896. Nella vetrina sono esposti spille e distintivi indossati dai sostenitori dei diversi regimi monetari e la Convention monetaire di Parigi, sottoscritta da Francia, Belgio, Italia e Svizzera per la creazione dell’Unione Monetaria Latina, un’area monetaria basata sul sistema bimetallico.
La prima banca italiana autorizzata ad emettere banconote fu la Banca di Genova (1844). Nel 1849 assunse il nome di Banca Nazionale e dal 1866 fu ribattezzata Banca Nazionale nel Regno d’Italia.Alla vigilia dell’Unità nei vari stati preunitari esistevano sette banche di emissione (nove tenendo conto anche del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, che però, fi no al 1866, non emettevano banconote, ma fedi di credito a taglio variabile). Invece di arrivare a una banca unica, si preferì mantenere il pluralismo, per evitare contrasti politici tra i diversi gruppi regionali. Venne però favorita l’espansione della Banca Nazionale, che divenne l’unico istituto a essere presente su tutto il territorio.L’esperienza del pluralismo si rivelò fallimentare. Esso fu tra le cause dei dissesti bancari che portarono alla riforma del 1893-94, da cui nacque la Banca d’Italia, che nel 1926 rimase l’unico istituto di emissione operante nel Paese
Nel 1861 le banconote costituivano solo l’8 per cento della circolazione monetaria: per le transazioni quotidiane si utilizzavano le monete metalliche. Le cose cambiarono a partire dal 1866, quando si stabilì che i biglietti della Banca Nazionale circolassero “a corso forzoso”, cioè senza possibilità di convertirli in moneta metallica e con l’obbligo per tutti di accettarli in pagamento. Le monete di maggior valore sparirono presto dalla circolazione e al loro posto si iniziarono a utilizzare le banconote, emesse anche in piccoli tagli. Alla fi ne del 1866 i biglietti di banca rappresentavano già oltre il 40 per cento dei mezzi monetari.
n questa isola sono esposti i principali strumenti di pagamento cartacei usati in sostituzione della moneta metallica dal Medioevo in poi.Il primo esempio è costituito dalle lettere di cambio, introdotte dai cambiavalute e dai mercanti-banchieri per i pagamenti a distanza e ancora oggi in uso col nome di cambiali tratte.Dall’età rinascimentale si diffondono le fedi di credito dei banchi pubblici di deposito, rilasciate a fronte del versamento di contante da parte dei privati. Soltanto a fi ne Seicento nascono i primi biglietti di banca, che in Italia si impongono solo dopo l’Unità.
La cronologia della unifi cazione monetaria italiana proposta dalla mostra copre un secolo di storia: dai provvedimenti monetari di Napoleone che seguono la campagna d’Italia del 1796, quando la lira italiana venne coniata per la prima volta, sino al 1893-94, quando nacque la Banca d’Italia e l’ultima grossa partita di argento borbonico fu portata alla zecca di Napoli.
La legge del 24 agosto 1862 stabiliva che la lira fosse l’unica moneta in Italia, ma niente si fa solo per legge o per decreto. Se le vecchie monete andavano ritirate, le nuove dovevano essere coniate. E anche le banconote dovevano essere prodotte.Nonostante le antiche e gloriose tradizioni delle sue zecche, per le nuove monete l’Italia dovette ricorrere in larga misura a imprese private straniere. Lo stesso accadrà qualche anno dopo per le banconote.L’Italia doveva recuperare un forte ritardo industriale: se gli stranieri venivano a visitare il Bel Paese, gli italiani giravano l’Europa per apprendere nuove tecnologie. La Rivoluzione industriale, inserendo grandi masse di popolazione in un’economia di mercato, aveva accresciuto il bisogno di moneta, soprattutto di piccolo taglio, che fosse facile da riconoscere e diffi cile da contraffare. Ma i nuovi metodi di produzione industriale aiutarono anche a risolvere le nuove esigenze monetarie che avevano contribuito a creare.Fu l’inglese Matthew Boulton, socio di James Watt, ad applicare per la prima volta, nel 1786, la forza del vapore al processo di coniazione. Ciò che Boulton e altri dopo di lui fecero per la produzione industriale delle monete metalliche, Jacob Perkins lo realizzò per le banconote, sviluppando un nuovo tipo di matrici per la loro stampa.
Osservare da vicino le monete e le banconote dell’Ottocento ci permette di leggervi i segni sia delle trasformazioni tecnologiche, sia delle vicende politiche ed economiche di quel periodo.Questa sezione della mostra consente di cogliere, in otto tappe, l’evoluzione della monetazione e dell’emissione delle banconote lungo tutto il corso dell’Ottocento. I libri, gli oggetti e le monete satiriche consentono inoltre di scoprire alcune curiosità sull’uso della moneta.Il racconto prende le mosse dalla monetazione degli antichi stati preunitari, quando 26 zecche diverse coniavano monete in oro, argento e rame.Con l’arrivo dell’esercito di Bonaparte nel 1796, vediamo comparire la lira italiana, bimetallica e basata sul sistema decimale, che è una copia esatta del franco germinale adottato in Francia.Con la Restaurazione del 1815 gli antichi sovrani italiani tornano ai vecchi sistemi monetari, con scudi, piastre, fi orini, baiocchi, grana, tornesi o quattrini (solo il Regno di Sardegna mantiene la lira). Dopo il corso forzoso del 1866 avviene la progressiva affermazione della cartamoneta
L’euro è la nostra moneta di oggi. Ma accanto alle monete metalliche e alle banconote si sono sviluppate nel tempo altre forme di pagamento.Così per gli acquisti importanti (come automobili o elettrodomestici) si è diffuso l’uso dell’assegno e dei bonifi ci, mentre per i pagamenti ricorrenti (come le bollette) si ricorre spesso agli addebiti diretti sui conti correnti.Lo sviluppo della tecnologia ha poi prodotto una rapida diffusione della “moneta di plastica”: carte di credito, di debito (bancomat) e carte prepagate, molto diffuse tra i giovani e i migranti. L’ultima frontiera nei pagamenti è l’uso del telefono cellulare, che è divenuto già una realtà in molti paesi.Come l’euro ha abolito la necessità del cambio, l’area unica dei pagamenti in euro (SEPA) dà ai cittadini europei la possibilità di utilizzare i propri strumenti di pagamento elettronici allo stesso modo nei diversi paesi.Per usare in modo sicuro i nuovi mezzi di pagamento è importante che il cittadino conosca le regole e adotti comportamenti adeguati. Per garantire la sicurezza e l’effi cienza del sistema dei pagamenti, le Banche Centrali svolgono un’intensa attività di controllo e di promozione del mercato
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