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 2021  aprile 16 Venerdì calendario

Intervista a Jonathan Safran Foer

NEW YORK. Pochi autori americani, ma potremmo dire del mondo intero, hanno a cuore la salute della terra come Jonathan Safran Foer, e non è un caso che negli ultimi anni abbia alternato l’attività di romanziere con quella di saggista, con testi che hanno avuto per tema il consumo della carne animale ( Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? ) e la difesa dell’ambiente ( Possiamo salvare il mondo prima di cena. Perché il clima siamo noi ). Le sue prese di posizione pubbliche hanno contribuito a costruirne un’immagine da pensatore radicale, ma basta incontrarlo per rendersi conto di un approccio estremamente articolato, e di una riflessione che si arricchisce costantemente delle opinioni distanti dalle sue. La sua preoccupazione sullo stato di salute del pianeta Terra è autentica, ma non c’è nulla di fanatico, e lo stesso si può dire per le opinioni politiche: si riconosce nel campo dei liberal, ma ha preso ripetutamente posizioni di assoluta autonomia, a cominciare per esempio dal tema dell’aborto, là dove, pur condannando i fondamenta-listi, attribuisce un approccio etico a chi si dichiara pro-life. È ottimista rispetto alla fine della pandemia, ma teme che il mondo non trarrà un insegnamento duraturo da questa tragedia: «Io penso che dopo la legittima euforia per la fine di questo incubo », mi racconta nella sua villa a Brooklyn, «riprenderanno le abitudini di sempre. Non mi riferisco agli inevitabili cambiamenti in campi quali il lavoro, ma all’attitudine mentale che nel giro di poco tempo riprenderà il proprio circolo vizioso ».
Cosa intende?
«Unadellecose cheabbiamo capito è che forse non è necessario fare tutti i viaggidi lavoroche si facevano un tempo:Zoomha dimostratochein molticasi sipuò essere ugualmente efficienti. Senza arrivare a concepire lo smart workingcome un’esclusiva, si può pensare a situazioni di lavoro ibride.Insomma quello che è successo cambierà l’organizzazione del lavoro, ma altro è quanto riguarda l’intimità degli esseri umani: temoche non cambierannol’avidità, l’edonismo, la superficialità rispetto ai problemi etici e ambientali. Su un pianomorale dobbiamo riflettere sui nostri rapporti interpersonali e su cosa è essenziale e cosa invece è superfluo,ma prima si analizza il problemaalla base, poi sipuò pensare alle eventuali soluzioni».
Ritiene che ci sia un rapporto causale tra il cambiamento climatico, lo sfruttamento delle risorse naturali, il nostro stile di vita e la pandemia?
«Suquesto tema ci sono duerisposte, una scientifica e una psicologica. La scienza ci insegna che tre virus su quattrosono generatinei grandi allevamenti industriali di animali.
Voglio direal riguardoche nonsono affatto un attivista, e, per quanto possaapparire sorprendente, ho mangiatoogni tipo dicibo: ora sono vegetariano,ma rispetto chi ama la carne.Il problemaancora una volta è quello dell’attitudine mentale: se la scienzaci dice unacosa del genere abbiamol’obbligo di porci alcune domande.IlCovidsi cura coni vaccini, ed è molto probabile che entro l’anno il Nord America e l’intera l’Europa sarà vaccinato. Ma i virus ignoranole frontiere: rimane il problema, gigantesco, dimolte aree del mondo nelle quali gli abitanti vivono a contatto con gli animali, che, èstato dimostrato, hanno veicolato spesso i virus più terrificanti. C’è quindila possibilità che riprenda una nuovaondatapandemica,equi arriva la questione etica: chi ha a cuoreil pianeta capisce che se non ci si salva tutti insieme non si salva nessuno. Rispetto alla pandemia gli esseriumani hannounareazionepiù evidente:hanno paura di morire, e vedono intere economie distrutte, mentreicambiamenti climatici non appaionouna minacciapersonale immediata.La sintesi traquesti due problemi èin quello che fa l’uomo, e quiinterviene la seconda risposta, che èquella psicologica: dobbiamo faredel nostro meglio, o almeno evitare il peggio».
Si può dire quindi che la questione della salute della Terra risponde a un unico problema?
«Certo, e questoappare evidente se si riflette su come si sta reagendo ai vaccini:sono considerati un modo per riprendersi la vita identica a quella che c’era prima. Tu mi parlavi dei nostri stili di vita: io sono il primo avolergodere di tantecose che mi mancano,comeesempioandareaun concerto o ad assistere a una manifestazione sportivain uno stadio,ma mi spaventa il fatto che non si rifletta su quello che è successo.
Io credo che la risposta sia nel riconoscereumilmentechenon si può fare tutto e sempre: ènecessario impararea contenersi.E ancheda un puntodivista economicononè affatto detto che ci debba essere sempreuna crescitacostante, se questa va a scapito della sicurezza ambientale o della salute degli abitanti della terra. Io vedo invece unaprofonda miopia, e lavolontà di fingereche il problema difondo non esista:ognuno dovrebbe chiedersi se continuareanon pensareo invece dirsi che è arrivato il tempo di fare unascelta».
Come si sta comportando da questo punto di vista l’amministrazione Biden?
«Molto meglio del previsto: credo che nessunosiaspettasse che Joe Biden avesseun’agendacosì verde.Ma ancora una volta: la politica riuscirà a rivoluzionare gli animi?».
La sua sembra una riflessione religiosa, più che politica.
«Ben venga, la religione, se aiuta a riflettere suqueste cose e non prende posizioni estremiste. Io parlo di rivoluzione interiore perché altrimentiquandocambierà l’amministrazione c’è la possibilità che si ritorni a posizioni opposte, catastrofiche per il Pianeta e per gli esseriumani».