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 2021  aprile 15 Giovedì calendario

McCartney dedica il nuovo disco a Lennon

Dai tempi della leggenda chiamata “Paul is dead”, ovvero la diceria che lo voleva morto e sostituito da un sosia, McCartney non ha mai smesso di dimostrare in ogni modo di essere più che mai vivo e vegeto. Anche oggi che continua a far musica come se nel suo orizzonte non ci fosse l’incombenza non troppo lontana degli ottant’anni – che Bob Dylan, detto per inciso, compirà quest’anno, il 24 di maggio.
La sua nuova invenzione, in uscita domani in streaming e il 23 luglio in formato fisico, si intitola McCartney III Imagined, e già nel titolo richiama la più bella canzone scritta dal suo ex compagno di strada, l’amico John, come se volesse continuare idealmente il dialogo stellare con il compagno scomparso quarant’anni fa.
Se lo dedica a Lennon la ragione può essere una sola: la convinzione che questo disco, al collega che dopo lo scioglimento dei Beatles lo aveva aspramente rimproverato di “dormire” da un punto di vista creativo, sarebbe molto piaciuto. Per il semplice motivo che il disco è una vera stranezza, una di quelle eccentricità che ci si aspetterebbe da un audace giovane esploratore, e consiste nel rifacimento del lavoro che era uscito nello scorso dicembre col titolo semplificato di McCartney III, realizzato interamente da solo, suonando tutto quello che c’era da suonare, esattamente come aveva fatto con i due precedenti atti della trilogia, datati rispettivamente 1970 e 1980.In questa nuova versione ogni pezzo è stato totalmente reinventato con un diverso partner, estremizzando al massimo l’idea di “remix”. Ma la cosa più straordinaria è che Paul non è andato a cercare vecchi amici scontati e famosi anche per il grande pubblico. Avrebbe potuto farlo, nessuno avrebbe detto di no a uno dei Beatles, avrebbe potuto duettare con Tony Bennett, Madonna, Bruce Springsteen o chiunque altro avesse voluto. Ma lui no, ha voluto fare un disco estremo, spericolato, iper-moderno, quasi futuristico, facendo né più né meno quello faceva agli inizi della sua mirabolante storia, aprendo nuovi scenari alla musica popolare del mondo.
I più “vecchi”, si fa per dire, a rivedere i pezzi con lui sono Beck, Damon Albarn e 3D dei Massive Attack, per il resto si naviga in zone spinte e altamente audaci. The kiss of venus, il brano in assoluto più bello di McCartney III, quello che tutti avevano associato a vecchie memorie beatlesiane, lo ha stravolto con Dominic Fike, un rapper americano classe 1995 che ha pubblicato il primo Ep mentre era agli arresti domiciliari per aggressione contro un poliziotto.
Pretty boys lo ha rivisto con i Khruangbin che in questo momento sono il non plus ultra della musica di tendenza, e poi St. Vincent, Blood Orange, Anderson Paak, nomi che mai nessuno assocerebbe all’immagine di Paul, ma che trasformano quell’album intimo e solitario che Rolling Stone avevadefinito “il disco di un contadino che suona la chitarra”.
In poche parole, si tratta della quarantena vissuta da un grande autore, in un vortice caleidoscopio di suoni e ritmi, vivace e multiforme, con voci che entrano e talvolta coprono completamente quella originale di Paul, la sua incerta e a volte tremolante voce di signore maturo, dando nuove possibilità alla sua arte. Come se avesse lasciato a un pugno di giovani eroi della nuova musica la possibilità di fantasticare a piacimento sulle sue canzoni, immaginando il volto beffardo di John che da qualche parte dell’universo approva e sorride.