il Fatto Quotidiano, 14 aprile 2021
Caccia grossa a Speranza
Per adesso Roberto Speranza non si tocca, ma rischia di essere il primo a pagare, qualora tra vaccini e riaperture le cose continuassero ad andare storte. Ieri Palazzo Chigi ha smentito l’ipotesi che il ministro della Salute rischi il posto, come scritto dal Messaggero, ma l’ha fatto solo a richiesta, senza una nota ufficiale. E ha ricordato sia l’incontro con Pier Luigi Bersani della settimana scorsa, sia la difesa pubblica del ministro fatta da Draghi in conferenza stampa. Ma la situazione non è affatto tranquilla. Una fonte di governo, piuttosto lontana da Speranza, racconta che il pasticcio del dossier Oms sparito dà fastidio a Draghi, come i balletti sui piani pandemici oggetto dell’inchiesta di Bergamo e alcuni ritardi della Salute, ma Speranza resta dov’è, per quanto ridimensionato, anche perché se va male paga lui. Un parafulmine. Per tutto il giorno si continuavano a inseguire voci della ricerca di un’alternativa per Speranza, compreso il posto di Sandra Gallina, negoziatrice dei vaccini, a Bruxelles: sarebbe o fuori dall’orizzonte del ministro, che punta a giocare un ruolo anche nell’alleanza Conte-Letta. Dal ministero della Salute parlano di pizzini e polpette avvelenate, i cui mandanti non sarebbero solo la Lega di Matteo Salvini, ma anche tutti quelli che – da Matteo Renzi in poi – non vogliono l’alleanza organica tra Letta, Conte e Articolo uno. Compresi gli anti-contiani nel Pd che hanno lavorato contro l’avvocato.
Ieri Speranza e Draghi si sono parlati: anche il presidente del Consiglio vede una strategia da parte del leader del Carroccio per far sembrare che il governo è più spostato su di loro, ma i due stanno portando avanti un ampio lavoro politico. Dice anzi un ministro di centrodestra che il rapporto tra loro è eccellente.
Eppure Speranza è l’unico superstite del gruppo che gestì la pandemia con Conte. E Draghi la discontinuità l’ha voluta esibire, con la sostituzione a tempo record di Domenico Arcuri e di Angelo Borrelli, oltre che di Francesco Boccia. Negli ambienti vicini a Speranza c’è anche chi dice che si attacca il ministro per indebolire il presidente del Consiglio. Sarà forse un caso, ma da quando Draghi ha pubblicamente difeso Speranza, si sono moltiplicate le notizie di inchieste su uomini a lui vicini. È il caso di Ranieri Guerra, l’inviato dell’Oms indagato a Bergamo.
Poi la Verità ha tirato in ballo non solo Arcuri, ma anche D’Alema. Sono attacchi a Speranza, sostengono da Articolo uno. Ma se nelle carte delle inchieste dovesse spuntare qualche parola di troppo del ministro, la sua posizione si farebbe difficile. Di certo, è l’unico esponente sia del progetto politico di D’Alema, sia di quel gruppo di potere, ad aver conservato un ruolo chiave. E adesso nel Recovery Plan ci sono i soldi per la Salute: altro motivo per mettere nel mirino il ministero.
Oggi il Quirinale ancora considera Speranza inamovibile, visto che siamo in piena pandemia. Ma ieri Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd, fa notare in un’intervista all’Huffington Post: “Vogliono farne il capro espiatorio per non aver mantenuto la promessa irresponsabile di aprire tutto e subito, e magari togliersi le mascherine”. È la linea discussa ieri nella segreteria dem, anche se poi né il Pd né il M5s si spendono granché nella difesa pubblica di Speranza. Semmai Draghi “ora deve pretendere lealtà da Salvini”, dice ancora Provenzano. Ancora ieri il leader della Lega cavalcava le proteste di piazza, e alludendo al libro di Speranza (ritirato precipitosamente a ottobre ma uscito su Amazon France, come haraccontato ieri Il Foglio) lo definiva “arrogante” e “volgare”. Ma più Salvini attacca frontalmente Speranza, più Draghi deve blindarlo.