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 2021  aprile 14 Mercoledì calendario

Nelle trincee ucraine della guerra in Donbass

AVDIIVKA (UCRAINA) Armati di vecchi kalashnikov, le uniformi rattoppate e la barba incolta, i soldati ucraini che presidiano le trincee nel Donbass hanno l’aria provvisoria e malmessa, ma giurano tutti di esser pronti a morire pur di fermare l’invasore russo. Putin non ha ancora ordinato ai suoi di marciare sull’Ucraina, e chissà se mai lo farà, intanto tra le fila di questo esercito raccogliticcio ci sono ogni giorno altri morti. Delle quattordicimila vittime che già conta questo conflitto in sette anni, l’ultimo militare di Kiev è stato ucciso ieri, da colpi d’arma di piccolo calibro. Il penultimo era caduto due giorni fa, decapito da un colpo di mortaio. «Vivo nella paura perché i militanti filo-russi ci provocano di continuo sparandoci con le mitragliatrici pesanti nell’intento di farci uscire allo scoperto per poi centrarci con fucili di precisione, mentre appena tramonta il sole, ed è quindi impossibile agli osservatori europei dell’Osce rilevare eventuali violazioni del cessate il fuoco, cominciano a vomitarci addosso centinaia di colpi di mortaio», dice Sergiy, 33 anni, che mastica un po’ di italiano per aver vissuto a Vicenza quand’era adolescente. «Non dobbiamo mai perdere la calma né fermarci in un punto scoperto e quando ci muoviamo in trincea dobbiamo sempre camminare chinati. Non è facile quando dormi soltanto poche ore a notte e hai visto morire i tuoi compagni uno dopo l’altro».
Poiché parla la nostra la lingua tocca proprio a lui farci da guida nell’ultimo avamposto dell’esercito ucraino, alla linea del fronte con l’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk nelle mani dal 2014 dei separatisti sostenuti e armati da Mosca. Pochi chilometri dietro le nostre spalle, c’è la città industriale di Avdiivka, con i suoi imponenti palazzi di era sovietica oggi crivellati dai colpi sparati dai russi. Le linee nemiche sono soltanto un centinaio di metri davanti a noi, così vicine che riesci a sentire i soldati parlare in russo e che il fragore delle loro armi ti fa scoppiare i timpani. «Da giorni, si sono moltiplicati gli attacchi delle forze armate della Federazione Russa, ma adesso quello che più mi spaventa è che hanno ammassato 40mila militari alle nostre frontiere e altrettanti in Crimea», spiega Sergiy, che quando non siamo costretti a correre nei corridoi scavati nella terra per passare da un punto d’avvistamento a un altro, ci si para davanti per schermarci da eventuali proiettili. «Vede la foto di questo ragazzo?», dice indicando una sorta di piccola edicola all’ingresso del presidio. «Aveva 22 anni ed è stato centrato da un cecchino tre settimane fa. Al suo posto, a combattere al fronte è venuto lo zio». Prima di muoverci dal quartier generale, dove in un angolo c’è l’addetto alle comunicazioni e dove quattro schermi tv mostrano la situazione sul terreno, incontriamo il comandante dell’avamposto, Andreij Stepanenko, un uomo alto e massiccio secondo il quale per giustificare un possibile intervento in difesa dei propri cittadini all’estero, Mosca avrebbe già distribuito più di 400mila passaporti ai cittadini delle regi oni secessioniste di Donetsk e Luhansk. «Ma ciò che mi fa temere un’invasione è soprattutto lo spostamento dell’artiglieria pesante ai nostri confini ».
Sergiy e i suoi commilitoni cercano forza anche nelle parole del loro presidente che, per tenere alto il morale delle truppe, tre giorni fa è venuto in visita in queste trincee. Volodimir Zelenskij ha assicurato «che in questi anni l’Ucraina si è preparata ad affrontare un’invasione di Mosca, la quale potrebbe avvenire da un giorno all’altro, ma se i russi sono pronti, lo siamo anche noi perché si tratta della nostra terra e del nostro territorio». Il presidente che in queste ore ha ottenuto non solo l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, ma anche quello della Turchia di Erdogan, sostiene che il solo modo per concludere il conflitto sarebbe l’adesione dell’Ucraina alla Nato. Ieri, in una telefonata al suo omologo russo Vladimir Putin, il presidente americano Joe Biden ha proposto un summit per appianare le tensioni in Ucraina. Non solo, il capo della Casa Bianca ha anche dichiarato che aumenterà di 500 soldati la presenza militare statunitense in Germania, anche in previsione di un possibile peggioramento della crisi ucraina.
Con Sergiy, sempre di corsa e sempre piegati in due, arriviamo in una postazione dove, protetto da un muro di casse di munizioni, è seduto un soldato con l’occhio incollato al mirino di una grossa mitragliatrice e che per via della sua barba grigia potrebbe essere il decano del reggimento. Si chiama Roman, e dice di aver cominciato il suo turno di guardia tredici ore fa. «La pace nel Donbass era una delle prime promesse elettorali di quando Zelenskij era candidato alle presidenziali. Ingenuamente credeva che ottenerla sarebbe stato un gioco da ragazzi, fino al giorno in cui s’è reso conto che con Putin è impossibile dialogare», dice il soldato. «Il nostro presidente è diventato allora più militarista, come lo fu il suo predecessore Poroshenko. Tanto che, la settimana scorsa, in Parlamento il suo partito Servitore del Popolo ha accusato la Russia di essere responsabile dell’attuale escalation intimandole di mettere un termine alle ostilità e di uscire dal nostro Paese assieme ai mercenari che finanzia ». Quando gli chiediamo se gli sembra verosimile l’inizio di una guerra di vaste dimensioni, Roman scuote la testa. Poi dice: «Ma mi aspetto che nelle prossime settimane i russi aumentino gli attacchi, il che provocherà altre vittime».
Alle sei del pomeriggio, Sergiy ci accompagna verso le retrovie. È troppo pericoloso, dice, restare la notte in prima linea. Ripieghiamo su Avdiivka, dove ancora sbuffano fumo gli altiforni delle fabbriche siderurgiche. Alle nove di sera, comincia a sentirsi in lontananza il rumore sordo dell’artiglieria pesante che andrà avanti per tutta la notte. Di primo mattino, riceviamo su whatsupp un messaggio di Sergiy: c’informa che nelle ultime ore altri due soldati ucraini sono caduti sotto le pallottole russe.